Letteratura italiana
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Francesco Petrarca


«Fiamma dal ciel su le tue treccie piova»
(Canzoniere, 136)

Il componimento fa parte di un gruppo di tre testi (questo e i due sonetti che seguono nella raccolta) dedicati alla critica della corruzione ecclesiastica, in particolare della Curia papale di Avignone in cui l'autore aveva lavorato e che qui stigmatizza per l'avidità di denaro mostrata dagli ecclesiastici che, in questo senso, sono molto diversi dagli esponenti della Chiesa primitiva caratterizzata dalla povertà evangelica. Petrarca rappresenta la Curia come una donna perfida e corrotta invocando su di essa la punizione divina, proprio come nel sonetto successivo paragonerà Avignone a una "avara Babilonia" che ha colmato la misura suscitando l'ira di Dio.

► PERCORSO: La lirica amorosa
► AUTORE: Francesco Petrarca
► OPERA: Canzoniere





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Fiamma dal ciel su le tue treccie piova,
malvagia, che dal fiume et da le ghiande
per l’altrui impoverir se’ ricca et grande,
poi che di mal oprar tanto ti giova;

nido di tradimenti, in cui si cova
quanto mal per lo mondo oggi si spande,
de vin serva, di lecti et di vivande,
in cui Luxuria fa l’ultima prova.

Per le camere tue fanciulle et vecchi
vanno trescando, et Belzebub in mezzo
co’ mantici et col foco et co li specchi.

Già non fostú nudrita in piume al rezzo,
ma nuda al vento, et scalza fra gli stecchi:
or vivi sí ch’a Dio ne venga il lezzo.
Una fiamma dal cielo possa cadere sulle tue trecce, o malvagia donna [Avignone], che sei diventata ricca e potente dopo aver bevuto l'acqua del fiume e aver mangiato le ghiande in passato, grazie all'impoverimento degli altri, dato che trai vantaggio dalle tue diaboliche operazioni; tu sei un nido di tradimenti, in cui alligna tutto il male che oggi è sparso per il mondo, sei una serva del vino, dei letti e del cibo, in cui la lussuria tocca il fondo della corruzione.

Nelle tue stanze compiono tresche fanciulle e vecchi, mentre Belzebù sta al centro con i mantici, il fuoco e gli specchi.


Tu non fosti allevata tra le comodità e al fresco, ma nuda ed esposta alle intemperie [poveramente], e scalza tra gli sterpi: ora vivi in modo tale da far arrivare la tua puzza a Dio.



Interpretazione complessiva

  • Metro: sonetto con schema della rima ABBA, ABBA, CDC, DCD. La lingua presenta vari latinismi, tra cui "et" (v. 2 e ss.), "lecti" (v. 7), "Luxuria" (v. 8). Al v. 12 "fostù" (fosti tu) è una forma sincopata non infrequente nel volgare delle Origini, come "vedestù" (vedesti tu, usato ad es. da Dante in Inf., VIII, 127).
  • Nel testo Petrarca paragona la Curia papale di Avignone a una donna diabolica e tentatrice, attraverso il riferimento alle "treccie" e identificandola in modo allusivo con la città di Babilonia che spesso era usata come immagine della corruzione terrena, contrapposta alla Gerusalemme celeste: l'autore sottolinea il decadimento della Chiesa rispetto a quella delle origini, in cui i primi cristiani vivevano poveramente bevendo l'acqua dei fiumi e cibandosi di ghiande (tradizionalmente l'alimento dei poveri in tempo di carestia), mentre ora la Chiesa è diventata "ricca" ed è allevata "in piume al rezzo", tra le comodità e gli agi. Il discorso è analogo a quello che Dante mette in bocca a S. Pietro nella sua tremenda invettiva di Par., XXVII, in cui il primo pontefice critica aspramente i papi simoniaci del Trecento e sottolinea che la Chiesa è caduta in basso rispetto al suo "buon principio", quando i pontefici venivano martirizzati (► TESTO: L'invettiva di S. Pietro).
  • Tra le accuse mosse da Petrarca alla Curia avignonese c'è soprattutto quella morale, poiché essa è diventata ai suoi occhi un "nido di tradimenti" in cui i prelati sono dediti al peccato di gola (attraverso il riferimento al "vin" e alle "vivande", poste in rima con "ghiande" creando un voluto contrasto) e a quelli carnali, con il richiamo ai "lecti" e alle "fanciulle" (anche la stessa Curia era paragonata a una giovane e bella donna con le trecce bionde). Al centro di questo luogo di corruzione regna il diavolo in persona, indicato col termine di Belzebù, intento ad alimentare il fuoco del peccato coi "mantici" (strumenti per soffiare sulle fiamme) e a fomentare la vanità femminile con gli "specchi", anche qui strumento diabolico di tentazione come nel sonetto 46 (► TESTO: L'oro et le perle). Anche nel sonetto 137, L'avara Babilonia à colmo il sacco, Avignone è paragonata a Babilonia e accusata di aver fatto come suoi idoli "Venere et Bacco", sottolineando proprio la dedizione degli ecclesiastici al vino e al sesso. Qui viene invocata una non meglio precisata punizione divina contro la Curia, proprio come farà l'autore anche nel sonetto 137 in cui auspica l'avvento di un papa riformatore (detto polemicamente "soldano") che riporterà la Chiesa all'antica purezza, secondo un motivo che ricorreva spesso anche nella Commedia dantesca.


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