Vittoria Colonna
«Mentre io vissi qui in voi, lume beato»
(Rime, 9)
Il sonetto è dedicato al defunto marito della Colonna, Ferrante d'Avalos marchese di Pescara che Vittoria aveva sposato nel 1509 e che era morto a Milano nel 1525, forse per un avvelenamento: nella lirica l'autrice rievoca con nostalgia il tempo in cui l'uomo (definito "lume beato") le era accanto, mentre adesso la vita è per lei priva di significato e quindi si augura di raggiungerlo presto in cielo, invocando anzi il suo aiuto per spiccare il volo decisivo. Il tema amoroso è intrecciato a quello religioso del disprezzo del mondo e dell'aspirazione a una vita autentica dopo la morte, che riprende in parte la lirica petrarchesca sia pure con notevole originalità.
► PERCORSO: Il Rinascimento
► PERCORSO: Il Rinascimento
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Mentre io vissi qui in voi, lume beato,
e meco voi, vostra mercede, unita teneste l’alma; era la nostra vita morta in noi stessi, e viva nell’amato. Poichè per l’alto e divin vostro stato non son più a tanto ben qua giù gradita, non manchi al cor fedel la vostra aita contro il mondo ver noi nemico armato. Sgombri le spesse nebbie d’ogn’intorno sì, ch’io trovi a volar spedite l’ali nel già preso da voi destro sentiero. Vostro onor fia, ch’io chiuda ai pensier frali gli occhi in questo mortal fallace giorno per aprirgli nell’alto eterno e vero. |
Mentre io vissi in voi, o luce beata, qui sulla terra, e voi, per vostra grazia, teneste la mia anima unita a voi, la nostra vita era come morta per noi stessi e viva invece per l'amato.
Poiché a causa della vostra condizione alta e divina [essendo voi beato] io non posso più raggiungere un simile bene quaggiù, il vostro aiuto non manchi al mio cuore fedele contro il mondo armato contro di noi. [Il vostro aiuto] dissipi le spesse nebbie d'intorno, cosicché io abbia le ali pronte per volare lungo il pervio sentiero che voi avete già intrapreso. Sarà un onore per voi se io chiuderò gli occhi ai pensieri fragili in questo giorno mortale e fallace [nel giorno della morte], per riaprirli nell'alta e autentica eternità. |
Interpretazione complessiva
- Metro: sonetto con schema della rima ABBA, ABBA, CDE, DEC (inconsueto nelle terzine, ma conforme a quello usato da Boiardo nel suo Canzoniere). I vv. 3-4 presentano un'antitesi ("vita / morta... e viva") sulla quale si fonda gran parte del componimento, mentre il v. 11 è costituito da una complessa inversione (nel sentiero pervio che voi avete già intrapreso). La lingua è il fiorentino letterario conforme alla proposta di Bembo, con utilizzo di lessico petrarchesco ("lume", v. 1; "alma", v. 3; "frali", v. 12).
- La lirica si divide in due parti, corrispondenti alle quartine (in cui Vittoria rievoca nostalgicamente il tempo in cui era felice col suo sposo, vv. 1-4, ed esprime l'amarezza e il dolore della perdita attuale, vv. 5-8) e alle terzine (in cui si augura di potersi riunire al marito in un'altra vita e lasciarsi alle spalle la vita mortale fatta di passioni e "pensier frali"). Tutto il sonetto si gioca sull'antitesi vita-morte e sottolinea il fatto che la vera vita è quella che viene dopo la morte del corpo, per cui il giorno del trapasso è definito "fallace" di contro al "vero" della dimensione eterna (attraverso un'ulteriore antitesi ai vv. 12-14, in cui l'autrice si augura di chiudere gli occhi per riaprirli nell'oltretomba). Il tema religioso è del resto largamente presente nei versi della Colonna ed esprime, talvolta, anche istanze vicine alla Riforma protestante, per cui la poetessa propone una lirica non di stretta "osservanza" petrarchesca e dotata di una certa originalità, almeno nel panorama letterario del Cinquecento.