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Niccolò Machiavelli


Fra Timoteo e Lucrezia
(Mandragola, atto III, scena IX-XI)

Ligurio ha persuaso messer Nicia a sottoporre la moglie Lucrezia allo stratagemma dell'infuso di Mandragola, come solo mezzo per avere figli, ma ora occorre vincere le resistenze della giovane la quale, timorata di Dio e fedele al marito, non vuol saperne di andare a letto con uno sconosciuto cui darà indirettamente la morte. Si incarica di vincere i suoi dubbi il corrotto fra Timoteo, d'accordo con Ligurio e Callimaco, che sarà fin troppo abile dialetticamente a convincere la ragazza che l'adulterio non sarà peccato e costituirà, anzi, un'alta forma di obbedienza verso il marito Nicia. Il religioso verrà aiutato dalla stessa madre di Lucrezia, Sostrata, la quale spinge la figlia al tradimento per pura malvagità e per il desiderio che questa abbia figli con cui proseguire la stirpe del marito, quindi per motivi di brutale interesse economico.

► PERCORSO: Il Rinascimento
► AUTORE: Niccolò Machiavelli










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ATTO III, SCENA IX
Fra Timoteo, solo


FRA TIMOTEO  Io non so chi si abbi giuntato l'uno l'altro. [1] Questo tristo di Ligurio ne venne a me con quella prima novella [2], per tentarmi, acciò, se io li consentivo quella, m'inducessi più facilmente a questa; se io non gliene consentivo, non mi arebbe detta questa, per non palesare e disegni loro sanza utile, e di quella che era falsa non si curavano. Egli è vero che io ci sono suto giuntato [3]; nondimeno, questo giunto è con mio utile. [4] Messer Nicia e Callimaco sono ricchi, e da ciascuno, per diversi rispetti, sono per trarre assai [5]; la cosa convien stia secreta, perché l'importa così a loro, a dirla, come a me. Sia come si voglia, io non me ne pento. È ben vero che io dubito non ci avere dificultà [6], perché madonna Lucrezia è savia e buona: ma io la giugnerò in sulla bontà. [7] E tutte le donne hanno alla fine poco cervello; e come ne è una sappi dire dua parole, e' se ne predica, perché in terra di ciechi chi vi ha un occhio è signore. Ed eccola con la madre, la quale è bene una bestia [8], e sarammi uno grande adiuto a condurla alle mia voglie.


SCENA X
Sostrata, Lucrezia

SOSTRATA  Io credo che tu creda, figliuola mia, che io stimi l'onore ed el bene tuo quanto persona del mondo, e che io non ti consiglierei di cosa che non stessi bene. [9] Io ti ho detto e ridicoti, che se fra' Timoteo ti dice che non ti sia carico di conscienzia [10], che tu lo faccia sanza pensarvi.
LUCREZIA  Io ho sempremai dubitato che la voglia, che messer Nicia ha d'avere figliuoli, non ci facci fare qualche errore; e per questo, sempre che lui mi ha parlato di alcuna cosa, io ne sono stata in gelosia e sospesa [11], massime poi che m'intervenne quello che vi sapete, per andare a' Servi. [12] Ma di tutte le cose, che si son tentate, questa mi pare la più strana, di avere a sottomettere el corpo mio a questo vituperio, ad esser cagione che uno uomo muoia per vituperarmi: perché io non crederrei, se io fussi sola rimasa nel mondo e da me avessi a risurgere l'umana natura, che mi fussi simile partito concesso.
SOSTRATA  Io non ti so dire tante cose, figliuola mia. Tu parlerai al frate, vedrai quello che ti dirà, e farai quello che tu dipoi sarai consigliata da lui, da noi, da chi ti vuole bene.
LUCREZIA  Io sudo per la passione.


SCENA XI
Fra Timoteo, Lucrezia, Sostrata

FRA TIMOTEO  Voi siate le ben venute. Io so quello che voi volete intendere da me, perché messer Nicia m'ha parlato. Veramente, io sono stato in su' libri più di dua ore a studiare questo caso, e, dopo molte essamine, io truovo di molte cose che, ed in particulare ed in generale, fanno per noi.
LUCREZIA  Parlate voi da vero o motteggiate? [13]
FRA TIMOTEO  Ah, madonna Lucrezia! Sono, queste, cose da motteggiare? Avetemi voi a conoscere ora?
LUCREZIA  Padre, no; ma questa mi pare la più strana cosa che mai si udissi.
FRA TIMOTEO  Madonna, io ve lo credo, ma io non voglio che voi diciate più così. E' sono molte cose che discosto paiano terribili, insopportabili, strane, che, quando tu ti appressi loro, le riescono umane, sopportabili, dimestiche [14], e però si dice che sono maggiori li spaventi che e mali: e questa è una di quelle.
LUCREZIA  Dio el voglia!
FRA TIMOTEO  Io voglio tornare a quello, ch'io dicevo prima. Voi avete, quanto alla conscienzia, a pigliare questa generalità [15], che, dove è un bene certo ed un male incerto, non si debbe mai lasciare quel bene per paura di quel male. Qui è un bene certo, che voi ingraviderete, acquisterete una anima a messer Domenedio; el male incerto è che colui che iacerà, dopo la pozione, con voi, si muoia; ma e' si truova anche di quelli che non muoiono. Ma perché la cosa è dubia, però è bene che messer Nicia non corra quel periculo. Quanto allo atto, che sia peccato, questo è una favola, perché la volontà è quella che pecca, non el corpo; e la cagione del peccato è dispiacere al marito, e voi li compiacete; pigliarne piacere, e voi ne avete dispiacere. Oltr'a di questo, el fine si ha a riguardare in tutte le cose: el fine vostro si è riempiere una sedia in paradiso, e contentare el marito vostro. Dice la Bibia che le figliuole di Lotto, credendosi essere rimase sole nel mondo, usorono con el padre; [16] e, perché la loro intenzione fu buona, non peccorono.
LUCREZIA  Che cosa mi persuadete voi?
SOSTRATA  Làsciati persuadere, figliuola mia. Non vedi tu che una donna, che non ha figliuoli, non ha casa? Muorsi el marito, resta come una bestia, abandonata da ognuno.
FRA TIMOTEO  Io vi giuro, madonna, per questo petto sacrato, che tanta conscienzia [17] vi è ottemperare in questo caso al marito vostro, quanto vi è mangiare carne el mercoledì, che è un peccato che se ne va con l'acqua benedetta.
LUCREZIA  A che mi conducete voi, padre?
FRA TIMOTEO  Conducovi a cose, che voi sempre arete cagione di pregare Dio per me; e più vi satisfarà questo altro anno [18] che ora.
SOSTRATA  Ella farà ciò che voi volete. Io la voglio mettere stasera al letto io. Di che hai tu paura, moccicona? [19] E' ci è cinquanta donne, in questa terra, che ne alzerebbono le mani al cielo.
LUCREZIA  Io sono contenta: ma io non credo mai essere viva domattina.
FRA TIMOTEO  Non dubitar, figliuola mia: io pregherrò Iddio per te, io dirò l'orazione dell'Angiolo Raffaello [20], che ti accompagni. Andate, in buona ora, e preparatevi a questo misterio, ché si fa sera.
SOSTRATA  Rimanete in pace, padre.
LUCREZIA  Dio m'aiuti e la Nostra Donna, che io non càpiti male.





[1] Io non so chi di noi due abbia truffato l'altro (se io o Ligurio).

[2] Con la prima fandonia (allude al dialogo di III.4). [3] È pur vero che sono stato imbrogliato.
[4] Tuttavia, questo imbroglio è a mio vantaggio. [5] Posso guadagnare molto denaro.
[6] Temo di incontrare molte difficoltà. [7] Ma io la convincerò puntando sulla sua bontà.
[8] La quale è di malvagità bestiale.


[9] Non ti consiglierei mai qualcosa di inopportuno.
[10] Che la cosa non costituisce peccato.
[11] Io sono stata in sospetto, titubante. [12] Allude al fatto narrato in III.2.












[13] Scherzate.





[14] Normali, consuete.



[15] Voi dovete assumere questa come regola generale.





[16] Timoteo allude all'episodio biblico delle figlie di Lot (Gen.19) in cui si dice che esse giacquero col padre pensando che non ci fossero altri uomini al mondo.
[17] Che tanta responsabilità morale.



[18] L'anno prossimo (allude al futuro parto).
[19] Sciocca, bambinona.

[20] Timoteo si riferisce forse a un passo biblico (Tobia 6) in cui l'arcangelo Raffaele spiega a Tobia come dovrà accostarsi alla casta Sara.


Interpretazione complessiva

  • Nel breve monologo della scena IX il perfido Timoteo si mostra in tutta la sua ipocrisia, manifestando anche una notevole astuzia e capacità di leggere le intenzioni del prossimo: in un primo incontro Ligurio gli aveva fatto credere di voler far abortire una giovane monaca rimasta incinta (III.4), mentre solo in seguito gli aveva rivelato le sue vere intenzioni su Lucrezia (III.6), per cui il religioso comprende che il parassita ha prima voluto sondare le sue intenzioni con un falso racconto e poi, rassicurato, gli ha spiegato l'imbroglio ai danni di Nicia. In ogni caso il frate sa che la cosa tornerà a suo vantaggio e che potrà spillare molto denaro al ricco e sciocco Nicia, perciò il motivo che lo spingerà ad agire sarà il più bieco e materiale interesse. Nella scena XI egli convincerà la timorosa Lucrezia ricorrendo alla sua abilità dialettica, anzitutto minimizzando il rischio che l'infuso di mandragola da lei bevuto possa uccidere chi giacerà con lei ("e' si truova anche di quelli che non muoiono", mentre Callimaco aveva detto il contrario a Nicia), poi persuadendola con argomenti capziosi che l'atto adulterino non costituirà peccato, dal momento che Lucrezia obbedirà al marito, citando addirittura l'episodio biblico delle figlie di Lot che si unirono al padre, riferimento che naturalmente qui è del tutto fuori luogo. Il frate è addirittura blasfemo quando afferma che il peccato compiuto da Lucrezia sarebbe di natura veniale e verrebbe cancellato con l'acqua benedetta, come "mangiare carne el mercoledì" (in realtà secondo la dottrina cristiana è il venerdì il giorno in cui è proibito mangiare carne, per rispetto alla morte di Cristo). Tutto il passo riprende molto da vicino la novella del Decameron (VII.3) in cui frate Rinaldo ricorre ad argomenti dottrinali altrettanto fallaci per convincere Agnesa ad andare a letto con lui, convincendola addirittura che tale atto non sarebbe peccato in quanto i due sono stretti dal vincolo del "comparatico" (cioè il religioso ha tenuto a battesimo il figlio di lei).
  • Particolarmente odiosa appare in queste scene la figura di Sostrata, la madre di Lucrezia che vuole convincerla ad ogni costo a sottomettersi alla volontà del marito: la donna ignora l'inganno ai danni del genero e motiva la sua ostinazione augurandosi che la figlia possa avere figli, poiché "una donna, che non ha figliuoli, non ha casa" e una volta morto il marito, "resta come una bestia, abandonata da ognuno" (dunque ella è spinta in fondo dall'interesse, non diversamente da Timoteo che mira al denaro di Nicia). Già nel breve dialogo della scena X, prima di incontrare il frate, Sostrata ha detto a Lucrezia che il parere del religioso sarà dirimente ("Tu parlerai al frate, vedrai quello che ti dirà") e in seguito darà manforte a Timoteo deridendo la figlia per la sua ingenuità, chiamandola "moccicona" (sciocca) e affermando che qualunque altra donna sarebbe ben contenta di fare lo stesso al suo posto, cioè tradire l'anziano marito con uno sconosciuto per restare incinta. Timoteo aveva del resto qualificato Sostrata definendola "una bestia" e in precedenza lo stesso Callimaco aveva detto di lei che "è suta buona compagna", cioè ha condotto vita dissoluta in gioventù (► TESTO: L'amore di Callimaco).
  • Tra le rappresentazioni moderne della Mandragola vi è anche la versione televisiva di Roberto Guicciardini, con Giuseppe Pambieri e Rosita Toros nei ruoli di Callimaco e Lucrezia, quest'ultima protagonista insieme a Timoteo (Duilio Del Prete) e Sostrata (Elsa Merlini) della sequenza relativa al passo analizzato (► TEATRO: La Mandragola).

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