Ludovico Ariosto
«O sicuro, secreto e fido porto»
(Sonetti, 3)
Composto probabilmente in onore della donna amata Alessandra Benucci, il sonetto descrive gli occhi di lei come due stelle in grado di scortare il poeta al sicuro fuori delle tempeste della vita, inducendolo anche a perdonare gli "sdegni acri e protervi" subìti da nemici e detrattori. L'imitazione petrarchesca è abbastanza vistosa, specie nell'immagine della "cameretta" che offre rifugio e conforto all'autore, tuttavia il modello è rimaneggiato in modo alquanto libero e, soprattutto, manca quella tensione emotiva sempre presente nel poeta trecentesco, mentre qui l'atmosfera è positiva e proiettata serenamente al futuro.
► PERCORSO: Il Rinascimento
► AUTORE: Ludovico Ariosto
► PERCORSO: Il Rinascimento
► AUTORE: Ludovico Ariosto
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O sicuro, secreto e fido porto,
dove, fuor di gran pelago, due stelle, le più chiare del cielo e le più belle, dopo una lunga e cieca via m’han scôrto: or io perdono al vento e al mare il torto che m’hanno con gravissime procelle fatto sin qui, poi che se non per quelle, io non potea fruir tanto conforto. O caro albergo, o cameretta cara, ch’in queste dolci tenebre mi servi a goder d’ogni sol notte più chiara! Scorda ora i torti e sdegni acri e protervi; che tal mercé, cor mio, ti si prepara, che appagherà quant’hai servito e servi. |
O porto sicuro, riparato e fidato, dove due stelle (le più luminose e belle del cielo) mi hanno scortato dopo un lungo e tenebroso cammino, fuori da un mare in tempesta:
ora io perdono al vento e al mare il torto che mi hanno fatto sinora con grandissime bufere, dal momento che se non era per quelle, non avrei potuto godere di un simile conforto. O caro rifugio, cara cameretta, che in queste dolci tenebre mi permetti di godere di una notte più luminosa di qualunque sole! O cuore mio, scordati ora i torti e le parole ingiuriose, aspre e arroganti; infatti si prepara per te un grande premio, che appagherà gli sforzi che hai fatto e che farai per servire. |
Interpretazione complessiva
- Metro: sonetto con schema della rima ABBA, ABBA, CDC, DCD (conforme alla tradizione petrarchesca). La lingua è il toscano letterario teorizzato da Bembo, come dimostrano alcune forme tra cui i latinismi "secreto" (v. 1), "procelle" (v. 6), la forma "io... potea" (v. 8). La prima quartina e la prima terzina si aprono parallelamente con due vocativi, al "porto" e alla "cameretta" riferiti allo stesso elemento, mentre nelle altre due strofe l'autore parla di se stesso, dichiarando di voler perdonare (v. 5) e invitando il proprio cuore a scordare i torti subiti (v. 12), con ripresa della stessa parola ("torto/torti").
- Il sonetto si rifà in maniera alquanto vistosa ad alcune liriche di Petrarca, in particolare Canz., 272 da cui ricava l'immagine della vita come un viaggio in un mare tempestoso e degli occhi di Laura come "lumi bei", anche se in quel testo l'autore rimpiangeva la sua morte e le luci erano spente, essendo Petrarca ormai alla fine della sua vita (► TESTO: La vita fugge, et non s'arresta una hora); evidente anche il richiamo al sonetto 234, per l'immagine della "cameretta" che un tempo era un "porto", un tranquillo rifugio alle "tempeste... diürne", mentre ora la solitudine del "letticciuol" è per lui ragione di travaglio (► TESTO: O cameretta che già fosti un porto). Il modello è comunque profondamente trasformato da Ariosto, poiché qui l'amore per Alessandra è per lui motivo di conforto rispetto alle amarezze del mondo (le critiche malevole di nemici e detrattori, forse a causa della sua condizione di cortigiano) e il "porto" rappresentato dalla donna è "sicuro" e "secreto", mentre la cameretta rischiara le sue notti al pensiero di lei o, forse, stando in sua compagnia. La prospettiva del legame sentimentale è del tutto positiva e la lirica si chiude con la certezza che al suo cuore si prepara una adeguata "mercé", per cui siamo molto lontani dalla visione petrarchesca in cui l'amore era offuscato da remore religiose e anche dalle interpretazioni in tal senso dei "petrarchisti" del Cinquecento.