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SCHEDA

La concezione dell'amor cortese

ImmagineD. G. Rossetti, Roman de la Rose
L'amor cortese è un ideale letterario elaborato nell'ambito della poesia epico-cavalleresca in lingua d'oïl e della lirica trobadorica in lingua d'oc, sviluppatosi soprattutto nei secc. XII-XIII (► PERCORSO: Le Origini), per cui il vincolo amoroso viene stretto tra un uomo nobile socialmente inferiore (solitamente un prode cavaliere, membro dell'aristocrazia militare) e una dama di rango più elevato, spesso la moglie del signore feudale del cavaliere. Questo amore viene definito "cortese" in quanto nasce e si esaurisce nell'ambiente della corte e infatti tra l'uomo e la donna si stabilisce un rapporto di "vassallaggio amoroso", in quanto il cavaliere giura fedeltà alla donna amata e le offre un "servizio", che può essere una impresa militare con cui mostrare il proprio valore o dei versi poetici, e in cambio la donna gli darà un "beneficio" che potrà essere un semplice saluto, un dono che simboleggi l'amore ricambiato, oppure il concedersi all'amante in un congiungimento fisico. L'amor cortese è dunque essenzialmente adultero e può avvenire solo tra individui nobili per posizione sociale, oltre che per purezza di cuore; esso esprime un tipo di rapporto che, da un lato, rovescia la tradizionale sottomissione della donna all'uomo, dall'altro imita il vincolo vassallatico vero e proprio, con la differenza che questo rapporto è basato sull'amore e non sulla guerra, benché il cavaliere eserciti il mestiere delle armi e spesso offra le sue imprese militari in onore della sua amata. In questa prospettiva la nobildonna rivendica la piena "sovranità" del proprio cuore, che può quindi concedere in "feudo" al cavaliere che la ama, mentre il possesso del suo corpo appartiene al suo legittimo marito che lei ha sposato per ragioni politiche o dinastiche, nel che è implicita l'ammissione che il vero amore difficilmente può sussistere nel matrimonio tra persone di alto lignaggio (il vincolo nuziale è oggetto di una contrattazione imposta alla donna, che invece può scegliere liberamente il cavaliere a cui concedere i suoi favori). Naturalmente l'amore tra cavaliere e dama può restare su un piano idealizzato e platonico, ma non di rado nei romanzi cortesi e nelle liriche provenzali esso diventa pienamente fisico, dunque la donna rivendica anche una certa libertà in campo sessuale che può sfociare nell'adulterio a tutti gli effetti (► TESTO: Lancillotto e Ginevra).

Sono specialmente i trovatori provenzali a elaborare una "casistica" in campo amoroso e a descrivere tutte le situazioni che caratterizzano il rapporto tra uomo e donna, nonché a stabilire un complesso rituale di corteggiamento che prevede regole precise di comportamento cui i due amanti devono attenersi. Fondamentale è l'atteggiamento del cavaliere-poeta, il quale deve proteggere la dama dai malparlieri (i maldicenti, coloro che "spettegolano" e potrebbero danneggiare la reputazione dell'amata) e dunque è tenuto a non rivelare direttamente il suo nome nelle poesie a lei dedicate, usando un senhal (nome fittizio); altro elemento caratterizzante è l'investitura amorosa, che richiama nella simbologia quella feudale e durante la quale il cavaliere stringe le mani della donna amata, giurandole fedeltà, mentre lei gli regala un oggetto (solitamente un anello) come pegno del proprio amore. Se il cavaliere deve essere prode e coraggioso, la dama deve avere la caratteristica dalla bellezza fisica che produce l'innamoramento e questo è un punto qualificante di tutto l'amor cortese, che dunque tende a creare un nesso inscindibile tra bellezza e cuore nobile, così come tra cuore nobile e amore (► TESTO: Amore di terra lontana). In questo senso è evidente che tale tipo di amore esclude tutti coloro che appartengono a classi sociali ritenute inferiori e ciò spiega perché l'amor cortese sia oggetto di opere dallo stile alto e sublime, mentre l'amore tra persone di basso lignaggio (anche tra un cavaliere e una pastorella, come nel componimento così chiamato) è degno di uno stile più basso, che tende al comico. Tutte queste "regole" relative all'amor cortese sono state oggetto di trattazione da parte di uno scrittore francese vissuto tra XII e XIII sec., Andrea Cappellano che fu appunto cappellano alla corte di Maria di Champagne, nipote di Guglielmo IX d'Aquitania (storicamente il primo trovatore occitanico): Andrea fu autore di un trattato latino in tre libri (il De amore) che ebbe straordinario successo e diffusione anche nell'Italia settentrionale e subì numerosi volgarizzamenti, per cui non è eccessivo affermare che l'opera divenne una sorta di "manuale amoroso" letto e studiato da tutti gli scrittori che in qualche modo si rifacevano alla concezione dell'amor cortese.

Questa teoria è stata ovviamente avversata dalla Chiesa, che la condannava in quanto poteva essere un incentivo all'adulterio e dunque a un amore di tipo peccaminoso, ma ha comunque esercitato un enorme influsso anche sulla letteratura italiana delle Origini, poiché ad essa si sono variamente rifatti tutti gli autori di liriche amorose del XIII-XIV sec., dai Siciliani agli Stilnovisti giungendo a Dante (la Beatrice della Vita nuova non è altro che una rielaborazione della "donna-angelo" a sua volta esemplata sulla dama cortese), fino a Petrarca (in cui l'amore per Laura, anche se è moderno nella sostanza dei sentimenti, si rifà in parte all'armamentario della simbologia cortese). Una certa attinenza con l'amor cortese ha anche, nella società aristocratica del Settecento, il rapporto tra il cicisbeo o cavalier servente e la dama da lui corteggiata, solitamente sposata con un altro e di cui lui è in certo modo l'accompagnatore ufficiale (anche in questo caso si trattava di un rapporto adultero, benché non sempre esso si trasformasse in una relazione di tipo sessuale); se ne ha un esempio nel Giorno di Parini, dove questa pratica è condannata dall'autore per motivi religiosi. Da ricordare, infine, che tutta una serie di termini del lessico amoroso degli scrittori delle Origini si è mantenuto nel linguaggio odierno, sia pure con una certa banalizzazione, per cui ancora oggi si parla di "fare la corte" e "corteggiare" nel senso di aspirare all'amore di una donna, mentre il vocabolo "cavaliere" è tuttora legato alla sfera amorosa.



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