Letteratura italiana
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Francesco Guicciardini


La tirannide
(Ricordi, 13, 18, 40, 98, 100, 103, 220)

Strettamente legati a quelli concernenti il ruolo del consigliere del principe, questi "Ricordi" affrontano la delicata questione del modo di vivere (e di governare) nel periodo della tirannide, cioè quando si è sottoposti al governo di un sovrano assoluto che esige la massima fedeltà dai suoi ministri e può decretare la loro rovina in modo del tutto imprevedibile: è quasi inevitabile che tale riflessione tragga spunto dalle pagine degli storici antichi (specialmente Tacito) dedicate al governo degli imperatori romani, tanto che nell'età della Controriforma nascerà una corrente di pensiero detta "tacitismo", quando il problema di come rapportarsi all'assolutismo diventerà di drammatica attualità nelle corti europee. È abbastanza evidente che Guicciardini leghi queste considerazioni alla sua personale esperienza di consigliere di papi, dal momento che il pontefice era nel XVI sec. un esempio di monarca assoluto assai più di tanti principi secolari, ma è anche una sorta di giustificazione per la sua collaborazione al governo dei Medici a Firenze dopo il 1530 che tante critiche aveva suscitato contro di lui.

► PERCORSO: Il Rinascimento
► AUTORE: Francesco Guicciardini



13
Chi vuole vedere quali sieno e' pensieri de' tiranni, legga Cornelio Tacito, quando riferisce gli ultimi ragionamenti che Augusto morendo ebbe con Tiberio. [1]

18
Insegna molto bene Cornelio Tacito a chi vive sotto e tiranni el modo di vivere e governarsi prudentemente [2], cosí come insegna a' tiranni e modi di fondare la tirannide.

40
Gran cosa è avere potestà sopra altri; la quale chi sa usare bene, spaventa con essa gli uomini più ancora che non sono le forze sue; perché el suddito non sapendo bene insino dove le si distendino [3], bisogna si risolva piú presto a cedere, che a volere far cimento se tu puoi fare o no quello di che tu minacci.

98
Uno tiranno prudente, benché abbia caro e savi timidi, non gli dispiacciono anche gli animosi quando gli cognosce di cervello quieto, perché gli dà el cuore di contentargli. Sono gli animosi ed inquieti quelli che sopra tutto gli dispiacciono; perché non può presupporre di potergli contentare, e però è sforzato a pensare di spegnergli.

100
Sotto a uno tiranno è meglio essere amico insino a uno certo termine, che partecipare degli ultimi intrinsechi suoi [4]; perché cosí, se sei uomo stimato, godi anche tu della sua grandezza, e qualche volta più che quell'altro con chi fa più a sicurtà [5], e nella ruina sua puoi sperare di salvarti.

103
Fa el tiranno ogni possibile diligenzia per scoprire el segreto del cuore tuo, con farti carezze, con ragionare teco lungamente, col farti osservare da altri che per ordine suo si intrinsecano teco [6], dalle quali rete tutte è difficile guardarsi; e però se tu vuoi che non ti intenda, pensavi diligentemente, e guardati con somma industria da tutte le cose che ti possono scoprire, usando tanta diligenzia a non ti lasciare intendere quanta usa lui a intenderti.

220
Credo sia uficio [7] di buoni cittadini, quando la patria viene in mano di tiranni, cercare d'avere luogo con loro [8] per potere persuadere el bene e detestare el male; e certo è interesse della città che in qualunque tempo gli uomini da bene abbino autorità; ed ancora che [9] gli ignoranti e passionati di Firenze l'abbino sempre inteso altrimenti, si accorgerebbono quanto pestifero sarebbe el governo de' Medici, se non avessi intorno altri che pazzi e cattivi.


[1] Negli Annales, I.13.


[2] Senza correre rischi.




[3] Non sapendo bene fino a che punto esse arrivino.









[4] Che prendere parte a tutti i suoi interessi. [5] E talvolta più che non quello con cui il tiranno è maggiormente intimo.



[6] Per ordine suo ti si fanno amici.




[7] Sia dovere.
[8] Cercare di collaborare con loro.
[9] E benché.


Interpretazione complessiva

  • Il tema della tirannide trova un certo spazio nelle riflessioni dei Ricordi, dal momento che Guicciardini come funzionario pubblico aveva prestato servizio ai papi (considerati esempio di monarchia assoluta) e ai Medici di Firenze, proprio nella delicata fase in cui, nel 1530, era caduta la Repubblica e lo scrittore aveva avuto l'incarico di riportare l'ordine in città: lo zelo con cui aveva assolto l'incarico e le condanne inflitte a molti concittadini avevano attirato su di lui critiche feroci, e il pensiero 220 sembra essere una sorta di giustificazione in tal senso, col dire che il bravo cittadino ha il dovere di collaborare col tiranno per indurlo a fare il bene e non il male (non a caso i Medici sono citati alla fine, con il riferimento polemico agli "ignoranti e passionati" fiorentini che l'avevano attaccato). Nella società del XVI sec. ogni Stato è un potere assoluto e il consigliere del principe diventa, giocoforza, collaboratore di un tiranno, per cui secondo l'autore l'alternativa è il ritirarsi a vita privata, rinunciare a esercitare una qualche forma di governo pubblico (non dimentichiamo che lo stesso Machiavelli era stato accusato di aver scritto col Principe una sorta di manuale per tiranni). Le riflessioni di Guicciardini anticipano il mutamento che l'uomo di corte subirà nel secondo Cinquecento, quando lo spazio di libertà per l'intellettuale si ridurrà ulteriormente e la condizione del funzionario diventerà sempre più difficile, nel clima pesante e quasi intimidatorio della Controriforma. L'autore sottolinea comunque la necessità per il ministro di collaborare, sì, col sovrano, ma senza diventare uno dei suoi intimi, sperando così di salvarsi dall'eventuale sua rovina, mentre è importante mostrarsi saggi e quieti, poiché i tiranni sono portati a eliminare gli intellettuali troppo coraggiosi che avvertono come una minaccia.
  • Il riferimento a Tacito dei pensieri 13 e 18 è tutt'altro che casuale, dal momento che il grande storico latino diventerà molto popolare nel secondo Cinquecento per la sua analisi del potere assoluto degli imperatori e verrà spesso citato come maestro di chi vuole abituarsi a vivere "sotto e tiranni": nascerà anzi una vera e propria corrente di pensiero detta "tacitismo" e l'opera dello storico verrà letta in duplice senso, sia come modello di libertà che come esempio di comportamento atto a creare la tirannide (qualcosa di simile avverrà in parte anche con le teorie di Machiavelli). Guicciardini anticipa molte considerazioni sviluppate nei decenni successivi, specie quando analizza (pensiero 103) le tecniche usate dai sovrani assoluti per carpire i segreti dei loro cortigiani, anche usando degli "agenti" con il compito di abusare della buona fede e di diventare falsi amici degli altri collaboratori.

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