Letteratura italiana
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Francesco Guicciardini


Discrezione e fortuna
(Ricordi, 6, 30, 31, 35, 81, 110, 117, 186)

Nodo centrale di tutta la riflessione di Guicciardini è la consapevolezza che la realtà storica è frammentaria e soggetta all'azione del caso, da lui definito "fortuna" e il cui potere sulle vicende umane è tale da non permettere quasi mai di prevedere gli eventi futuri, né di pianificare la propria azione senza andare incontro a sorprese e delusioni. Grande importanza riveste allora la "discrezione", la capacità degli uomini (e specie di quelli di governo) di adattarsi al mutare delle circostanze della vita, non certo però obbedendo a massime generali o a modelli come affermava invece Machiavelli in tanti passi delle sue opere.

► PERCORSO: Il Rinascimento
► AUTORE: Francesco Guicciardini



6
È grande errore parlare delle cose del mondo indistintamente e assolutamente, e per dire così, per regola; perché quasi tutte hanno distinzione ed eccezione per la varietà delle circunstanzie, le quali non si possono fermare con una medesima misura [1]; e queste distinzione ed eccezione non si truovano scritte in su' libri, ma bisogna le insegni la discrezione.

30
Chi considera bene non può negare che nelle cose umane la fortuna ha grandissima potestà, perché si vede che a ogn'ora [2] ricevono grandissimi moti da accidenti fortuiti, e che non è in potestà degli uomini né a prevedergli né a schifargli [3]; e benché lo accorgimento e sollecitudine degli uomini possa moderare molte cose, nondimeno sola non basta, ma gli bisogna ancora la buona fortuna.

31
Coloro ancora, che attribuendo el tutto alla prudenza e virtù, escludono quanto possono la potestà della fortuna, bisogna almanco [4] confessino che importa assai abattersi o nascere in tempo che le virtù o qualità per le quali tu ti stimi siano in prezzo [5]: come si può porre lo esemplo di Fabio Massimo [6], al quale lo essere di natura cunctabundo [7] dette tanta riputazione, perché si riscontrò in una spezie di guerra, nella quale la caldezza era perniziosa [8], la tardità utile; in uno altro tempo sarebbe potuto essere el contrario. Però la fortuna sua consisté in questo, che e tempi suoi avessino bisogno di quella qualità che era in lui; ma chi potessi variare la natura sua secondo le condizione de' tempi, il che è difficillimo [9] e forse impossibile, sarebbe tanto manco [10] dominato dalla fortuna.

35
Quanto è diversa la pratica dalla teorica! [11] quanti sono che intendono le cose bene, che o non si ricordano o non sanno metterle in atto! Ed a chi fa cosí, questa intelligenzia è inutile; perché è come avere uno tesoro in una arca [12] con obbligo di non potere mai trarlo fuora.

81
Non abbiate mai una cosa futura tanto per certa, ancora che [13] la paia certissima, che potendo sanza guastare el vostro traino riservarvi in mano qualche cosa a proposito del contrario se pure venissi, non lo facciate [14]; perché le cose riescono bene spesso tanto fuora delle opinione commune, che la esperienzia mostra essere stata prudenzia a fare così.

110
Quanto si ingannono coloro che a ogni parola allegano [15] e Romani! Bisognerebbe avere una città condizionata come era loro, e poi governarsi secondo quello esemplo; el quale a chi ha le qualità disproporzionate è tanto disproporzionato, quanto sarebbe volere che uno asino facessi el corso di uno cavallo.

117
È fallacissimo il giudicare per gli esempli; perché se non sono simili in tutto e per tutto non servono, conciosiaché [16] ogni minima varietà nel caso può essere causa di grandissima variazione nello effetto, ed el discernere queste varietá, quando sono piccole, vuole buono e perspicace occhio.

186
Non si può in effetto procedere sempre con una regola indistinta e ferma. Se è molte volte inutile lo allargarsi nel parlare, etiam [17] cogli amici, dico di cose che meritino essere tenute segrete, da altro canto el fare che gli amici si accorghino che tu stai riservato con loro è la via a fare che anche loro faccino el medesimo teco; perché nessuna cosa fa altrui confidarsi di te, che el presupporsi che tu ti confidi di lui, e cosí, non dicendo a altri, ti togli la facultà di sapere da altri. Però ed in questo ed in molte altre cose bisogna procedere distinguendo la qualitá delle persone, de' casi e de' tempi, ed a questo è necessaria la discrezione, la quale se la natura non t'ha data, rade volte si impara tanto che basti con la esperienzia; co' libri non mai.


[1] Non si possono valutare con lo stesso metro.



[2] Continuamente
.
[3] Evitarli.




[4] Occorre almeno.
[5] Siano apprezzate, utili.
[6] Quinto Fabio Massimo, il dittatore romano che combatté Annibale nella seconda guerra punica con la tattica del temporeggiamento.
[7] Temporeggiatore. [8] La risolutezza era pericolosa. [9] Difficilissimo (latinismo). [10] Nondimeno.

[11] Dalla teoria.

[12] In uno scrigno.


[13] Anche se. [14] Che, potendo voi prendere contromisure per il caso contrario, senza snaturare la vostra condotta, non lo facciate.


[15] Citano come modelli.






[16] Poiché.




[17] Anche.


Interpretazione complessiva

  • In questo importante gruppo di aforismi Guicciardini analizza il peso della fortuna, da lui classicamente intesa come l'azione del caso sulle vicende umane, concludendo che essa ha una "grandissima potestà" e rende impossibile prevedere con esattezza gli eventi futuri, per cui non è quasi mai possibile prevenire tutti gli "accidenti" che possono compromettere i progetti degli uomini: la realtà è frammentaria e caotica e si rende necessaria la dote della "discrezione", ovvero la capacità di distinguere caso per caso e di adattarsi alle diverse circostanze della vita, qualità che per l'autore non si impara sui libri ma si acquisisce solo grazie alla diretta esperienza. Guicciardini prende ancora una volta le distanze dall'amico Machiavelli, che nel cap. XXV del Principe affermava che la fortuna domina solo la metà delle azioni umane (► TESTO: Il principe e la fortuna), anche sottolineando la differenza tra "pratica" e "teorica" che ridimensiona l'importanza di studiare il passato per ricavarne modelli ed esempi cui uniformare la propria azione di governo. L'autore infatti è convinto che sia impossibile fissare norme di comportamento generali per l'uomo politico, data l'estrema mutevolezza delle vicende umane, per cui è "fallacissimo il giudicare per gli esempli" ed è invece indispensabile la dote della "prudenzia", la capacità di analizzare con sagacia la situazione nel momento in cui essa si presenta (da qui anche il rifiuto del trattato di comportamento come genere letterario in cui, invece, proprio Machiavelli si era cimentato in particolare con il Principe, vero manuale di istruzioni per sovrani).
  • La diffidenza verso i modelli coinvolge soprattutto quelli tratti dal mondo antico e in particolare da Roma, che molti "allegano" parlando di varie cose e in cui è evidente una stoccata polemica contro Machiavelli, che sia nel Principe sia nei Discorsi presentava quel modello di Stato come perfetto e tale da essere imitato nel mondo moderno: ciò è improponibile per l'enorme distanza tra la realtà politica e sociale di Roma antica e quella del XVI sec., per cui sarebbe come pretendere che un asino facesse "el corso di uno cavallo" (dove per "asino" si intende il mondo moderno, giudicato ironicamente inferiore a quello del passato). L'intento di Guicciardini non è tanto criticare Machiavelli col quale, pure, polemizza nelle Considerazioni intorno ai "Discorsi", ma è soprattutto quello di affermare come il mondo moderno sia diventato più caotico e mutevole rispetto a quello dell'antichità, ciò che rende impossibile applicare oggi ricette politiche valide invece nel passato (considerazioni analoghe anche nei pensieri dedicati alle questioni militari; ► TESTO: Il problema degli eserciti).

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