Francesco Guicciardini
Simulazione e dissimulazione
(Ricordi, 44, 104, 105, 199)
In modo simile a Machiavelli nel "Principe", anche Guicciardini non può negare la necessità di simulare specie durante l'azione di governo, benché egli ritenga maggiormente lodevole una condotta schietta e leale (che però non è sempre possibile per l'uomo politico). L'autore dei "Ricordi" rivolge la sua attenzione non tanto ai sovrani, costretti anch'essi all'arte della simulazione, ma soprattutto ai consiglieri di questi e ai funzionari di Stato, che spesso non possono manifestare liberamente il loro pensiero per ragioni di convenienza. Tale riflessione si lega a quella, ampiamente trattata in altri pensieri, sulle forme del potere e sul rapporto tra ministro e principe.
► PERCORSO: Il Rinascimento
► AUTORE: Francesco Guicciardini
► PERCORSO: Il Rinascimento
► AUTORE: Francesco Guicciardini
44
Fate ogni cosa per parere buoni, ché serve a infinite cose; ma perché le opinione false non durano, difficilmente vi riuscirà el parere lungamente buoni, se in verità non sarete; così mi ricordò già mio padre. 104 È lodato assai negli uomini, ed è grato a ognuno lo essere di natura liberi e reali [1], e come si dice in Firenze, schietti; è biasimata da altro canto ed è odiosa la simulazione, ma è molto piú utile a sé medesimo; e quella realità giova più presto a altri che a sé. Ma perché non si può negare che la non sia bella, io loderei chi ordinariamente avessi el traino suo [2] del vivere libero e schietto, usando la simulazione solamente in qualche cosa molto importante, le quali accaggiono rare volte. Cosí acquisteresti nome di essere libero e reale, e ti tireresti drieto quella grazia che ha chi è tenuto di tale natura: e nondimeno nelle cose che importassino più [3], caveresti utilità della simulazione, e tanto maggiore quanto, avendo fama di non essere simulatore, sarebbe piú facilmente creduto alle arti tue. 105 Ancora che [4] uno abbia nome di simulatore o di ingannatore, si vede che pure qualche volta gli inganni suoi truovano fede. Pare strano a dirlo, ma è verissimo, e io mi ricordo el re Catolico [5] piú che tutti gli altri uomini essere in questo concetto; e nondimeno ne' suoi maneggi non gli mancava mai chi gli credessi più che el debito [6]; e questo bisogna che proceda o dalla semplicità o dalla cupidità degli uomini: questi per credere facilmente quello che desiderano, quelli per non cognoscere. 199 Sempre, quando con altri volete simulare o dissimulare una vostra inclinazione, affaticatevi a mostrargli con più potente e efficace ragione [7] che voi potete, che voi avete in animo el contrario, perché quando agli uomini pare che voi cognosciate che la ragione voglia così, facilmente si persuadono che le resoluzione vostre siano secondo quello che detta la ragione. |
[1] Sinceri. [2] Chi avesse come norma di comportamento. [3] Negli affari più importanti. [4] Benché. [5] Re Ferdinando il Cattolico di Spagna, presso cui l'autore era stato ambasciatore. [6] Più del dovuto. [7] Con un ragionamento. |
Interpretazione complessiva
- L'autore parte dal presupposto che è certo preferibile nella vita comportarsi in modo schietto e leale, tuttavia non sempre per l'uomo politico (specie se impegnato in affari di grande importanza) è conveniente svelare sempre il proprio pensiero, perciò è necessario ricorrere talvolta all'arte della simulazione benché odiosa, per una naturale attenzione al proprio "particulare". Guicciardini pensa soprattutto al consigliere del sovrano e a colui che ricopre grandi incarichi di governo, riflettendo la sua personale esperienza di uomo al servizio di due papi, e tale considerazione è strettamente legata alla particolare condizione di chi deve confrontarsi con il potere del principe, specie se questi è dotato di un potere "tirannico" (all'argomento sono dedicati numerosi pensieri dell'opera; ► TESTO: La tirannide). Sotto questo aspetto il punto di vista di Guicciardini è più pragmatico di quello di Machiavelli, che suggeriva al consigliere del principe di dire sempre ciò che pensava, e anticipa alcune riflessioni che saranno svolte da importanti autori nel periodo della Controriforma, quando la condizione del funzionario di corte diventerà sempre più restrittiva.
- Il riferimento a Ferdinando il Cattolico come a un sovrano capace di simulare e dissimulare, e in grado di ingannare con estrema facilità i suoi interlocutori sulla scena politica, ricorda le analoghe considerazioni svolte da Machiavelli nel cap. XVIII del Principe, in cui il re spagnolo (pur non espressamente nominato, essendo ancora vivo) era elogiato per la sua capacità di dare di sé un'immagine non corrispondente a quella reale, necessaria tuttavia a mantenere saldo il suo potere (► TESTO: La volpe e il leone). Guicciardini parla per esperienza diretta, essendo lui stato ambasciatore della Repubblica di Firenze a Madrid nel 1511-1514 e avendo perciò visto all'opera il sovrano aragonese nei suoi maneggi politici.