Ludovico Ariosto
Lena, la prostituta orgogliosa
(Lena, Atto V, scena XI)
In questo vivace scambio di battute tra Lena e il marito Pacifico vediamo due diversi caratteri a confronto, ovvero l'uomo che sfrutta la donna e vive praticamente sulle sue spalle ma la accusa di aver fatto da ruffiana per la relazione di Flavio e Licinia, e la donna che risponde piccata rivendicando con un certo orgoglio la propria "professionalità" e rinfacciando al marito di essersi data alla prostituzione per mantenerlo, data la sua incapacità di mantenere la famiglia (Pacifico è oberato di debiti e ha anche subìto un pignoramento da parte di un creditore). Ne emerge un quadro piuttosto desolante in cui i personaggi della commedia vivono di espedienti e si arrabattano per guadagnare soldi in qualche modo, per cui tutti hanno qualche interesse economico da difendere.
► PERCORSO: Il Rinascimento
► AUTORE: Ludovico Ariosto
► PERCORSO: Il Rinascimento
► AUTORE: Ludovico Ariosto
ATTO V, SCENA XI
LENA e PACIFICO |
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PACIFICO Or vedi, Lena, a quel che le tristizie e le puttanerie tue ti conducono. [1] LENA Chi m’ha fatta puttana? PACIFICO Così chiedere potresti a quei che tuttodì s’impiccano [2]: chi li fa ladri? Impútane la propria tua volontade. LENA Anzi la tua insaziabile golaccia, che ridotti ci ha in miseria: chè, se non fussi stata io che, per pascerti [3], mi son di cento gaglioffi fatta asina [4], saresti morto di fame. Or, pel merito del bene ch’io t’ho fatto, mi rimproveri, poltron, ch’io sia puttana? PACIFICO Ti rimprovero chè lo dovresti far con più modestia. [5] LENA Ah, beccaccio! [6] tu parli di modestia? S’io avessi a tutti quelli che propostomi ogn’ora hai tu, voluto dar ricapito, io non so meretrice in mezzo al Gambaro [7], che fosse a questo dì di me più pubblica. [8] Né questo uscio dinanzi per riceverli tutti bastar paréati, e consigliavimi che quel di dietro anco ponessi in opera. [9] PACIFICO Per viver teco in pace, proponevati quel ch’io sapeva che t’era grandissima- mente in piacere, e che vietar volendoti, saría stato il durar teco impossibile. [10] LENA Deh, che ti venga il morbo! PACIFICO Io l’ho continua- mente teco. Bastar, Lena, dovrebbeti che della tua persona a beneplacito tuo faccia sempre, e ch’io lo vegga e tolleri, senza volerci ancor porre in infamia di ruffianar le figliuole degli uomini da ben. [11] LENA S’io avessi a star tuttavía [12] giovane, il mantenere amendue col medesimo modo usato fin qui mi saría agevole: ma come le formiche si proveggono pel verno, così è giusto che le povere par mie per la vecchiezza si proveggano; e che mentre v’hanno agio, un’arte imparino, che, quando sia il bisogno, poi non abbiano ad imparar, ma vi sien dotte e pratiche. E che arte poss’io far che più proficua ci sia di questa, e che mi sia più facile ad imparar? Che vuoi ch’io indugi all’ultimo, quand’io sarò nel bisogno, ad apprenderla? PACIFICO Se contra ogni altro avessi questi termini usati [13], mi saría più tollerabile che contra Fazio, al quale abbiam troppo obbligo. LENA Deh, manigoldo, ti venga la fistola! Come tu non sia stato consapevole del tutto! Or che’l disegno ha cattivo esito, me sola del comun peccato biasimi: [14] me se i contanti compariti fussono, la parte, e più che la parte, volutone avresti ben. PACIFICO Non più, ch’esce la Menica. [15] |
[1] A cosa ti portano le tue opere da prostituta. [2] Che si impiccano ogni giorno. [3] Per mantenerti. [4] Son diventata l'amante di cento uomini (l'espressione è volgare). [5] Discrezione. [6] Cornuto. [7] Quartiere di Ferrara abitato da prostitute. [8] Che a quest'ora fosse più svergognata di me. [9] Lena parla dell'uscio di casa e dice che i clienti sarebbero entrati anche dal retro, ma è evidente l'allusione oscena a rapporti contro natura. [10] Sarebbe stato impossibile vivere con te. [11] Pacifico allude all'accordo con Flavio riguardante Licinia, figlia di Fazio. [12] Sempre. [13] Se avessi fatto la ruffiana a danno di chiunque altro. [14] Accusi solo me del fallimento dell'affare. [15] Arriva la serva di Fazio. |
Interpretazione complessiva
- Metro: endecasillabi sdruccioli sciolti, alcuni dei quali divisi in più battute secondo l'uso poi consolidato nel teatro italiano; alcuni versi presentano tmesi (vv. 24-25, "grandissima- / mente"; 27-28, "continua- / mente"). Alcune parole finali come "tristizie" (v. 1) o "propria" (v. 5) sono sdrucciole e vanno lette alla latina (es. tri-stì-zi-e).
- Pacifico è irritato perché Fazio ha scoperto la tresca amorosa tra sua figlia Licinia e Flavio, a cui Lena aveva retto il gioco facendo la ruffiana ed esigendo il pagamento di venticinque fiorini, mentre ora il guadagno è sfumato e Fazio (cui la coppia è in "obbligo" in quanto abitano la sua casa senza pagare affitto) diventerà furibondo: l'uomo rinfaccia alla moglie le sue "puttanerie", di aver cioè cercato guai con questo maneggio anziché svolgere la sua professione con più "modestia", mentre ora ci saranno per loro un mare di problemi. Lena risponde piccata anzitutto rinfacciando a Pacifico di essersi prostituita per mantenerlo al mondo, dato che l'uomo non lavora ed è oppresso dai debiti (infatti lo chiama "poltrone"), inoltre rivendica con un certo orgoglio la propria condizione di prostituta "onorata", che esercita il mestiere in casa e non per strada come le sue colleghe meno fortunate del Gambaro, il quartiere delle "sgualdrine pubbliche" di Ferrara. In effetti Lena ha garantito alla famiglia una condizione economica minimamente rispettabile (vivono infatti in una casuccia in cui la serva di Fazio sbriga le faccende) ed ha arrotondato le entrate sia diventando l'amante del ricco Fazio, sia educando la figlia di lui Licinia dimostrandosi anche di una discreta cultura, per cui la donna non accetta i rimproveri del marito solo ora che l'affare dei venticinque fiorini è andato a monte. Lena si dimostra, sia pure a un livello molto degradato, una sorta di donna d'affari in grado di procacciarsi il proprio guadagno in vari modi e il suo pragmatismo emerge anche dalla considerazione che sta invecchiando e che, non potendo fare la prostituta per sempre, dovrà trovare un'altra fonte di reddito, come potrebbe essere il mestiere di ruffiana che ha esercitato, sia pure senza troppo successo, con Flavio e Licinia. Il senso degli affari di Lena era emerso anche nelle scene precedenti, quando non aveva acconsentito a compiacere i desideri di Flavio prima di toccare con mano il denaro e non accontentandosi di semplici promesse.
- Il dialogo presenta un linguaggio assai crudo, specie da parte di Lena che rinfaccia duramente al marito tutto ciò che ha dovuto sopportare a causa sua: rimprovera la "insaziabile / golaccia" di Pacifico, che li ha ridotti in miseria e l'ha costretta a farsi "asina" di molti amanti (allusione piuttosto pesante alla prostituzione); chiama il marito "beccaccio" (cornuto) e lo accusa di averla spinta a vendersi a molti più uomini, tanto che lei avrebbe rischiato di diventare una donnaccia "pubblica" come le prostitute del Gambaro e non le sarebbe bastato un solo "uscio" per fare entrare tutti (il riferimento osceno ai rapporti contro natura è piuttosto scoperto). Dal canto suo il marito afferma di averle consentito di fare solo ciò che le era "in piacere" e si mostra preoccupato che lei abbia offeso in qualche modo Fazio, verso il quale i due hanno dei debiti (Pacifico teme di essere buttato fuori di casa). Nella scena seguente Menica, la serva di Fazio che svolge le faccende in casa, riferirà che tutto è risolto e che Fazio ha acconsentito al matrimonio della figlia con Flavio, cosa di cui Lena si dice contenta perché in fondo è affezionata alla giovane; la donna, anche se non avrà il denaro sperato, potrà tenersi Fazio come amante, quindi alla fine si può dire che tutti siano rimasti soddisfatti.