Dante Alighieri
«Amore e 'l cor gentil sono una cosa»
(Vita nuova, cap. XX)
Collocato subito dopo la canzone "Donne ch'avete intelletto d'amore", che segnava l'inizio della fase delle "nove rime", questo capitolo include un sonetto scritto da Dante in risposta a un amico poeta (forse Cavalcanti) che lo aveva sollecitato a discutere della natura di amore dopo la diffusione della lirica precedente, secondo il costume delle "tenzoni" provenzali. Il componimento ribadisce l'indivisibilità di amore e cuore nobile, in base all'ideologia stilnovista e citando l'autorità di Guinizelli, e afferma che la bellezza della donna "fa svegliar" lo spirito amoroso nel cuore dell'uomo, come passione duratura e non passeggera.
► PERCORSO: La lirica amorosa
► AUTORE: Dante Alighieri
► OPERA: Vita nuova
► PERCORSO: La lirica amorosa
► AUTORE: Dante Alighieri
► OPERA: Vita nuova
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Appresso che questa canzone [1] fue alquanto divolgata tra le genti, con ciò fosse cosa che alcuno amico l’udisse [2], volontade lo mosse a pregare me che io li dovesse dire che è Amore, avendo forse per l’udite parole speranza di me oltre che degna. [3] Onde io, pensando che appresso di cotale trattato bello era trattare alquanto d’Amore, e pensando che l’amico era da servire [4], propuosi di dire parole ne le quali io trattassi d’Amore; e allora dissi questo sonetto, lo qual comincia: Amore e ’l cor gentil.
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[1] Quella inclusa nel cap. XIX.
[2] Poiché un mio amico l'aveva sentita. [3] Mi volle pregare di spiegargli la natura di Amore, attribuendomi forse eccessivi meriti per quei versi. [4] Che meritava di essere trattato con cortesia. |
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Amore e ’l cor gentil sono una cosa,
sì come il saggio in suo dittare pone, e così esser l’un sanza l’altro osa com’alma razional sanza ragione. Falli natura quand’è amorosa, Amor per sire e ’l cor per sua magione, dentro la qual dormendo si riposa tal volta poca e tal lunga stagione. Bieltate appare in saggia donna pui, che piace a gli occhi sì, che dentro al core nasce un disio de la cosa piacente; e tanto dura talora in costui, che fa svegliar lo spirito d’Amore. E simil face in donna omo valente. |
L'amore e il cuore nobile sono una cosa sola, proprio come il saggio [Guinizelli] sostiene nei suoi versi, e perciò l'uno può stare senza l'altro proprio come l'anima razionale può stare senza ragione.
La natura, quando è disposta ad amare, fa sì che l'amore sia il signore e il cuore sia la sua residenza, dentro la quale riposa dormendo [in potenza] talvolta poco tempo, talvolta molto tempo. Poi [quando l'amore diventa atto] appare la bellezza in una donna di nobile intelletto, che piace agli occhi al punto che nel cuore nasce un desiderio del suo piacevole aspetto; e questo desiderio dura così tanto tempo nell'uomo, che sveglia lo spirito amoroso; e lo stesso effetto produce l'uomo nobile nella donna. |
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Questo sonetto si divide in due parti: ne la prima dico di lui in quanto è in potenzia; ne la seconda dico di lui in quanto di potenzia si riduce in atto. La seconda comincia quivi: Bieltate appare. La prima si divide in due: ne la prima dico in che suggetto [5] sia questa potenzia; ne la seconda dico sì come questo suggetto e questa potenzia siano produtti in essere, e come l’uno guarda l’altro come forma materia. [6] La seconda comincia quivi: Falli natura. Poscia quando dico: Bieltate appare, dico come questa potenzia si riduce in atto; e prima come si riduce in uomo, poi come si riduce in donna, quivi: E simil face in donna.
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[5] In quale soggetto (il cuore) sia questa potenza (è termine della Scolastica).
[6] Come vengano attuati, come passino dalla potenza all'atto. |
Interpretazione complessiva
- Metro: sonetto con schema della rima ABAB, ABAB, CDE, CDE, conforme agli standard stilnovisti. È presente una rima siciliana ai vv. 9 e 12 (pui/costui); al v. 8 "stagione" (tempo) è provenzalismo, da sazo.
- Secondo quanto dichiarato nella prosa, il sonetto nasce come risposta alla richiesta di un amico poeta (potrebbe essere Cavalcanti, ma non ne abbiamo la conferma) di avere spiegazioni circa la natura di amore, sollecitato in questo dalla diffusione della canzone Donne ch'avete intelletto d'amore che era inclusa nel cap. XIX (► VAI AL TESTO): il testo fa parte dunque di una probabile "tenzone" alla maniera dei trovatori provenzali e siciliani, per cui l'esempio più noto (e probabile modello dantesco) è lo scambio fra Jacopo Mostacci, Pier della vigna e Giacomo da Lentini proprio sulla natura del sentimento amoroso (► TESTI: Amore è uno desio; Però c'Amore non si po' vedere). Dante spiega che l'amore e il cuore nobile sono un nesso inscindibile, citando come autorità Guido Guinizelli e la canzone-manifesto Al cor gentil (► VAI AL TESTO), chiarendo poi che l'amore dimora nel cuore stando "in potenza" e venendo messo "in atto" dalla bellezza della donna, processo che avviene anche all'inverso. Lo spirito amoroso viene allora "svegliato", proprio come nel sonetto di Cavalcanti Voi che per li occhi si diceva che la mente veniva destata dalla donna che saettava il cuore del poeta coi dardi d'amore, causandogli sofferenza (► VAI AL TESTO). Il sonetto è seguito dalla "divisione", la prosa esplicativa alla maniera delle razos provenzali.
- Il sonetto verrà citato in modo indiretto da Francesca nel celebre episodio di Inf., V (► TESTO: Paolo e Francesca) quando spiegherà a Dante che "Amore al cor gentil ratto s'apprende" (la donna, colta ed esperta lettrice della poesia amorosa, combinerà insieme l'incipit di questo testo e un verso dello stesso Guinizelli, "Foco d’amore in gentil cor s’aprende" contenuto nella canzone Al cor gentil). Il passo della Commedia conferma ulteriormente l'identificazione di Guinizelli come fondatore ideale dello Stilnovo, definito "saggio" nel sonetto della Vita nuova e "padre" poetico di Dante e degli altri rimatori volgari in Purg., XXVI quando avviene l'incontro tra i due poeti (► TESTO: Dante e Guinizelli).