Luigi Pulci
Morgante e Margutte all'osteria
(Morgante, XVIII, 150-179)
Morgante e il "mezzogigante" Margutte hanno ormai formato un affiatato sodalizio e i due giungono per caso presso un oste, ai danni del quale iniziano una serie di terribili scherzi che si trasformano in una specie di gara di beffe. Ovviamente a guidare le danze è il malvagio Margutte, che placherà l'appetito suo e dell'amico divorando tutto ciò che gli capita a tiro, prima di derubare l'oste e di incendiare la sua locanda, disastro dal quale il pover'uomo si salverà per miracolo.
► PERCORSO: L'Umanesimo
► AUTORE: Luigi Pulci
► PERCORSO: L'Umanesimo
► AUTORE: Luigi Pulci
150
Vannosi insieme ragionando il giorno; la sera capitorno a un ostiere, e come e' giunson, costui domandorno: - Aresti tu da mangiare e da bere? E pàgati in su l'asse o vuoi nel forno. - L'oste rispose: - E' ci fia da godere: e' ci è avanzato un grosso e bel cappone. - Disse Margutte: - E' non fia un boccone. 151 Qui si conviene avere altre vivande: noi siamo usati di far buona cera. Non vedi tu costui com'egli è grande? Cotesta è una pillola di gera. - Rispose l'oste: - Mangi delle ghiande. Che vuoi tu ch'io provvegga, or ch'egli è sera? - e cominciò a parlar superbamente, tal che Morgante non fu pazïente: 152 comincial col battaglio a bastonare; l'oste gridava e non gli parea giuoco. Disse Margutte: - Lascia un poco stare. Io vo' per casa cercare ogni loco. Io vidi dianzi un bufol drento entrare: e' ti bisogna fare, oste, un gran fuoco, e che tu intenda a un fischiar di zufolo; poi in qualche modo arrostiren quel bufolo. - 153 Il fuoco per paura si fe' tosto; Margutte spicca di sala una stanga; l'oste borbotta, e Margutte ha risposto: - Tu vai cercando il battaglio t'infranga: a voler far quello animale arrosto, che vuoi tu tòrre, un manico di vanga? Lascia ordinare a me, se vuoi, il convito. - E finalmente il bufol fu arrostito; 154 non creder colla pelle scorticata: e' lo sparò nel corpo solamente. Parea di casa più che la granata: comanda e grida, e per tutto si sente. Un'asse molto lunga ha ritrovata; apparecchiolla fuor subitamente, e vino e carne e del pan vi ponea, perché Morgante in casa non capea. 155 Quivi mangioron le reliquie tutte del bufolo, e tre staia di pane o piùe, e bevvono a bigonce; e poi Margutte disse a quell'oste: - Dimmi, aresti tue da darci del formaggio o delle frutte, ché questa è stata poca roba a due, o s'altra cosa tu ci hai di vantaggio? - Or udirete come andò il formaggio. 156 L'oste una forma di cacio trovòe ch'era sei libbre, o poco più o meno; un canestretto di mele arrecòe d'un quarto o manco, e non era anche pieno. Quando Margutte ogni cosa guardòe, disse a quell'oste: - Bestia sanza freno, ancor s'arà il battaglio adoperare, s'altro non credi trovar da mangiare. 157 È questo compagnon da fare a once? Aspetta tanto ch'io torni un miccino, e servi intanto qui colle bigonce: fa' che non manchi al gigante del vino, che non ti racconciassi l'ossa sconce. Io fo per casa come il topolino: vedrai s'io so ritrovare ogni cosa, e s'io farò venir giù roba a iosa! - 158 Fece la cerca per tutta la casa Margutte, e spezza e sconficca ogni cassa, e rompe e guasta masserizie e vasa: ciò che trovava, ogni cosa fracassa, ch'una pentola sol non v'è rimasa; di cacio e frutte raguna una massa, e portale a Morgante in un gran sacco, e cominciorno a rimangiare a macco. 159 L'oste co' servi impaüriti sono ed a servire attendon tutti quanti; e dice fra se stesso: “E' sarà buono non ricettar mai più simil briganti: e' pagheranno domattina al suono di quel battaglio, e saranno contanti. Hanno mangiato tanto, che in un mese non mangerà tutto questo paese”. 160 Morgante, poi che molto ebbe mangiato, disse a quell'oste: - A dormir ce n'andremo; e domattina, com'io sono usato sempre a camino, insieme conteremo, e d'ogni cosa sarai ben pagato, per modo che d'accordo resteremo. - E l'oste disse a suo modo pagassi; ché gli parea mill'anni e' se n'andassi. 161 Morgante andò a trovare un pagliaio ed appoggiossi come il lïofante. Margutte disse: - Io spendo il mio danaio: io non voglio, oste mio, come il gigante, far degli orecchi zufoli a rovaio; non so s'io son più pratico o ignorante, ma ch'io non sono astrolago so certo: io vo' con teco posarmi al coperto. 162 Vorrei, prima che' lumi sieno spenti, che tu traessi ancora un po' di vino, ché non par mai la sera io m'addormenti s'io non becco in sul legno un ciantellino, così per risciacquare un poco i denti; e goderenci in pace un canzoncino: e' basta un bigonciuol così tra noi, or che non ci è il gigante che c'ingoi. 163 Vedes' tu mai - Margutte soggiugnea - un uom più bello e di tale statura, e che tanto diluvi e tanto bea? Non credo e' ne facessi un più Natura. E' vuol, quando egli è all'oste, - gli dicea - che l'oste gli trabocchi la misura; ma al pagar poi, mai il più largo uom vedesti: se tu nol provi, tu nol crederresti. - 164 Venne del mosto, e stanno a ragionare, e l'oste un poco si rassicurava; Margutte un canzoncin netto a spiccare comincia, e poi del camin domandava, dicendo a Bambillona volea andare. L'oste rispose che non si trovava da trenta miglia in là casa né tetto per più giornate, e vassi con sospetto. 165 E disselo a Margutte, e non a sordo, che vi pensò di sùbito malizia, e disse all'oste: - Questo è buon ricordo, poi che tu di' che vi si fa tristizia. Or oltre, a letto; e saren ben d'accordo, ch'io non istò a pagar con masserizia: io son lo spenditore, e degli scotti, come tu stesso vorrai, pagherotti: 166 io ho sempre calcata la scarsella. Deh, dimmi, tu non debbi aver domata, per quel ch'io ne comprenda, una cammella ch'io vidi nella stalla tua legata; ch'io non vi veggo né basto né sella. - Rispose l'oste: - Io la tengo appiattata, una sua bardelletta ch'io gli caccio, nella camera mia sotto il primaccio. 167 Per quel ch'io il faccia, credo che tu intenda: sai che qui arriva più d'un forestiere a cena, a desinare ed a merenda. - Disse Margutte: - Lasciami vedere un poco come sta questa faccenda, poi che noi siam per ragionare e bere, e son le notte un gran cantar di cieco. - E l'oste gli rispose: - Io te l'arreco. - 168 Recò quella bardella il sempliciotto: Margutte vi fe' sù tosto disegno che questa accorderà tutto lo scotto; e disse all'oste: - E' mi piace il tuo ingegno. Questo sarà il guancial ch'io terrò sotto; e dormirommi qui in su questo legno: so che letto non hai dov'io capessi, tanto che tutto mi vi distendessi. 169 Or vo' saper come tu se' chiamato. - Disse l'ostier: - Tu saprai tosto come: io son il Dormi per tutto appellato. - Disse Margutte: “Fa' come tu hai nome;” così fra sé “tu sarai ben destato, quando fia tempo e innanzi fien le some”. - Come hai tu brigatella o vuoi figliuoli? - Disse l'ostier: - La donna ed io siàn soli. - 170 Disse Margutte: - Che puoi tu pigliarci la settimana in questa tua osteria? Come arai tu moneta da cambiarci qualche dobbra da spender per la via? - Rispose l'oste: - Io non vo' molto starci, ch'io non ci ho preso, per la fede mia, da quattro mesi in qua venti ducati, che sono in quella cassetta serrati. - 171 Disse Margutte: - Oh, solo in una volta con esso noi più danar piglierai! Tu la tien' quivi: s'ella fusse tolta? - Disse l'ostier: - Non mi fu tocca mai. - Margutte un occhiolin chiuse ed ascolta, e disse: “A questa volta lo vedrai!”. E per fornire in tutto la campana, un'altra malizietta trovò strana. 172 - Perché persona discreta e benigna - dicea coll'oste - troppo a questo tratto mi se' paruto, io mi chiamo il Graffigna; e 'l profferer tra noi per sempre è fatto. Io sento un poco difetto di tigna, ma sotto questo cappel pur l'appiatto: io vo' che tu mi doni un po' di burro, ed io ti donerò qualche mangurro. - 173 L'oste rispose: - Nïente non voglio: domanda arditamente il tuo bisogno, ché di tal cose cortese esser soglio. - Disse Margutte allora: - Io mi vergogno: sappi che mai la notte non mi spoglio per certo vizio ch'io mi lievo in sogno; vorrei ch'un paio di fune m'arrecasse, e legherommi io stesso in su questa asse. 174 Ma serra l'uscio ben dove tu dormi ch'io non ti dessi qualche sergozzone; se tu sentissi per disgrazia sciòrmi e che per casa andassi a processione, non uscir fuor. - Rispose presto il Dormi, e disse: - Io mi starò sodo al macchione. Così voglio avvisar la mia brigata, che non toccassin qualche tentennata. - 175 Le fune e 'l burro a Margutte giù reca, e disse a' servi di questo costume: ch'ognun si guardi dalla fossa cieca e non isbuchi ignun fuor delle piume. Odi ribaldo! Odi malizia greca! Così soletto si restò col lume, e fece vista di legarsi stretto, tanto che 'l Dormi se n'andò a letto. 176 Come e' sentì russar, ch'ognun dormiva, e' cominciò per casa a far fardello: alla cassetta de' danar ne giva, ed ogni cosa pose in sul cammello; e come un uscio o qualche cosa apriva, ugneva con quel burro il chiavistello; e come egli ebbe fuor la vettovaglia, appiccò il fuoco in un monte di paglia. 177 E poi n'andava al pagliaio a Morgante: - Non dormir più, - dicea - dormito hai assai. Non di' tu che volevi ire in Levante? Io sono ito e tornato, e tu il vedrai. Non istiàn qui, dà in terra delle piante, se non che presto il fummo sentirai. - Disse Morgante: - Che diavolo è questo? Tu hai pur fatto, per Dio, netto e presto. - 178 Poi s'avvïava, ch'aveva timore, perché quivi era un gran borgo di case, che non si lievi la gente a romore. Dicea Margutte: - Di ciò che rimase all'oste, un birro non are' rossore: ch'io non istò a far mai le staia rase, ma sempre in ogni parte dov'io fui sono stato cortese dell'altrui. - 179 Mentre che questi così se ne vanno, la casa ardeva tutta a poco a poco: prima che 'l Dormi s'avvegga del danno, era per tutto appiccato già il foco; e non credea che fussi stato inganno. Quivi la gente correa d'ogni loco; ma con fatica scampò lui e la moglie: e così spesso de' matti si coglie. |
Vanno insieme durante il giorno, parlando; la sera capitarono presso un oste, e non appena arrivarono gli chiesero: - Avresti da mangiare e da bere? Ti pagheremo quanto e dove vuoi. - L'oste rispose: - Ci sarà cibo in abbondanza: ci è avanzato un grosso e bel cappone. - Disse Margutte: - Non vale un boccone. Noi vogliamo avere altre vivande: siamo soliti mangiare senza risparmio. Non vedi questi [Morgante] quant'è grosso? Quello che ci offri è una pillola di purgante. - L'oste rispose: - Che mangi delle ghiande. Cosa vuoi che trovi, adesso che è sera? - e cominciò a parlare con superbia, al punto che Morgante si spazientì: comincia a bastonarlo col batacchio; l'oste gridava e non gli sembrava un gioco. Margutte disse: - Lascialo stare un poco. Io vado a cercare ovunque nella casa. Ho visto poc'anzi entrare dentro un bufalo: oste, devi accendere un gran fuoco, e stare attento a quando sentirai il mio cenno; poi in qualche modo arrostiremo quel bufalo. - L'oste per paura accese subito il fuoco; Margutte stacca una trave dalla sala; l'oste protesta e Margutte risponde: - Tu vuoi essere di nuovo battuto col battaglio: cosa vuoi usare per arrostire quell'animale, un manico di vanga? Lascia che ci pensi io, se vuoi il banchetto. - E alla fine il bufalo venne arrostito; e non si creda che gli levassero la pelle: Margutte lo aprì solamente nel corpo. Sembrava di casa più della scopa: comanda e grida, e si sente dappertutto. Ha trovato un'asse molto lunga; la apparecchiò subito all'esterno, e vi metteva sopra vino, carne e pane, poiché Morgante non poteva entrare in casa. Qui mangiarono tutti gli avanzi del bufalo, e tre stai di pane o più ancora, e bevvero moltissimo; poi Margutte disse all'oste: - Dimmi, avresti da darci del formaggio o della frutta, poiché questa pietanza era poca cosa per due, oppure qualcos'altro che ti avanza? - Adesso sentirete cosa ne fu del formaggio. L'oste trovò una forma di cacio di circa sei libbre, o pressappoco; portò un cestino di mele di un quarto di staio o poco meno, e neanche era pieno. Quando Margutte ebbe visto il tutto, disse a quell'oste: - Bestia senza cervello, dovremo usare ancora il battaglio, se non pensi di trovare altro cibo. Pensi che il mio compagno [Morgante] mangi le cose a once [a piccole dosi]? Aspetta un attimo che io torni e intanto servi il vino in gran quantità: fa' in modo che al gigante non manchi il vino, altrimenti ti fracasso le ossa per bene. Io faccio in casa come il topolino: vedrai se non so trovare ogni cosa, e se non farò venir fuori il cibo in abbondanza! - Margutte cercò per tutta la casa e spezza e sconficca ogni cassa, rompe e guasta le masserizie e i vasi: fracassa ogni cosa che trova, non rimane intatta neppure una pentola; raduna una gran massa di cacio e frutta, e le porta a Morgante in un grosso sacco, e cominciarono a mangiare a crepapelle. L'oste e i suoi servi, impauriti, non pensano che a servire tutti; e l'oste dice fra sé: "Sarà meglio non accogliere mai più simili furfanti: domattina mi pagheranno col suono di quel battaglio e saranno contanti. Hanno mangiato tanto, che per un mese non mangerà più l'intero paese". Morgante, dopo aver mangiato a sazietà, disse all'oste: - Ce ne andremo a dormire e domattina, come io sono solito fare quando viaggio, faremo insieme i conti, e sarai ben pagato per ogni cosa, in modo tale che saremo d'accordo. - E l'oste gli disse che poteva pagare come voleva; non vedeva l'ora che i due se ne andassero. Morgante andò a mettersi in un pagliaio e vi si sdraiò come un elefante. Margutte disse: - Io spendo il mio denaro: non voglio, oste mio, fare come il gigante e sentirmi fischiare il vento di tramontana nelle orecchie; non so se sono più pratico o ignorante, ma certo so di non essere un astrologo [non so prevedere il tempo]: io vado a coricarmi con te al coperto. Vorrei, prima che le luci siano spente, che tu portassi ancora un po' di vino, poiché la sera non mi addormento mai se non bevo un gocciolino per sciacquare un po' i denti; e ci godremo in pace una canzoncina: è sufficiente una piccola bigoncia tra di noi, perché non c'è il gigante a bersi tutto. Hai mai visto - aggiungeva Margutte - un uomo più bello e di tale statura, e che mangi e beva così tanto? Non credo che la natura ne abbia creato un altro. Lui, quando è all'osteria, vuole che gli sia servito moltissimo vino - gli diceva; - ma quando deve pagare è l'uomo più generoso del mondo: se non lo provi, non puoi crederlo. - Bevvero del vino e stettero a parlare, e l'oste si rassicurava un poco; Margutte comincia a cantare una canzone facile a intonarsi, poi chiedeva del cammino, dicendo di voler andare a Babilonia. L'oste rispose che da lì a trenta miglia non c'era nessuna casa o abitazione, per più giornate, e il cammino era pericoloso. E lo disse a Margutte, che colse al volo l'allusione e progettò subito un inganno, e disse all'oste: - Questa è una buona indicazione, visto che dici che quei luoghi son pericolosi. Ora basta, a letto; e saremo ben d'accordo, perché non sto a pagare con la masserizia: io sono quello che spende e ti rifonderò ogni danno, come tu vorrai: io ho sempre la borsa coi soldi con me. Ora dimmi: non credo che tu abbia domato, a quel che capisco, una cammella che ho visto legata nella tua stalla; infatti non ho visto basto né sella. - L'oste rispose: - Io tengo nascosta una sua sella in camera mia, sotto il guanciale, e quando serve gliela caccio in groppa. Credo tu capisca perché lo faccio: sai che qui arriva più di uno straniero a cenare, pranzare e far merenda. - Margutte disse: - Fammi capire un po' come stanno le cose, poiché siamo qui a parlare e bere, e le notti facilitano le chiacchiere. - E l'oste rispose: - Te la porto. - Il sempliciotto portò quella sella: Margutte vi fece su un progetto che avrebbe rifuso ogni danno; e disse all'oste: - Mi piace il tuo ingegno. Questo sarà il guanciale che terrò sotto la testa; e dormirò qui, su questo asse di legno: so che non hai un letto in grado di contenermi, tanto da permettermi di distendermi tutto. Ora voglio sapere come ti chiami. - L'oste rispose: - Te lo dirò subito: io sono chiamato il Dormi dappertutto. - Margutte disse tra sé: "Agisci secondo il tuo nome [dormi]; tu ti sveglierai quando sarà il momento, e prima ci saranno le some". - Hai famiglia o vuoi dei figli? - L'oste disse: - Io e mia moglie siamo soli. Margutte disse: - Puoi ospitarci in questa tua osteria una settimana? Potresti cambiarci qualche moneta in doppia, da spendere lungo il cammino? - L'oste rispose: - Io non sono molto d'accordo, poiché sulla mia parola negli ultimi quattro mesi non ho intascato che venti ducati, chiusi in quella cassetta. - Margutte disse: - Oh, in una volta sola con noi guadagnerai di più! Tu la tieni qui [la cassetta]: e se ti fosse rubata? - L'oste disse: - Non mi fu mai toccata. - Margutte chiuse un occhio e ascoltando disse tra sé: "Questa volta succederà!" E per completare l'inganno escogitò un altro bizzarro stratagemma. - Poiché fino ad ora mi sei sembrato una persona saggia e benevola - diceva all'oste - sappi che mi chiamo il Graffigna; e tra noi non servono altre presentazioni. Io soffro un po' di tigna [malattia della pelle], ma la nascondo sotto questo cappello: voglio che tu mi dia un po' di burro, io ti darò in cambio qualche mangurro [moneta turca di rame]. L'oste rispose: - Non voglio niente: di' senza problemi di cosa hai bisogno, poiché sono solito donare generosamente tali cose. - Allora Margutte disse: - Io mi vergogno: sappi che la notte non mi spoglio mai per via di un mio vizio, del fatto che soffro di sonnambulismo; vorrei che mi portassi una grossa fune, e io stesso mi legherò a quest'asse. Ma tu chiudi bene la porta della tua stanza, per evitare che io ti dia qualche sganassone; se tu sentissi per caso che mi sono slegato e che me ne vado a zonzo per casa, non uscire fuori. - Il Dormi rispose subito: - Io me ne starò ben fermo. Avviserò anche i miei servi, affinché non prendano qualche botta. - L'oste porta la fune e il burro a Margutte, e disse ai servi di questa sua abitudine: che nessuno vada nella stanza del mezzogigante, e non si allontani dal suo letto. Oh, che furfante! Oh, che imbroglio degno di un greco! Margutte restò solo col lume e fece finta di legarsi stretto, finché il Dormi andò a letto. Non appena Margutte sentì russare e che tutti dormivano, cominciò a depredare la casa: andò alla cassetta del denaro e mise ogni cosa sulla cammella; e quando apriva una porta o qualche altra cosa, ungeva il chiavistello con quel burro; e non appena ebbe portato fuori la refurtiva, appiccò il fuoco a un covone di paglia. Poi andò al pagliaio e disse a Morgante: - Non dormire più, hai dormito abbastanza. Non dicevi di voler andare al Levante? Io sono andato e tornato, lo vedrai. Non stiamo qui, alza le piante dei piedi [cammina], sennò presto sentirai il fumo. - Morgante disse: - Che diavolo è questo? Perdio, tu hai fatto tutto in modo pulito e veloce. - Poi si mosse, poiché temeva che la gente si svegliasse per il rumore, visto che lì c'era un gran borgo di case. Margutte diceva: - Quello che è rimasto all'oste non farebbe arrossire uno sbirro: infatti io non prendo mai tutto quanto, ma in ogni luogo dove sono stato mi sono comportato in modo cortese con la roba degli altri. - Mentre i due se ne andavano, la casa ardeva tutta poco alla volta: prima che il Dormi si accorgesse del danno, il fuoco aveva attaccato ogni cosa; e lui non credeva di essere stato ingannato. La gente accorreva qui da ogni parte; salvarono con fatica l'oste e la moglie: e certe cose accadono spesso ai matti. |
Interpretazione complessiva
- Il passo segue di poco il primo incontro tra Morgante e il "mezzogigante" Margutte, che si è presentato sciorinando un bizzarro "credo" gastronomico e vantandosi di essere un peccatore incallito (► TESTO: Incontro con Margutte): l'episodio conferma in pieno la "prosopopea" del personaggio, in quanto i due capitano per caso presso un'osteria e compiono una serie di feroci angherie ai danni del povero locandiere, che non ha la minima idea di chi stia ospitando. È interessante osservare che il meccanismo dell'azione comica si sviluppa su iniziativa di Margutte (vero burattinaio malvagio di questa pantomima), mentre Morgante tace e lascia che il compare gli procura una gran quantità di cibo per soddisfare il suo eccezionale appetito di gigante, naturalmente ai danni del povero oste. Margutte si dimostra dunque gran mangiatore e intenditore di cibi, nonché abile cuoco in quanto è lui a cucinare il bufalo che viene infilato su una trave dell'osteria a mo' di spiedo. Morgante, dal canto suo, si limita a bastonare duramente l'oste col suo battaglio, diventando quasi lo strumento usato dal compagno per realizzare le sue malefatte.
- Nella seconda parte dell'episodio Margutte ordisce un elaborato inganno ai danni dell'oste, al fine di depredarlo di tutte le sue ricchezze e di incendiargli la casa: anzitutto ottiene la fiducia della sua vittima, attribuendo a Morgante ogni intento malvagio e fingendo familiarità con l'oste, che infatti ci casca e si mette a bere insieme a lui (il "mezzogigante" intona persino una canzone); induce l'oste a parlare e a rivelargli l'esistenza di una sella con cui bardare la cammella nella stalla, addirittura a consegnargliela per facilitargli la fuga (Margutte progetta infatti di usare l'animale per portare via il maltolto); l'oste, ingenuamente, gli rivela persino il nascondiglio della cassetta coi denari, dicendo infine di chiamarsi il "Dormi" (il nome è ambivalente, poiché si riferisce al mestiere dell'oste che fa dormire i clienti, ma anche al fatto che è lui a dormire e a non capire il pericolo; non a caso Margutte si presenta come il "Graffigna", il ladro). Margutte si fa consegnare del burro con la scusa di curare la "tigna" che nasconde sotto il cappello, ma in realtà gli servirà per ungere i chiavistelli e non far rumore, quindi fa credere all'oste di essere sonnambulo e finge di legarsi a un'asse, raccomandando all'ospite di restare chiuso in camera e non muoversi durante la notte, mentre lui ruberà tutto quello che c'è nell'osteria. Alla fine il malvagio Margutte darà fuoco alla casa e l'oste si salverà a stento, neppure sospettando l'inganno di cui è stato vittima. L'imbroglio del "mezzogigante" ricorda le astuzie di certi personaggi del Decameron e anche qui l'oste è presentato come uno sciocco che viene giustamente beffato da chi è più astuto di lui, mentre la simpatia dell'autore va tutta al malvagio truffatore.