Letteratura italiana
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S. Francesco d'Assisi


Cantico delle creature

È probabilmente il primo testo poetico in volgare italiano giunto sino a noi e si presenta come una "lauda" in cui il santo scioglie un commosso inno alla potenza di Dio, attraverso l'elenco degli elementi del creato che vengono quasi invitati a unirsi a lui in una preghiera comune. Il componimento risale agli ultimi anni di vita di S. Francesco (1224-1226) e secondo un'ipotesi sarebbe stato scritto in due momenti successivi, di cui il secondo nell'imminenza della morte (risalirebbero ad allora gli ultimi versi sulle malattie e la morte, che stonano in parte con la serena contemplazione della prima parte). Non è certo che il testo fosse accompagnato dalla musica e destinato così alla recitazione, oppure destinato alla lettura come preghiera, anche se l'intonazione ricorda molto i cantici religiosi della tradizione biblica. La lingua è il volgare umbro con l'inserzione di molti latinismi e una grafia latineggiante che in parte è ancora incerta, conformemente a molti testi poetici delle Origini.

► PERCORSO: La poesia religiosa
► TESTO: La vita di S. Francesco (Par., XI, 43-117)








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Altissimu, onnipotente, bon Signore,
tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione.

Ad te solo, Altissimo, se konfano,
et nullu homo ène dignu te mentovare.

Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le tue creature,
spetialmente messor lo frate sole,
lo qual’è iorno, et allumini noi per lui.
Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:
de te, Altissimo, porta significatione.

Laudato si’, mi’ Signore, per sora luna e le stelle:
in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle.

Laudato si’, mi’ Signore, per frate vento
et per aere et nubilo et sereno et onne tempo,
per lo quale a le tue creature dài sustentamento.

Laudato si’, mi’ Signore, per sor’aqua,
la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.

Laudato si’, mi’ Signore, per frate focu,
per lo quale ennallumini la nocte:
ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte.

Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre terra,
la quale ne sustenta et governa,
et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.

Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore
et sostengo infirmitate et tribulatione.

Beati quelli ke ’l sosterrano in pace,
ka da te, Altissimo, sirano incoronati.

Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra morte corporale,
da la quale nullu homo vivente pò skappare:
guai a·cquelli ke morrano ne le peccata mortali;
beati quelli ke trovarà ne le tue sanctissime voluntati,
ka la morte secunda no ’l farrà male.

Laudate e benedicete mi’ Signore et rengratiate
e serviateli cum grande humilitate.
Altissimo, onnipotente, buon Signore, tue sono le lodi, la gloria, l'onore e ogni benedizione.

Solo a Te, Altissimo, si addicono, e nessun uomo è degno di menzionarti.

Sii lodato, o mio Signore,
con tutte le tue creature, specialmente messer fratello sole, che è giorno e attraverso il quale ci illumini. Ed esso è bello, raggiante e con grande splendore: esso simboleggia Te, Altissimo.

Sii lodato, o mio Signore, per sorella lune e le stelle; le hai create in cielo, chiare, preziose e belle.

Sii lodato, o mio Signore, per fratello vento e per l'aria serena e nuvolosa e ogni tempo, grazie al quale dai il nutrimento alle tue creature.

Sii lodato, o mio Signore, per sorella acqua, la quale è molto utile, umile, preziosa e pura.

Sii lodato, o mio Signore, per fratello fuoco, grazie al quale illumini la notte: ed esso è bello e gioioso, vigoroso e forte.

Sii lodato, o mio Signore, per nostra sorella madre terra, che ci sostiene e nutre, e produce diversi frutti con fiori colorati ed erba.

Sii lodato, o mio Signore, per quelli che perdonano per il tuo amore e sopportano malattie e tribolazioni.

Beati quelli che sopporteranno
questo in pace, poiché saranno incoronati da te, Altissimo.

Sii lodato, o mio Signore, per nostra sorella la morte del corpo, dalla quale nessun uomo mortale può sfuggire: guai a quelli che moriranno in peccato mortale; beati quelli che essa troverà nella Tua santissima volontà, poiché la seconda morte non farà loro male.

Lodate e benedite il mio Signore e ringraziatelo, e servitelo con grande umiltà.


Interpretazione complessiva

  • Il testo, noto anche col titolo Cantico di frate sole e Laudes creaturarum, è diviso in dodici "lasse" formate da un numero variabile di versi (da due a cinque) non riconducibili a una precisa forma metrica, per cui si parla di "prosa ritmica". Non c'è un vero e proprio schema della rima e accanto a rime perfette (ad es. vv. 10-11, 12-14, 31-32) vi sono numerose assonanze, come i vv. 1-2 (-ore/-one) e 5-9 (-ure/-ore, -ole/-one). L'andamento ritmico ricorda quello dei cantici biblici e ciò avvalora l'ipotesi che il testo fosse destinato alla lettura come momento liturgico e di preghiera.
  • La lingua è il volgare umbro parlato da Francesco, di cui sono spie le molte terminazioni in -u (v. 1, altissimu, v. 4, nullu... dignu), benché molte parole abbiano grafia latineggiante, tra cui honore e benedictione (v. 2), tucte e cum (5), et (2, 5, etc.), pretiose (11). È molto discusso il valore della preposizione per ripetuta varie volte nel Cantico, anche se probabilmente il significato è "per mezzo di", "grazie a" (Dio è lodato attraverso tutti gli elementi del creato): alcuni studiosi propongono un valore causale, mentre è poco plausibile il significato "da parte di" derivato dal par francese.
  • La lauda è perfettamente equilibrata nelle sue varie parti, poiché dopo un primo inno alla potenza del Signore (vv. 1-4) segue l'elenco degli elementi del creato che devono concorrere alla lode di Dio, a cominciare dagli astri (sole, luna e stelle, vv. 5-11), per poi citare i quattro elementi naturali, ovvero l'aria come vento (vv. 12-14) l'acqua (15-16), il fuoco (17-19), la terra (20-22), ciascuno dei quali è visto come qualcosa che fornisce agli uomini ciò di cui hanno bisogno per vivere (l'acqua dà sustentamento alle creature, l'acqua è pretiosa, il fuoco illumina la notte, la terra ci sustenta et governa). L'ultima parte sposta l'attenzione sull'uomo e sulla sua natura mortale, per cui sono benedetti coloro che sopportano con pazienza le infermità fisiche e muoiono in grazia di Dio, poiché la morte secunda (la morte dell'anima, la dannazione) non potrà danneggiarli. I versi finali solo in apparenza sono dissonanti col resto del componimento, poiché la gioiosa contemplazione del creato non può andare disgiunta dal timore del giudizio divino e dal rischio della dannazione eterna, anche se siamo lontani dal misticismo esasperato di Jacopone da Todi.


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