Francesco Guicciardini
I consiglieri del principe
(Ricordi, 3, 52, 88, 90)
Grande spazio ha nei "Ricordi" la riflessione sul potere, in virtù della decennale esperienza che l'autore aveva accumulato nel servizio alla Repubblica e, soprattutto, ai due papi Medici: in particolare Guicciardini teorizza il ruolo delicatissimo del ministro di governo, che deve essere qualificato e dimostrare grande "sufficienza", e osserva quanto difficile sia fare il consigliere del principe, dal momento che il funzionario di corte dipende in tutto e per tutto dal suo signore e ciò può causare forti disillusioni dopo una vita spesa nella vita politica, nel che si legge forse un'amara nota autobiografica.
► PERCORSO: Il Rinascimento
► AUTORE: Francesco Guicciardini
► PERCORSO: Il Rinascimento
► AUTORE: Francesco Guicciardini
3
Vedesi per esperienzia che e prìncipi, ancora che [1] grandi, hanno carestia [2] grandissima di ministri bene qualificati; di questo nessuno si maraviglierà quando e prìncipi non hanno tanto giudicio che sappino cognoscere gli uomini, o quando sono sì avari che non gli vogliono premiare; ma pare bene da maravigliarsene ne' prìncipi che mancano di questi dua difetti; perché si vede quanto gli uomini di ogni sorte desiderano servirgli, e quanta comodità loro abbino di beneficargli. Nondimeno non debbe parere sì maraviglioso a chi considera la cosa in sé più profondamente; perché uno ministro di uno principe, io parlo di chi ha a servire di cose grande, bisogna che sia di estraordinaria sufficienza [3], e di questi si truovano rarissimi; e oltre a questo è necessario sia di grandissima fede e integrità, e questa è forse piú rara che la prima; in modo che, se non facilmente si truovano uomini che abbino alcuna di queste dua parte, quanto piú rari si troveranno quegli che l'abbino tutt'a dua! Questa difficultá modererebbe assai uno principe prudente, e che non si riducessi a pensare giornalmente a quello che gli bisogna [4]; ma anticipando col pensiere, scegliessi ministri non ancora fatti, e quali esperimentando di cosa in cosa e beneficando, si assuefacessino alle faccende [5] e si mettessino nella servitù sua; perché è difficile trovare in uno tratto uomini fatti della qualità detta di sopra, ma si può bene sperare col tempo di fargli. [...] 52 Si vede per esperienzia che quasi tutti quelli che sono stati ministri a acquistare grandezza a altri, in progresso di tempo restano seco in poco grado [6]; la ragione si dice essere, perché avendo cognosciuto la sufficienzia sua, teme non possa uno giorno tôrgli [7] quello che gli ha dato. Ma non è forse manco perché quello tale, parendogli avere meritato assai, vuole piú che non se gli conviene; il che non gli sendo concesso, diventa mal contento [8]; donde tra lui ed el principe nascono gli sdegni e le suspizione. [9] 88 Uno principe o chi è in faccende grande non solo debbe tenere segrete le cose che è bene che non si sappino, ma ancora avezzare sé e e suoi ministri a tacere tutte le cose etiam minime e che pare che non importino, da quelle in fuora [10] che è bene che siano note. Così, non si sapendo da chi ti è intorno né da' sudditi e fatti tuoi, stanno sempre gli uomini sospesi e quasi attoniti, ed ogni tuo piccolo moto e passo è osservato. 90 Chi depende dal favore de' prìncipi sta appiccato a ogni gesto, a ogni minimo cenno loro, in modo che facilmente salta a ogni piacere loro, il che è stato spesso cagione agli uomini di danni grandi. Bisogna tenere bene el capo fermo a non si lasciare levare leggermente da loro a cavallo, né si muovere se non per le sustanzialitá. [11] |
[1] Benché. [2] Mancanza, scarsità. [3] Abilità, capacità. [4] A pensare giorno per giorno ciò di cui ha bisogno. [5] Si abituassero agli affari di Stato. [6] Si ritrovano con pochi vantaggi personali. [7] Teme che un giorno possa togliergli. [8] E se non gli viene concesso, diventa insoddisfatto. [9] E i sospetti. [10] Eccetto quelle. [11] Bisogna essere saldi e non lasciarsi trasportare facilmente, se non per le cose davvero utili. |
Interpretazione complessiva
- Il rapporto tra il principe e i suoi consiglieri interessa molto Guicciardini, che conosceva bene la materia avendo lui ricoperto questo ruolo per quasi tutta la vita, e nei Ricordi il punto di vista è quasi ribaltato rispetto al Principe di Machiavelli, dal momento che qui si analizza piuttosto il difficile ruolo di chi, da funzionario pubblico, deve assistere il suo signore (sia questi un papa o il duca di Firenze) mostrandosi all'altezza del compito: l'autore sottolinea che è difficile trovare ministri "qualificati" che sappiano fare bene il loro lavoro, dal momento che gli uomini capaci e onesti sono assai rari, così sarebbe preferibile "formare" gli uomini di governo prima che questi arrivino ai più alti incarichi, con una visione moderna che anticipa in parte scelte che saranno fatte nell'Europa del tardo Cinquecento (ad es. con i collegi gesuitici, scuole di formazione per la classe dirigente). In questo si vede forse la maggiore esperienza politica di Guicciardini rispetto all'amico Machiavelli, che nel Principe si limitava a suggerire al sovrano di evitare di circondarsi di adulatori e di invitare i suoi consiglieri a dire sempre tutto ciò che pensavano, cosa che nella concreta pratica del governo non sempre è possibile (specie quando il sovrano al potere è un tiranno con poteri assoluti; ► TESTO: La tirannide).
- La condizione che il consigliere del sovrano vive nell'ambiente di governo ricorda molto quella del "cortigiano" descritta da altri autori del Cinquecento, ad es. Ariosto che tale ruolo ricopriva malvolentieri nella Ferrara degli Este: il ministro del principe dipende da lui in ogni minimo dettaglio, il signore può dare o togliere il suo favore in modo capriccioso e imprevedibile, né una condotta moralmente impeccabile preserva contro i rischi di ingratitudine o di rivalsa (specie nel caso in cui il ministro sia così bravo da rischiare di fare ombra al sovrano, che può quindi decidere di eliminarlo per questo solo motivo). In altri casi la rovina del consigliere può dipendere dalla sua eccessiva ambizione, dal volere onori superiori a quelli ricevuti, per cui nascono sospetti e incomprensioni tra lui e il signore che causano talvolta conseguenze assai spiacevoli. La figura del cortigiano-funzionario subirà un'ulteriore evoluzione nell'età della Controriforma e la sua libertà sarà progressivamente ridotta, come la triste vicenda personale di Tasso a Ferrara dimostrerà in modo evidente (► AUTORE: Torquato Tasso).