Letteratura italiana
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Giovanni Botero


Lo Stato confessionale
(Della ragion di Stato, II, 17)

L'autore afferma che il principe, oltre a essere virtuoso e a obbedire ai precetti religiosi, deve badare soprattutto a far sì che i suoi sudditi siano devoti alla fede cristiana, dal momento che la religione induce gli uomini all'obbedienza e alla sopportazione del potere anche quando questo è assoluto, tesi che richiama assai da vicino quella di Machiavelli (che pure Botero vorrebbe avversare) secondo cui la religione è "instrumentum regni". Da qui anche la necessità di combattere le eresie, dal momento che esse seminano discordia e divisione tra i sudditi di uno Stato.

► PERCORSO: La Controriforma






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È di tanta forza la religione ne’ governi, che senza essa ogni altro fondamento di Stato vacilla: così tutti quelli quasi, che hanno voluto fondare nuovi imperii, hanno anco introdotto nuove sette o innovato le vecchie, come ne fan fede Ismaelle re di Persia, e ’l Seriffo re di Marocco, Luigi prencipe di Conde, Gaspar da Colligni armiraglio di Francia, e Guglielmo di Nassau [1], che per via d’eresie hanno messo scandalo nella fede e perturbato la cristianità.
Ma, tra tutte le leggi, non ve n’è alcuna più favorevole a prencipi, che la cristiana, perché questa sottomette loro non solamente i corpi e le facoltà de’ sudditi, dove conviene [2], ma gli animi ancora e le conscienze, e lega non solamente le mani, ma gli affetti ancora et i pensieri, e vuole, che si obedisca a’ prencipi discoli [3], no che a’ moderati, e che si patisca ogni cosa per non perturbar la pace: e non è cosa alcuna, nella quale disoblighi il suddito dall’obedienza debita al prencipe, se non è contra la legge della natura o di Dio; et in questi casi vuole, che si faccia ogni cosa, prima che si venga a rottura manifesta, di che diedero grande essempio i cristiani nella primitiva Chiesa, con ciò sia che [4], se bene erano perseguitati e con ogni crudeltà tormentati, nondimeno non si legge, che si ribellassero mai dall’imperio o si rivoltassero contra i lor prencipi: pativano le ruote, e ’l ferro e ’l fuoco, l’immanità e la rabbia, e de’ tiranni e de’ carnefici, per la pace publica. Né si deve stimare, che ciò avvenisse, perché non avessero forze, con ciò sia che le legioni intiere gettavano l’armi e si lasciavano crudelmente stratiare [5], e, quel che è di non minor meraviglia, con tutto ciò pregavano cotidianamente Dio per la conservatione dell’imperio romano. E ne’ tempi nostri noi veggiamo, che i cattolici sono stati per tutto oppressi dagli eretici [6] in Scotia, in Inghilterra, in Francia, in Fiandra et in molte parti d’Allemagna, il che è inditio della verità della fede cattolica, che rende i sudditi obedienti al prencipe, e lega loro la conscienza, e li fa desiderosi di pace, e nemici di rumore e di scandali. Ma Lutero, e Calvino, e gli altri, allontanandosi dalla verità evangelica, seminano per tutto zizanie e revolutioni di Stati e rovine di regni. Ora, essendo tanta l’importanza della religione per lo felice governo e per la quiete degli Stati, deve il prencipe favorirla, e con ogni suo studio dilatarla. [7] E prima conviene, ch’egli schivi gli estremi, che sono la simulatione e la superstitione: quella, perché (come ho già detto) non può durare e, scoperta, discredita affatto il simulatore, questa, perché porta seco disprezzo: sia sodamente [8] religioso contra la fittione [9] e saviamente pio contra la superstitione. Dio è verità, e vuol essere con verità e con schiettezza d’animo adorato. [...]
Aiuti finalmente il culto del suo creatore in tutti quei modi che potrà. David, in mezo delle guerre, apparecchiò tutto il necessario per la fabrica di un tempio magnificentissimo [10], procurò, che si riducesse a miglior forma il servitio del tabernacolo, migliorò et accrebbe d’istrumenti e di numero di voci l’officio divino. Carlo Magno condusse, per gli officii sacri, musici eccellenti sin da Roma, il medesimo diede ordine, che si cercassero diligentemente i sermoni de’ Santi Padri, e le vite degli antichi martiri, e si divolgassero, egli diede commodità a Paolo Diacono di scrivere i gesti de’ santi et ad Isuardo di far il suo Martirologio [11], e Constantino Magno, per illustrare la religione, diede ordine, che a spese sue si raccogliessero i libri dispersi per le persecutioni passate e si facessero copiosissime librarie. [12]
Ma, quanto al reggimento, lasci liberalmente a’ prelati il giudicio della dottrina e l’indrizzo de’ costumi e tutta quella giurisdittione, che’l buon governo dell’anime ricerca, et i canoni e le leggi loro concedono; e ne promuova egli per ogni via l’essecutione, or con l’autorità, or con la potestà, or col denaro, or con l’opera: perché, quanto i sudditi saranno più costumati e più ferventi nella via di Dio, tanto si mostraranno più trattabili et ubidienti al suo prencipe.



[1] Ismail, fondatore della dinastia sciita della Persia (XV sec.); Muhammad II re di Marocco (XVI sec.); Luigi I di Borbone- Condé (1530-1569); Gaspard de Coligny (1519-1572); Guglielmo I d'Orange (1544-1584).

[2] Quando è previsto.
[3] Intemperanti, tirannici.


[4] Poiché.



[5] Straziare.

[6] Allude ai luterani e ai calvinisti.



[7] Diffonderla.

[8] Saldamente.
[9] Finzione, simulazione.


[10] Il re di Israele David iniziò la costruzione del Tempio di Gerusalemme, poi ultimata da Salomone.
[11] Paolo Diacono scrisse la
Historia Langobardorum nell'VIII sec.; Usuardo scrisse il Martirologio nel IX sec. [12] Biblioteche.

Interpretazione complessiva

  • Il passo sottolinea la grande importanza della religione nel governo dello Stato, poiché la devozione rende i sudditi "ubidienti" e inclini ad accettare il potere del loro sovrano, anche se questo è assoluto e tirannico: Botero, che pure vorrebbe contestare le tesi di Machiavelli e teorizzare uno Stato confessionale ed etico in opposizione alle idee del Principe, finisce qui per accettare il principio della religione quale instrumentum regni espresso da Machiavelli nei Discorsi, che si rifaceva all'esempio storico del paganesimo dell'antica Roma concepito come religione di Stato (► TESTO: Religione e politica). Botero cita invece l'esempio dei martiri cristiani che, in forza della fede, andavano incontro alla morte e tuttavia, a suo dire, si mantenevano fedeli all'Impero romano (l'analisi è alquanto superficiale, poiché nel III-IV sec. d.C. alcuni pensatori cristiani si contrapponevano fortemente al potere imperiale). Il principe moderno deve quindi essere devoto e deve fare di tutto per diffondere e consolidare la fede cristiana, anche attraverso il sostegno economico alla Chiesa e la costruzione di splendidi edifici religiosi che suggeriscano un'idea di magnificenza (come re David che iniziò la costruzione del Tempio di Gerusalemme), anticipando una delle caratteristiche dell'architettura barocca nel Seicento.
  • L'unità religiosa è per l'autore uno dei fondamenti della saldezza dello Stato e di qui viene l'idea, tipica della Controriforma, della necessità di combattere le "eresie", le deviazioni dall'ortodossia cattolica viste come elemento di divisione interna e di debolezza: Botero cita il principe di Condé e il Coligny come esempi negativi in tal senso, poiché entrambi militarono al fianco degli ugonotti francesi, e allo stesso modo condanna Guglielmo I d'Orange, il nobile olandese che abbracciò il luteranesimo e fu promotore dell'indipendenza dei Paesi Bassi dalla Spagna nel XVI sec. Secondo la sua visione, questi uomini politici sfruttarono la religione per seminare "zizanie" tra il loro popolo e facilitare un rivolgimento politico, che è lo stesso motivo per cui condanna l'insegnamento di Lutero e Calvino e afferma che i cattolici sono "oppressi dagli eretici" in varie nazioni europee, inclusa l'Inghilterra e la Germania. Botero delinea un quadro di forte instabilità politica e religiosa, che prepara il terreno per le guerre confessionali che sconvolgeranno l'Europa centrale nel corso del XVII sec. (soprattutto con la Guerra dei Trent'anni).
  • È interessante l'accenno alla "simulatione", ovvero l'arte del principe di fingersi ciò che non è, che secondo Botero va evitata in quanto getta discredito sul sovrano e gli aliena le simpatie dei sudditi: lo scrittore prende le distanze da Machiavelli, che invece riconosceva alla simulazione un ruolo essenziale nell'arte politica e invitava il principe a far di tutto per curare la propria immagine pubblica, citando anche l'esempio per lui positivo di Ferdinando il Cattolico (► TESTI: La volpe e il leone; L'immagine pubblica del potere). Altrove invece l'autore evidenzia la necessità per il principe di mantenere segreti alcuni suoi disegni e afferma che "Giova assai la dissimulatione", citando l'esempio di Luigi XI di Francia (cfr. II.7: "dissimulatione si chiama un mostrare di non sapere o di non curare quel che tu sai e stimi, come simulatione è un fingere e fare una cosa per un’altra").

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