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Torquato Tasso


«Qual rugiada o qual pianto»
(Rime d'amore, III, 324)

In questo delicato madrigale dedicato alla dolorosa partenza della propria donna, l'autore descrive un'alba in cui dal cielo notturno piove rugiada sulla terra, da lui paragonata a un pianto che sottolinea la pena infinita provata per la separazione dall'oggetto del proprio amore, mentre anche il rumore delle brezze sull'erba sono paragonate a un lamento (come se la natura si umanizzasse e partecipasse del dolore del poeta). La forma metrica e la disposizione interna ricercano effetti di musicalità, proprio come nella lirica barocca in cui il madrigale avrà grande diffusione.

► PERCORSO: La Controriforma 
► AUTORE: Torquato Tasso






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Qual rugiada o qual pianto,
quai lagrime eran quelle
che sparger vidi dal notturno manto
e dal candido volto de le stelle?
E perché seminò la bianca luna
di cristalline stille un puro nembo
a l'erba fresca in grembo?
Perché ne l’aria bruna
s'udian, quasi dolendo, intorno intorno
gir l'aure insino al giorno?
Fur segni forse de la tua partita,
vita de la mia vita?

Quale rugiada o quale pianto, quali lacrime erano quelle che vidi sparse dal cielo notturno e dal volto luminoso delle stelle? E perché la bianca luna seminò una candida nuvole di gocce cristalline di rugiada in grembo all'erba fresca?


Perché nell'aria oscura si sentivano muovere le brezze tutt'intorno, fino all'alba, come se si lamentassero? Furono forse presagi della tua partenza, vita della mia vita?


Interpretazione complessiva

  • Metro: madrigale di sei versi endecasillabi e sei settenari, con schema della rima abAB, CDdc, EeFf (i versi sono distribuiti in tre strofette di quattro, la prima a rima alternata, la seconda a rima incrociata, la terza a rima baciata; la successione dei versi brevi e lunghi è speculare nelle prime due strofe e incrociata nella terza). Anafora di "Qual / quai" ai vv. 1-2; allitterazione della "d" al v. 9, con la ripetizione "intorno intorno" che dà una certa musicalità alla frase. Al v. 9 "dolendo" è in forte assonanza con la rima dei vv. 6-7.
  • Il testo descrive un paesaggio naturalistico (la rugiada notturna che cade al suolo alla pallida luce lunare) che viene trasfigurato dal poeta in una serie di metafore e interpretato come il "pianto" per la sua pena e un presagio della partenza dell'amata: le sensazioni visive si giocano sull'antitesi buio-luce, attraverso l'opposizione tra il "notturno manto" (la volta celeste da cui cade la rugiada) e il volto "candido" (splendente) delle stelle, così come più avanti tra la "bianca luna" e "l'aria bruna" (in rima e in chiasmo tra loro, come anche rispetto alla coppia precedente). Al dato visivo si aggiunge quello uditivo delle "aure" (le brezze notturne) che soffiano sino all'alba e il cui stormire ricorda al poeta un lamento, una partecipazione alla sua pena. La natura viene umanizzata e vengono attribuiti al paesaggio elementi personali (la rugiada è un "pianto", le stelle hanno un "volto; la luna "semina" le goccioline di vapore acqueo in "grembo" all'erba, le brezze vanno "quasi dolendo").
  • La musicalità un po' trasognata della lirica è data anche dalla particolare struttura sintattica, che si snoda attraverso quattro interrogative di lunghezza decrescente, di quattro versi la prima (1-4), di tre la seconda e la terza (5-7, 8-10) di due la quarta (11-12), con le ultime tre che presentano una rima baciata ("nembo/grembo", "intorno/giorno", "partita/vita", con la rima interna "vita" all'inizio dell'ultimo verso). È come se l'autore affievolisse progressivamente il suo interrogare la natura, fino alla rivelazione finale circa la partenza della donna, causa della sua pena e del pianto della notte (vv. 11-12). È da ricordare che il madrigale fu spesso musicato nel Seicento, nell'ambito della lirica barocca, e di alcuni madrigali di Tasso esiste anche la partitura del grande musicista Claudio Monteverdi.

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