Dante Alighieri
L'invocazione alla Vergine
(Paradiso, XXXIII, 1-39)
Dante è ormai pronto ad affrontare la visione di Dio, tappa finale del suo viaggio nell'Oltretomba, ma prima di fissare lo sguardo nella mente divina san Bernardo deve rivolgere un'appassionata preghiera alla Vergine, affinché Maria interceda presso l'Altissimo e sia concesso al poeta il privilegio di penetrare i misteri dell'universo pur essendo ancora in possesso del corpo mortale. L'invocazione a Maria occupa la prima parte del canto e costituisce uno degli inni mariani più intensi della poesia religiosa delle Origini, non a caso attribuito a un seguace del culto della Vergine quale Bernardo di Chiaravalle.
► PERCORSO: La poesia religiosa
► AUTORE: Dante Alighieri
► OPERA: Divina Commedia
► PERCORSO: La poesia religiosa
► AUTORE: Dante Alighieri
► OPERA: Divina Commedia
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«Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura, termine fisso d’etterno consiglio, tu se’ colei che l’umana natura nobilitasti sì, che ‘l suo fattore non disdegnò di farsi sua fattura. Nel ventre tuo si raccese l’amore, per lo cui caldo ne l’etterna pace così è germinato questo fiore. Qui se’ a noi meridiana face di caritate, e giuso, intra ‘ mortali, se’ di speranza fontana vivace. Donna, se’ tanto grande e tanto vali, che qual vuol grazia e a te non ricorre sua disianza vuol volar sanz’ali. La tua benignità non pur soccorre a chi domanda, ma molte fiate liberamente al dimandar precorre. In te misericordia, in te pietate, in te magnificenza, in te s’aduna quantunque in creatura è di bontate. Or questi, che da l’infima lacuna de l’universo infin qui ha vedute le vite spiritali ad una ad una, supplica a te, per grazia, di virtute tanto, che possa con li occhi levarsi più alto verso l’ultima salute. E io, che mai per mio veder non arsi più ch’i’ fo per lo suo, tutti miei prieghi ti porgo, e priego che non sieno scarsi, perché tu ogne nube li disleghi di sua mortalità co’ prieghi tuoi, sì che ‘l sommo piacer li si dispieghi. Ancor ti priego, regina, che puoi ciò che tu vuoli, che conservi sani, dopo tanto veder, li affetti suoi. Vinca tua guardia i movimenti umani: vedi Beatrice con quanti beati per li miei prieghi ti chiudon le mani!». |
«O Vergine Madre, figlia del tuo stesso Figlio [di Cristo-Dio], la più umile e la più alta di tutte le creature, termine fisso della sapienza divina, tu sei quella che ha nobilitato la natura umana a tal punto che il suo Creatore non disdegnò di diventare sua creatura [con l'Incarnazione].
Nel tuo grembo si riaccese l'amore tra Dio e l'uomo, grazie al cui ardore nella pace eterna è germogliato questo fiore [la rosa celeste dei beati]. Qui per noi tu sei una fiaccola lucente di carità e sulla Terra, fra i mortali, sei una viva fonte di speranza. Donna, sei così grande e hai così grande valore che, se uno vuole una grazia e non ricorre alla tua intercessione, è come se il suo desiderio volesse volare senza le ali. La tua benevolenza non solo risponde a chi la domanda, ma molte volte anticipa spontaneamente la richiesta. In te vi sono misericordia, pietà, liberalità, in te si raccoglie tutta la bontà che può esservi in una creatura. Ora costui [Dante], che dal profondo dell'Inferno fino a qui ha visto la condizione tutte le anime dopo la morte, supplica che tu gli conceda, per tua grazia, quella virtù sufficiente perché possa sollevarsi più in alto, verso l'ultima salvezza [guardare Dio]. E io, che non ho mai desiderato di veder Dio più di quanto desideri ardentemente che lo veda lui, ti porgo tutte le mie preghiere e prego che siano sufficienti, affinché tu dissolva in lui ogni velo di mortalità con le tue preghiere a Dio, cosicché gli venga mostrata la suprema beatitudine. Ti prego inoltre, o Regina che puoi ottenere tutto ciò che vuoi, che tu conservi intatti i suoi sensi dopo una simile visione. La tua custodia vinca i suoi sentimenti umani: vedi Beatrice e tutti gli altri beati che uniscono le mani unendosi alla mia preghiera!» |
Interpretazione complessiva
- Il passo si può dividere in due momenti, dei quali il primo (vv. 1-21) costituisce una sorta di captatio benevolentiae con cui san Bernardo elogia la figura di Maria ricalcando in parte le immagini tradizionali dell'innografia, mentre il secondo (vv. 22-39) contiene la richiesta alla Vergine affinché interceda presso Dio e consenta a Dante di affrontare la visione finale del viaggio. L'inizio del brano è solenne e ricco di sottigliezze retoriche, anzitutto con una serie di ossimori ("Vergine madre", "figlia del tuo figlio") che evidenziano il carattere eccezionale dell'esperienza di Maria che è al tempo stesso madre e figlia di Cristo-Dio, analogamente all'antitesi "fattore/fattura" in posizione rima (vv. 5-6); inoltre il ventre della Vergine è definito come il luogo in cui si è riacceso l'amore tra Dio e gli uomini dopo il peccato originale e dove è germogliato il "fiore" rappresentato dalla rosa celeste dei beati (in cui Maria, come è stato mostrato in precedenza, occupa una posizione centrale). La Vergine è poi paragonata a una "face" (una fiaccola) e a una "fontana", dunque ancora con l'antitesi delle immagini del fuoco e dell'acqua, mentre l'elogio di Maria si conclude ai vv. 19-20 con la quadruplice anafora di "in te" disposta all'inizio di ogni emistichio in posizione parallela. Ai vv. 29-30 è presente un poliptoto ("prieghi/priego", in allitterazione con "porgo"), ripreso ancora al v. 32 ("prieghi"), al v. 34 ("priego") e al v. 39 ("prieghi"), con l'immagine finale di Beatrice e degli altri beati che uniscono le mani proprio in segno di preghiera.
- Nella supplica alla Vergine san Bernardo spiega che Dante è giunto fin lì "da l’infima lacuna / de l’universo", cioè dalla profondità dell'Inferno, mentre ora desidera "levarsi" con lo sguardo verso la visione finale di Dio, dunque l'immagine potente usata dal santo è quella di una elevazione dal punto più basso del mondo a quello più alto, per compiere la quale al poeta è indispensabile la grazia divina. L'ostacolo per Dante è rappresentato dalla sua "mortalità" e dal fatto che i suoi sensi sono ancora imprigionati dentro un corpo in carne e ossa, perciò Maria dovrà togliergli il "velo" di questa sua fisicità e consentirgli la visione conservando "sani" i suoi "affetti", senza cioè che il poeta venga incenerito dalla visione che eccede i limiti della sua umanità. Tale esperienza straordinaria non potrà avvenire senza la "guardia", la custodia della Vergine e infatti ai vv. 82-84 Dante spiegherà di aver fitto lo sguardo nella mente divina spingendosi al limite estremo delle sue capacità, quasi "consumando" la propria capacità visiva.
- San Bernardo di Chiaravalle (1090-1153) è stato uno dei più importanti padri della Chiesa del Basso Medioevo, difensore dell'Ordine cisterciense e grande cultore di Maria, in onore della quale scrisse vari sermoni, definito Doctor mellifluus per l'efficacia dei suoi scritti liturgici: Dante lo introduce nel Paradiso al canto XXXI come terza e ultima guida del viaggio, nel momento in cui Beatrice riprende il suo posto nella rosa dei beati ed è di fatto sostituita dal santo che illustrerà al poeta il criterio di disposizione dei beati nella rosa. Bernardo rappresenta probabilmente il lumen gloriae, ovvero il fulgore divino che consente a Dante di cogliere la pienezza della visione divina, e non sorprende che proprio a lui il poeta attribuisca la preghiera alla Vergine che apre l'ultimo canto del Paradiso, dal momento che Bernardo era un mistico e lui stesso si definisce "fedele" al culto di Maria (XXXI, 100-102), aggiungendo inoltre di ardere "tutto d'amor" per Maria la quale renderà "ogne grazia".
- Dell'intero canto XXXIII Vittorio Gassman realizzò una lettura, preceduta da una breve introduzione, nella trasmissione televisiva Gassman legge Dante, andata in onda nel 1993 su RAI 1 per la regia di R. Rubini (► VIDEO: Gassman legge Dante).