Matteo Maria Boiardo
«Ne la proterva età lubrica e frale»
(Amorum libri tres, III, 60)
È il sonetto conclusivo del terzo libro e dell'opera, in cui Boiardo riconosce in modo definitivo il carattere vano e peccaminoso del suo amore per la Caprara e invoca l'assistenza e l'aiuto di Dio, dal quale richiede la pietà necessaria a perdonare le sue colpe e farlo così ritornare al cielo. La lirica è esemplare dei temi religiosi che, almeno in parte, dominano il terzo libro del canzoniere, anche se è vistosa l'imitazione del sonetto 365 di Petrarca dal quale sono riprese anche alcune citazioni quasi letterali.
► PERCORSO: L'Umanesimo
► AUTORE: Matteo Maria Boiardo
► PERCORSO: L'Umanesimo
► AUTORE: Matteo Maria Boiardo
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Ne la proterva età lubrica e frale
de amor cantava, anci piangea più spesso, per altrui sospirando; or per me stesso tardi sospiro e piango del mio male. Re de le stelle eterno et immortale, soccori me, che io son di colpe oppresso, e cognosco il mio fallo, e a te il confesso, ma sancia tua mercè nulla mi vale. L'alma, corrotta da' peccati e guasta, se è nel fangoso error versata tanto che breve tempo a lei purgar non basta. Signor, che la copristi de quel manto che a ritornar al ciel pugna e contrasta, tempra il iudizio con pietate alquanto. |
Nella mia età spavalda, nonché incline al vizio e fragile [la gioventù], cantavo d'amore, anzi spesso piangevo, sospirando per una donna; ora sospiro tardivamente per me stesso e piango la mia sventura.
O re delle stelle eterno e immortale [Dio], soccorri me che sono schiacciato dalle colpe e riconosco i miei errori, e lo confesso a Te, ma senza la Tua pietà non mi serve a nulla. L'anima, corrotta e guasta per i peccati, si è voltolata nel fango dell'errore tanto a lungo che per purgarsi le occorre molto tempo. O Signore, che la ricopristi con quel mantello [il corpo] che combatte e contrasta per ritornare al cielo, tempera il tuo giudizio con un poco di pietà. |
Interpretazione complessiva
- Metro: sonetto con schema della rima ABBA, ABBA, CDE, DEC (le terzine hanno una struttura inconsueta rispetto alla tradizione del Due-Trecento). Presenza di elementi lessicali propri del volgare emiliano, come "anci" (v. 2, anzi), "soccori" (v. 6), "sancia" (v. 8, senza). Vi sono alcuni latinismi, tra cui "et" (v. 5, petrarchismo), "iudizio" (v. 14), "umbra" (v. 7). Ai vv. 2-4 è presente un chiasmo ("piangea... sospirando/sospiro e piango"), mentre al v. 14 c'è allitterazione della "t" ("tempra il iudizio con pietate alquanto").
- La lirica chiude di fatto l'opera e ha una posizione quasi identica al sonetto 365 del Canzoniere di Petrarca, l'ultimo prima della canzone conclusiva alla Vergine, in cui l'autore del Trecento affrontava un'analoga tematica religiosa (► TESTO: I' vo piangendo i miei passati tempi): anche lui si rammaricava per la vanità dell'amore giovanile per Laura e invocava Dio chiedendo aiuto e pietà, dal momento che sentiva ormai prossimo il momento della morte, con la differenza che Petrarca usava la metafora dell'alzarsi in volo (l'elevazione spirituale) per la quale aveva forse le "ale" e che lui stesso si era tarpato a causa del suo sentimento amoroso, motivo che non è toccato da Boiardo. L'autore del Quattrocento riprende quasi letteralmente alcuni passi del sonetto di Petrarca, come il v. 5 ("Re de le stelle eterno et immortale") che ricalca il v. 6 del modello ("Re del cielo invisibile immortale") e il v. 9 ("L'alma, corrotta da' peccati e guasta"), simile al v. 7 di Petrarca ("l’alma disvïata et frale").