Rustico di Filippo
«Oi dolce mio marito Aldobrandino»
(Sonetti)
Protagonista del testo è una donna che si rivolge al marito Aldobrandino e si discolpa dell'accusa di averlo tradito con un certo Pilletto, del quale l'uomo ha trovato in casa il panciotto: pur di fronte all'evidenza della prova la moglie nega e si proclama innocente, facendo leva sull'ingenuità dello sposo e alludendo in modo sarcastico all'adulterio consumato sotto il tetto coniugale, anzi nel loro stesso letto.
► PERCORSO: La poesia comica e giullaresca
► PERCORSO: La poesia comica e giullaresca
4 8 11 14 |
Oi dolce mio marito Aldobrandino,
rimanda ormai il farso suo a Pilletto, ch’egli è tanto cortese fante e fino, che creder non déi ciò che te n’è detto. E non star tra la gente a capo chino, ché non se’ bozza, e fòtine disdetto; ma, sì come amorevole vicino, co noi venne a dormir nel nostro letto. Rimanda il farso ormai, più no il tenere, ché mai non ci verà oltre tua voglia, poi che n’ha conosciuto il tuo volere. Nel nostro letto già mai non si spoglia. Tu non dovéi gridare, anzi tacere: ch’a me non fece cosa ond’io mi doglia. |
O dolce marito mio, Aldobrandino, restituisci pure a Pilletto il suo panciotto, poiché egli è un giovane tanto cortese e raffinato che tu non devi credere a quanto ti viene detto sul suo conto.
E non camminare tra la gente a capo chino [non vergognarti], poiché non sei cornuto e te ne faccio smentita; ma lui, come vicino amorevole, venne a dormire nel nostro letto [a farci visita]. Restituisci il panciotto, non lo tenere oltre, poiché [Pilletto] non verrà più qui contro la tua volontà, visto che ora conosce il tuo volere. Non si spoglierà più nel nostro letto. Tu non dovevi gridare, dovevi anzi stare zitto: infatti lui non mi ha fatto nulla di cui io possa lagnarmi. |
Interpretazione complessiva
- Il sonetto ha schema della rima ABAB, ABAB, CDC, DCD e corrisponde al metro regolare della tradizione italiana. Sono presenti alcuni termini popolari, tra cui l'interiezione "Oi", "bozza" (cornuto, con allusione al bernoccolo sulla fronte), "fòtine" (te ne faccio).
- La protagonista del sonetto è abile a negare con argomenti capziosi l'accusa di adulterio, colpendo anche l'ingenuo marito con una feroce irrisione e giochi di parole: nega che lo sposo debba andare tra la gente a capo chino (per vergogna, ma anche per il peso delle corna sulla fronte...) e finge di aver dimostrato che non è stato tradito, mentre è vero il contrario; dichiara che Pilletto è venuto a dormire nel loro letto, cioè a fare una visita, ma nel dire questo ammette implicitamente il tradimento; afferma che Pilletto non le ha fatto nulla di cui lei possa lagnarsi, ma così facendo afferma solo che l'amante ha saputo soddisfare meglio del marito le sue esigenze sessuali, alludendo anche alla "voglia" e al "volere" di Aldobrandino (che evidentemente non sono sufficienti ai suoi appetiti erotici). Il testo ha un'evidente sfumatura misogina, presente anche in altri sonetti di Rustico e che gli fu attribuita dai contemporanei.
- Il tema dell'adulterio femminile (e maschile) è ovviamente tra i più abusati nella poesia comica, così come le figure di astute mogli che tradiscono mariti ingenui e facili da raggirare: l'accusa di adulterio è implicita anche nella "tenzone" di Dante e Forese Donati, sia nei confronti di Forese che trascura la moglie Nella (► TESTO: Chi udisse tossir la malfatata), sia contro la madre Tessa che, insinua Dante, l'avrebbe concepito con un uomo diverso dal legittimo marito. La donna del sonetto di Rustico ricorda anche vari personaggi femminili del Decameron di Boccaccio, a cominciare da Peronella (VII, 2) che tradisce il marito sotto il suo stesso naso inventando una storia poco credibile.