Francesco Petrarca
«Piangete, donne, et con voi pianga Amore»
(Canzoniere, 92)
Composto nel 1337 in occasione della morte di Cino da Pistoia, il sonetto commemora il poeta vicino allo Stilnovo e invita le donne e l'Amore a piangerlo, compresi i suoi concittadini che l'avevano ingiustamente esiliato nel 1303.
► PERCORSO: La lirica amorosa
► AUTORE: Francesco Petrarca
► OPERA: Canzoniere
► PERCORSO: La lirica amorosa
► AUTORE: Francesco Petrarca
► OPERA: Canzoniere
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Piangete, donne, et con voi pianga Amore;
piangete, amanti, per ciascun paese, poi ch'è morto collui che tutto intese in farvi, mentre visse, al mondo honore. Io per me prego il mio acerbo dolore, non sian da lui le lagrime contese, et mi sia di sospir tanto cortese, quanto bisogna a disfogare il core. Piangan le rime anchor, piangano i versi, perché 'l nostro amoroso messer Cino novellamente s'è da noi partito. Pianga Pistoia, e i citadin perversi che perduto ànno sí dolce vicino; et rallegresi il cielo, ov'ello è gito. |
Piangete, o donne, e anche l'amore pianga con voi; piangete, o amanti, in ogni paese, poiché è morto colui [Cino da Pistoia] che cercò con tutto se stesso di onorarvi nel mondo, finché fu in vita.
Io per parte mia prego il mio aspro dolore affinché non mi sottragga le lacrime e mi conceda i sospiri necessari a sfogare il mio cuore. Piangano anche le rime e i versi, poiché il nostro messer Cino pieno d'amore da poco tempo ci ha lasciati. Pianga la città di Pistoia e i suoi malvagi abitanti che hanno perduto un concittadino tanto dolce; e si rallegri il cielo, dove lui è andato. |
Interpretazione complessiva
- Metro: sonetto con schema della rima ABBA, ABBA, CDE, CDE (con B, C in forte assonanza, come pure D, E). La lingua presenta vari latinismi, tra cui "et" (v. 1 e ss.), "honore" (v. 4), "anchor" (v. 9, di tipo grafico). Al v. 13 "vicino" significa "concittadino", come in Dante (Par., XVII, 97: "Non vo’ però ch’a’ tuoi vicini invidie"). Presenza dell'anafora "Piangete" ai vv. 1-2 e di "Pianga(n)" ai vv. 9 e 12.
- Cino da Pistoia (1270-1337 ca.) studiò diritto a Bologna e fu soprattutto insigne giurista, insegnante tra gli altri di Boccaccio a Napoli, e si dedicò alla poesia amorosa ispirandosi a Dante (che lo cita in termini elogiativi nel De vulgari eloquentia) e in generale allo Stilnovo, da cui pure si allontana prefigurando le forme poetiche di Petrarca che pure lo conobbe e ammirò. Questo sonetto vuol essere un omaggio in occasione della sua morte ed è un invito che Petrarca rivolge ad Amore, alle donne (secondo il motivo stilnovista del pubblico femminile), alle rime e ai versi affinché piangano per lui, che cercò di onorare i suoi lettori mentre era nel mondo; lo stesso autore spera di poter versare lacrime, essendo costantemente in pena per l'amore infelice di Laura, per cui chiede al suo "acerbo dolore" di concedergli lacrime e sospiri sufficienti per dare sfogo al cordoglio per l'amico scomparso. Il riferimento ai "citadin perversi" di Pistoia nasce dall'esilio patito da Cino nel 1303, in seguito alle vicende politiche del suo Comune (era Guelfo di parte nera), e a Pistoia rientrò in modo definitivo nel 1333 venendo poi eletto gonfaloniere.