Guido Cavalcanti
«In un boschetto trova' pasturella»
(Rime, 46)
L'autore si allontana in questo testo dai moduli consueti della lirica amorosa elevata e dallo Stilnovo per cimentarsi nel genere provenzale della "pastorella", ovvero l'incontro tra un cavaliere e una popolana che si conclude con un'avventura erotica nella cornice di un bosco (il "locus amoenus" della tradizione). Si tratta di una ballata di stile comico che rappresenta una sorta di divertimento letterario, in cui l'autore abbandona lo stile melanconico e dolente delle rime "tragiche" per descrivere un amore spensierato, privo di particolari implicazioni sociali proprio perché estraneo agli schemi dell'amore cortese.
► PERCORSI: La poesia comica e giullaresca / La lirica amorosa
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In un boschetto trova’ pasturella
più che la stella – bella, al mi’ parere. Cavelli avea biondetti e ricciutelli, e gli occhi pien’ d’amor, cera rosata; con sua verghetta pasturav’ agnelli; [di]scalza, di rugiada era bagnata; cantava come fosse ’namorata: er’ adornata – di tutto piacere. D’amor la saluta’ imantenente e domandai s’avesse compagnia; ed ella mi rispose dolzemente che sola sola per lo bosco gia, e disse: «Sacci, quando l’augel pia, allor disïa – ’l me’ cor drudo avere». Po’ che mi disse di sua condizione e per lo bosco augelli audìo cantare, fra me stesso diss’ i’: «Or è stagione di questa pasturella gio’ pigliare». Merzé le chiesi sol che di basciare ed abracciar, – se le fosse ’n volere. Per man mi prese, d’amorosa voglia, e disse che donato m’avea ’l core; menòmmi sott’ una freschetta foglia, là dov’i’ vidi fior’ d’ogni colore; e tanto vi sentìo gioia e dolzore, che ’l die d’amore – mi parea vedere. |
In un boschetto incontrai una pastorella, più bella di una stella secondo il mio parere.
Aveva i capelli biondi e ricci, gli occhi pieni d'amore, il volto roseo; portava al pascolo gli agnelli con un piccolo bastone; era scalza e bagnata di rugiada; cantava come se fosse innamorata: era bellissima in ogni suo aspetto. La salutai subito con amore e le chiesi se avesse compagnia; e lei mi rispose dolcemente che se ne andava da sola per il bosco, e disse: "Sappi che quando l'uccello canta, allora il mio cuore desidera avere un amante". Dopo che mi ebbe parlato della sua condizione e che sentivo cantare degli uccelli nel bosco, dissi fra me e me: "Ora è tempo di prendere piacere insieme a questa pastorella". Le chiesi come unico favore di baciarla e abbracciarla, se lei fosse d'accordo. Mi prese per mano con desiderio amoroso e disse che mi aveva donato il suo cuore; mi portò sotto un fresco cespuglio, dove vidi fiori di ogni colore; e vi provai tanta gioia e dolcezza, che mi sembrava di vedere il dio Amore. |
Interpretazione complessiva
- Il testo è una ballata di endecasillabi formata da una ripresa di due versi (rima YX) e cinque strofe di sei versi (rima ABABAX, con rima interna tra il primo emistichio dell'ultimo verso di ogni strofa e quello precedente; nei vv. 19-20 la rima interna è imperfetta, basciare / abracciar). La lingua non contiene popolarismi o espressioni gergali e si rifà piuttosto allo stile della poesia alta (al trobar leu dei trovatori provenzali, data la sua facilità), mentre il tema è l'amore fisico proprio delle rime comiche del Duecento. Il lessico contiene termini derivanti dal provenzale, come drudo (v. 14, "amante"), gio' (v. 18, "gioia", "piacere"), merzé (v. 19, "favore", "grazia"), dolzore (v. 25, "dolcezza").
- Al centro della ballata vi è l'incontro fortuito tra un cavaliere e una popolana, tipico della pastorella provenzale anche se qui il testo non ha forma di un contrasto, dunque l'amore descritto non ha nulla a che fare con la concezione dell'amor cortese ed è piuttosto una spensierata avventura erotica, cui fa da sfondo la bellezza del paesaggio naturalistico (il locus amoenus della tradizione classica e stilnovista, anche se in tutt'altro contesto). La pastorella non è nobile e non ha molto della donna-angelo dello Stilnovo, anche se la sua bellezza è paragonata a una stella (v. 2) e viene descritta con gli attributi della letteratura classica, poiché è bionda (v. 3) e ha il volto roseo (v. 4), mentre i capelli ricci rimandano piuttosto alle figure femminili della poesia pastorale latina. Interessante l'uso di diminutivi affettuosi nella descrizione della donna e della scena, non estranei allo stile cavalcantiano, a cominciare da "pasturella" (e poi "biondetti", "ricciutelli", "verghetta", "freschetta").
- La scena descritta è quella di un rituale di corteggiamento assai facile e lontano dalla complessità della poesia stilnovista e cortese, con il cavaliere che domanda alla pastorella se è accompagnata e lei che gli risponde che va "sola sola" per il bosco, con ammissione implicita di un consenso all'avventura erotica; la giovane aggiunge che quando gli uccelli cantano nel bosco il suo cuore desidera avere un amante ("drudo", termine che nella lirica provenzale alludeva all'amore sensuale), invitando di fatto il cavaliere a unirsi a lei visto che il canto degli uccelli nella foresta è continuo. Lui le chiederà di baciarla e abbracciarla (altri termini attinenti alla fin'amor dei trovatori occitanici) e lei lo condurrà per mano nel luogo della loro unione, al fresco della radura. L'allusione finale al "die d'amore" (dio Amore) che al poeta sembra di vedere è un velato accenno al piacere sessuale provato insieme alla ragazza, oltre che un riferimento alla poesia colta.