Angelo Poliziano
«Ben venga maggio»
(Rime)
In questa ballata, simile per linguaggio e temi a "I' mi trovai, fanciulle, un bel mattino", l'autore descrive i riti del giorno di Calendimaggio in cui a Firenze i giovani offrono rami fioriti alle loro innamorate e prendono parte a giostre e gare per conquistarne il cuore, nel pieno della primavera vista come la stagione dell'amore per eccellenza. Il testo contiene un edonistico invito a godere dell'amore e della giovinezza, nonché un'esortazione alle ragazze affinché non siano crudeli e si concedano ai loro spasimanti, con una prospettiva analoga a quella di altre liriche dell'Umanesimo (dello stesso Poliziano e di altri, incluso Lorenzo il Magnifico).
► PERCORSO: L'Umanesimo
► AUTORE: Angelo Poliziano
► PERCORSO: L'Umanesimo
► AUTORE: Angelo Poliziano
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Ben venga maggio
e 'l gonfalon selvaggio! Ben venga primavera, che vuol l'uom s'innamori: e voi, donzelle, a schiera con li vostri amadori, che di rose e di fiori, vi fate belle il maggio, venite alla frescura delli verdi arbuscelli. Ogni bella è sicura fra tanti damigelli, ché le fiere e gli uccelli ardon d'amore il maggio. Chi è giovane e bella deh non sie punto acerba, ché non si rinnovella l'età come fa l'erba; nessuna stia superba all'amadore il maggio. Ciascuna balli e canti di questa schiera nostra. Ecco che i dolci amanti van per voi, belle, in giostra: qual dura a lor si mostra farà sfiorire il maggio. Per prender le donzelle si son gli amanti armati. Arrendetevi, belle, a' vostri innamorati, rendete e cuor furati, non fate guerra il maggio. Chi l'altrui core invola ad altrui doni el core. Ma chi è quel che vola? è l'angiolel d'amore, che viene a fare onore con voi, donzelle, a maggio. Amor ne vien ridendo con rose e gigli in testa, e vien di voi caendo. Fategli, o belle, festa. Qual sarà la più presta a dargli el fior del maggio? - Ben venga il peregrino. - - Amor, che ne comandi? - - Che al suo amante il crino ogni bella ingrillandi, ché gli zitelli e grandi s'innamoran di maggio. - |
Sia benvenuto maggio e il simbolo agreste [il ramoscello fiorito]!
Sia benvenuta la primavera, che vuole che ognuno si innamori: e voi, fanciulle, che insieme ai vostri innamorati vi adornate di rose e di fiori a maggio, venute alla fresca ombra delle verdi fronde. Ogni bella è sicura fra tanti giovanotti, poiché anche le belve e gli uccelli ardono di amore a maggio. Ogni donna giovane e bella non sia affatto crudele, poiché l'età non si rinnova come fa l'erba; nessuna donna sia superba con l'innamorato a maggio. Ogni donna di questa nostra schiera balli e canti. Ecco che i dolci innamorati vanno a combattere per voi, belle, nella giostra: chi di voi si mostrerà dura con loro, farà sfiorire maggio. Gli innamorati si sono armati per conquistare le fanciulle. Arrendetevi, belle, ai vostri spasimanti, restituite loro i cuori che avete rubato, non fate la guerra a maggio. Chi ruba il cuore di un altro, gli doni il proprio cuore. Ma chi è quello che vola? è l'angioletto d'amore [Cupido], che viene a onorare voi, fanciulle, a maggio. Il dio Amore viene ridendo con in testa rose e gigli, e viene a cercare voi. Belle donne, fategli festa. Chi sarà più lesta a dargli i fiori di maggio? - Sia benvenuto il nuovo arrivato [Cupido] - Amore, cosa ci comandi? - Io vi comando che ogni bella metta in testa al suo innamorato una ghirlanda, poiché a maggio si innamorano tutti, giovani e vecchi -. |
Interpretazione complessiva
- Metro: ballata piccola formata da una ripresa di due versi (un quinario e un settenario) e da otto sestine di settenari, con schema della rima XX, ABABBX (l'ultima parola di ogni strofa è sempre "maggio", che riprende il v. 1). La lingua è il toscano della tradizione letteraria, con alcuni elementi più popolari ("uccelli" al posto di "augelli", v. 13; "ingrillandi" v. 48). Al v. 31 "furati" è latinismo per "rubati", mentre al v. 41 "caendo" (cercando) deriva dal fiorentino letterario.
- Il testo descrive i riti che si svolgevano il primo giorno di Maggio (Calendimaggio) a Firenze e in altre città toscane, quando i giovanotti offrivano alle loro innamorate dei rami fioriti (il "gonfalon selvaggio", inteso come simbolo agreste dell'amore) e venivano da loro incoronati con ghirlande prima di combattere in loro onore nella giostra, usanza ancor oggi viva ad es. a Montepulciano di cui Poliziano era originario. L'autore invita in modo edonistico le ragazze a cedere ai loro spasimanti e a non respingere il richiamo amoroso, specie in questo periodo dell'anno (la primavera) in cui tutte le creature, animali compresi, si risvegliano all'amore. Il tema è largamente presente nella letteratura del Quattrocento, ad es. nella ballata I' mi trovai, fanciulle dello stesso Poliziano (► VAI AL TESTO) e nel Trionfo di Bacco e Arianna di Lorenzo de' Medici (► VAI AL TESTO), in cui si esprime lo stesso richiamo a godere dell'amore quando si è giovani e si è ancora in tempo per essere felici.
- L'intera ballata gioca abilmente sull'immagine della guerra, sia in riferimento alla giostra (il torneo cavalleresco) cui prendono parte i giovani per conquistare le loro belle, sia con allusione alle battaglie amorose tra i ragazzi e le innamorate: queste ultime vengono definite "sicure" in quanto protette dagli spasimanti (ma forse sono certe di trovare l'uomo per loro), formano una "schiera" (termine militare) che accompagna i ragazzi "in giostra"; i giovani si sono "armati" per conquistarle ed esse sono invitate ad arrendersi, a non fare "guerra" nel mese di maggio. La metafora guerresca riferita all'amore è molto frequente nella letteratura del Quattro-Cinquecento e si può citare come esempio il discorso delle fanciulle "garrule e lascive" che nella Gerusalemme liberata cercano di irretire Carlo e Ubaldo, invitandoli proprio a lasciare le armature per intraprendere con loro dolci battaglie nel letto (► TESTO: Il giardino di Armida).
- La conclusione del testo mostra il dio Amore (definito "angiolel", simile a un angioletto dell'iconografia cristiana) che giunge a comandare a tutti, giovani e adulti, di abbandonarsi serenamente al desiderio, con ripresa tanto delle immagini della poesia classica quanto della tradizione poetica volgare, ad es. Petrarca (cfr. la parte centrale della canzone Chiare, fresche e dolci acque; ► VAI AL TESTO). L'atmosfera di questa ballata è decisamente pagana e l'invito ad abbandonarsi serenamente all'amore non ha nulla delle remore religiose proprie della tradizione precedente, in linea dunque con gli altri testi del periodo (di Poliziano stesso, di Lorenzo...) e in generale con la visione della vita propria dell'Umanesimo.