Letteratura italiana
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Matteo Maria Boiardo


L'amore di Rugiero e Bradamante
(Orlando innamorato, III, V, 32-42)

Mentre sta viaggiando verso Parigi per dare manforte ai Cristiani, la guerriera Bradamante (sorella di Ranaldo) viene assalita a tradimento da Rodamonte ma giunge in suo soccorso Rugiero, che riesce a salvarle la vita. In seguito il saraceno le racconterà la sua storia (discende dalla nobile stirpe di Ettore troiano e dopo la morte dei genitori è stato allevato dal mago Atlante, che l'ha fatto diventare islamico) e alle sue parole Bradamante non può fare a meno di innamorarsi di lui; alla fine la donna si toglie l'elmo e rivela la sua identità e la sua bellezza allo stupefatto Rugiero, che l'aveva creduta un uomo. È questo l'atto iniziale dell'amore tra i due, legato al tema encomiastico del poema che Boiardo avrebbe voluto sviluppare nel III libro, rimasto tuttavia interrotto a causa della sua morte precoce.

► PERCORSO: L'Umanesimo
► AUTORE: Matteo Maria Boiardo


32
Così parlava verso Bradamante
Rugier, narrando ben tutta la istoria,
Ed oltra a questo ancor seguiva avante,

Dicendo: - Ciò non toglio a vanagloria,

Ma de altra stirpe di prodezze tante,

Che sia nel mondo, non se ne ha memoria;

E, come se ragiona per il vero,
Sono io di questi e nacqui di Rugiero.

33
Lui de Rampaldo nacque, e in quel lignaggio
Che avesse cotal nome fu secondo;

Ma fu tra gli altri di virtute un raggio,
De ogni prodezza più compiuto a tondo.
Morto fu poscia con estremo oltraggio,
Né maggior tradimento vidde il mondo,
Perché Beltramo, il perfido inumano,
Traditte il patre e il suo franco germano.

34
Risa la terra andò tutta a ruina,
Arse le case, e fu morta la gente;
La moglie di Rugier, trista, tapina,

Galaciella, dico, la valente,

Se pose disperata alla marina,

E gionta sendo al termine dolente
Che più il fanciullo in corpo non si porta,
Me parturitte, e lei rimase morta.

35
Quindi mi prese un negromante antico,
Qual di medolle de leoni e nerbi
Sol me nutritte, e vero è quel ch'io dico.

Lui con incanti orribili ed acerbi
Andava intorno a quel diserto ostìco,

Pigliando serpe e draghi più superbi,
E tutti gli inchiudeva a una serraglia;

Poi me ponea con quelli alla battaglia.

36
Vero è che prima ei gli cacciava il foco
E tutti e denti fuor de la mascella:
Questo fo il mio diletto e il primo gioco
Che io presi in quell'etate tenerella;

Ma quando io parvi a lui cresciuto un poco,
Non me volse tenir più chiuso in cella,
E per l'aspre foreste e solitarie
Me conducea, tra bestie orrende e varie.

37
Là me facea seguir sempre la traccia
Di fiere istrane e diversi animali;
E mi ricorda già che io presi in caccia

Grifoni e pegasei, benché abbiano ali.
Ma temo ormai che a te forse non spiaccia
Sì lunga diceria de tanti mali:

E, per satisfar tosto a tua richiesta,
Rugier sono io; da Troia è la mia gesta. -


38
Non avea tratto Bradamante un fiato,
Mentre che ragionava a lei Rugiero,
E mille volte lo avea riguardato
Giù dalle staffe fin suso al cimero;
E tanto gli parea bene intagliato,
Che ad altra cosa non avea il pensiero:
Ma disiava più vederli il viso
Che di vedere aperto il paradiso.


39
E stando così tacita e sospesa,
Rugier sogionse a lei: - Franco barone,

Volentier saprebbi io, se non ti pesa,

Il nome tuo e la tua nazione. -
E la donzella, che è d'amore accesa,

Rispose ad esso con questo sermone:
- Così vedestù il cor, che tu non vedi,
Come io ti mostrarò quel che mi chiedi.

40
Di Chiaramonte nacqui e di Mongrana.
Non so se sai di tal gesta niente,
Ma di Ranaldo la fama soprana

Potrebbe essere agionta a vostra gente.
A quel Ranaldo son sôra germana;
E perché tu mi creda veramente,
Mostrarotti la faccia manifesta -;

E così lo elmo a sé trasse di testa.

41
Nel trar de l'elmo si sciolse la treccia,
Che era de color d'oro allo splendore.
Avea il suo viso una delicateccia

Mescolata di ardire e de vigore;

E' labri, il naso, e' cigli e ogni fateccia

Parean depenti per la man de Amore,
Ma gli occhi aveano un dolce tanto vivo,
Che dir non pôssi, ed io non lo descrivo.

42
Ne lo apparir dello angelico aspetto
Rugier rimase vinto e sbigotito,
E sentissi tremare il core in petto,
Parendo a lui di foco esser ferito.
Non sa pur che si fare il giovanetto:
Non era apena di parlare ardito.
Con l'elmo in testa non l'avea temuta,
Smarito è mo che in faccia l'ha veduta.


Così Rugiero parlava a Bradamante, narrando tutta la sua storia, e oltre a questo aggiungeva altro dicendo: - Non ti racconto questo per vanagloria, ma non si ha memoria di un'altra stirpe che al mondo abbia compiuto altrettante prodezze; e per dire la verità, io appartengo ad essa e mio padre fu Rugiero.





Lui nacque da Rampaldo e in quel lignaggio fu il secondo ad avere quel nome; tra gli altri fu un raggio di virtù, un perfetto esempio di prodezza. Fu in seguito ucciso con un tremendo oltraggio, né il mondo vide un maggiore tradimento, perché Beltramo, crudele e perfido, tradì il padre e suo fratello.






La città di Risa [Reggio Calabria] andò in rovina, le case furono bruciate e la gente uccisa: la moglie di mio padre Rugiero, triste e sconsolata, intendo dire Gallicella, la valente, si mise disperata in viaggio per mare ed essendo giunta al termine della gravidanza, non potendo più tenere il bambino in corpo, partorì me e poi morì.




Qui mi raccolse un vecchio mago [Atlante di Carena], che mi nutrì solo con le interiora e i nervi di leoni, e ciò che dico è la verità. Lui si aggirava in quel deserto inospitale con incanti aspri e terribili, catturando serpenti e draghi spaventosi, e li richiudeva tutti in un recinto; poi mi spingeva a combattere con essi.





È pur vero che lui prima toglieva loro il fuoco e tutti i denti fuori dalle mascelle: questo fu il primo gioco e divertimento che usai in quell'età infantile; ma quando gli sembrò che fossi un po' cresciuto, non volle più tenermi chiuso in una camera e mi portava per selve aspre e solitarie, tra belve orrende e diverse.




Là mi faceva sempre seguire le tracce di strane fiere e orrendi animali; e mi ricordo che io catturai a caccia grifoni e cavalli alati, anche se volavano. Ma temo ormai che a te sia spiacevole un così lungo racconto di tante sciagure: e per rispondere in fretta alla tua domanda, io son Rugiero; la mia stirpe proviene da Troia. -





Mentre Rugiero le parlava, Bradamante non aveva emesso un fiato, e lo aveva guardato mille volte dalle staffe sino al cimiero; e le sembrava così ben fatto che non pensava a nient'altro: ma desiderava vedere il suo viso più che vedere il paradiso.





E mentre lei restava così silenziosa e sospesa, Rugiero le soggiunse: - O guerriero franco, io vorrei sapere, se ti aggrada, come ti chiami e da dove
vieni. - E la fanciulla, che è accesa d'amore, gli rispose con questo discorso:
- Tu hai visto il mio cuore, che non vedi, come io ti mostrerò quello che mi chiedi.





Io sono nata dalla casa di Chiaramonte e Mongrana. Non so se sai qualcosa di queste famiglie, ma la fama straordinaria di Ranaldo potrebbe essere arrivata alla vostra gente. Io sono la sorella di quel Ranaldo; e affinché tu creda alle mie parole, ti mostrerò il mio volto -; e così si tolse l'elmo dalla testa.




Nel togliersi l'elmo si sciolse la treccia, che era splendida e del colore dell'oro. Il suo viso aveva una delicatezza mescolata all'ardimento e al vigore; le labbra, il naso, le ciglia e ogni fattezza sembravano dipinti dalle mani di Amore, ma gli occhi avevano una dolcezza tanto viva che non si può dire e io non la descrivo.





All'apparire dell'aspetto angelico Rugiero rimase vinto e sbalordito, e si sentì tremare il cuore in petto, sembrandogli di essere ferito col fuoco. Il giovinetto non sa neppure che fare: non osa a malapena parlare. Quando lei indossava l'elmo non l'aveva temuta, ora che l'ha vista in faccia è smarrito.


Interpretazione complessiva

  • Il passo descrive in assoluto il primo incontro tra Rugiero e Bradamante in un poema epico del Quattrocento, che avviene dopo che il giovane ha salvato la fanciulla (che lui crede un uomo, essendo coperta dall'armatura) dall'assalto di Rodamonte: in seguito le racconta la storia della sua famiglia e le rivela di discendere da Ettore di Troia, narrando anche del vile tradimento con cui Beltramo, fratello di suo padre, lo uccise costringendo la madre, incinta di lui, a fuggire e a darlo alla luce in tragiche circostanze, morendo subito dopo. Fin qui Boiardo segue la tradizione della Canzone di Aspromonte, una chanson de geste del XII sec. che ha per protagonista Ruggiero di Risa (Reggio Calabria) e Gallicella, ovvero i genitori del paladino dell'Orlando innamorato, in cui compare anche il giovane Orlando (Rolandino, italianizzato in Orlandino). L'autore aggiunge poi il particolare che Rugiero è stato allevato dal mago Atlante di Carena, che lo ha fatto diventare musulmano e lo ha formato come prode guerriero, e poiché questi sa che il giovane è destinato a convertirsi al Cristianesimo e a sposare Bradamante, fatto che lo porterà a morte a causa del tradimento di Gano di Maganza, tenta in ogni modo di sottrarlo alla guerra. Dalle nozze tra Rugiero e Bradamante avrà origine la casata estense e questo era il tema encomiastico che Boiardo avrebbe sviluppato nel III libro del poema, che tuttavia rimase interrotto (il personaggio di Rugiero verrà ripreso da Ariosto nell'Orlando furioso).
  • I particolari dell'infanzia di Rugiero allevato da Atlante, ovvero il fatto che il mago lo nutre con interiora di belve feroci e lo addestra alla caccia e al combattimento fin da piccolo, facendone uno straordinario guerriero, si rifanno al racconto dell'infanzia di Camilla nell'Eneide di Virgilio, personaggio che per ovvie ragioni ha molte analogie anche con la donna-guerriera Bradamante. La figura di Rugiero verrà ripresa in parte anche da Tasso nella Gerusalemme liberata nel tratteggiare la figura di Clorinda, anche lei guerriera saracena di origini cristiane allevata in modo simile dall'eunuco Arsete, ma destinata a morire per mano di Tancredi nel duello famoso del canto XII (► TESTO: Il duello di Tancredi e Clorinda). Atlante sarà protagonista anche di vari episodi nel Furioso, quando creerà due castelli fatati per trattenere Ruggiero ed evitare che possa compiere il suo destino, ma il primo di essi verrà distrutto proprio da Bradamante alla quale il mago racconterà la sua storia (IV, 29 ss.).
  • La descrizione di Bradamante che rivela la sua identità a Rugiero e si toglie l'elmo, mostrando la sua bellezza e i suoi capelli biondi, sarà ripresa in parte da Tasso nella Liberata (III, 21 ss.) quando Clorinda, la guerriera amata da Tancredi, durante un combattimento perderà l'elmo e si mostrerà in tutta la sua bellezza sul campo di battaglia, rendendo il crociato incapace di proseguire lo scontro. Il fatto che una fanciulla, protetta dall'armatura, venga creduta un uomo è quasi un topos della poesia epica del XVI sec. e sarà ampiamente utilizzato sia da Ariosto nel Furioso, sia da Tasso nella Liberata (cfr. la stessa Clorinda, che sarà uccisa nel duello famoso da Tancredi che appunto la crede un guerriero saraceno).


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