Letteratura italiana
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Matteo Maria Boiardo


Il proemio dell'Orlando innamorato
(Orlando innamorato, I, I, 1-8)

L'autore enuncia il tema dell'opera sottolineando subito la novità, ovvero il fatto che il campione cristiano Orlando si è innamorato e ha compiuto grandi imprese militari non per la fede ma per la sua donna, fatto non noto poiché tenuto nascosto da Turpino (il leggendario vescovo-guerriero cui si attribuiva una cronaca delle storie dei paladini). L'enunciazione della materia prosegue con la presentazione di Gradasso, re indiano che sta marciando verso Occidente con un'armata nel tentativo di conquistare il regno di Carlo Magno, cosa che verrà narrata più avanti in questo libro; intanto il sovrano franco ha radunato alla corte di Parigi tutti i guerrieri cristiani e saraceni, essendo stata proclamata una tregua in occasione della Pentecoste.

► PERCORSO: L'Umanesimo
► AUTORE: Matteo Maria Boiardo


1
Signori e cavallier che ve adunati
Per odir cose dilettose e nove,
Stati attenti e quïeti, ed ascoltati
La bella istoria che ’l mio canto muove;
E vedereti i gesti smisurati,
L’alta fatica e le mirabil prove
Che fece il franco Orlando per amore
Nel tempo del re Carlo imperatore.

2  
Non vi par già, signor, meraviglioso
Odir cantar de Orlando inamorato,
Ché qualunche nel mondo è più orgoglioso,
È da Amor vinto, al tutto subiugato;
Né forte braccio, né ardire animoso,
Né scudo o maglia, né brando affilato,
Né altra possanza può mai far diffesa,
Che al fin non sia da Amor battuta e presa.

3  
Questa novella è nota a poca gente,
Perché Turpino istesso la nascose,
Credendo forse a quel conte valente
Esser le sue scritture dispettose,
Poi che contra ad Amor pur fu perdente
Colui che vinse tutte l’altre cose:
Dico di Orlando, il cavalliero adatto.
Non più parole ormai, veniamo al fatto.

4  
La vera istoria di Turpin ragiona
Che regnava in la terra de orïente,
Di là da l’India, un gran re di corona,
Di stato e de ricchezze sì potente
E sì gagliardo de la sua persona,
Che tutto il mondo stimava nïente:
Gradasso nome avea quello amirante,
Che ha cor di drago e membra di gigante.

5  
E sì come egli avviene a’ gran signori,
Che pur quel voglion che non ponno avere,
E quanto son difficultà maggiori
La desïata cosa ad ottenere,
Pongono il regno spesso in grandi errori,
Né posson quel che voglion possedere;
Così bramava quel pagan gagliardo
Sol Durindana e ’l bon destrier Baiardo.

6  
Unde per tutto il suo gran tenitoro
Fece la gente ne l’arme asembrare,
Ché ben sapeva lui che per tesoro
Né il brando, né il corsier puote acquistare;
Duo mercadanti erano coloro
Che vendean le sue merce troppo care:
Però destina di passare in Franza
Ed acquistarle con sua gran possanza.

7  
Cento cinquanta millia cavallieri
Elesse di sua gente tutta quanta;
Né questi adoperar facea pensieri,
Perché lui solo a combatter se avanta
Contra al re Carlo ed a tutti guerreri
Che son credenti in nostra fede santa;
E lui soletto vincere e disfare
Quanto il sol vede e quanto cinge il mare.

8  
Lassiam costor che a vella se ne vano,
Che sentirete poi ben la sua gionta;
E ritornamo in Francia a Carlo Mano,
Che e soi magni baron provede e conta;
Imperò che ogni principe cristiano,
Ogni duca e signore a lui se afronta
Per una giostra che aveva ordinata
Allor di maggio, alla pasqua rosata.

Signori e cavalieri che siete radunati qui per ascoltare storie nuove e piacevoli, state attenti e silenziosi e ascoltate la bella storia narrata dal mio canto; e vedrete le gesta eroiche, le grandi fatiche e le prove straordinarie che il franco Orlando fece per amore, nel tempo dell'imperatore Carlo Magno.





Non vi sembri strano, signori, sentir cantare di Orlando innamorato, poiché chiunque al mondo è più orgoglioso è vinto e del tutto sopraffatto dall'amore; né un valoroso braccio, né un gran coraggio, né uno scudo o una corazza, né una spada affilata, né nessun'altra potenza può difendersi e impedire che l'Amore la sconfigga e la vinca.





Questa storia è conosciuta da pochi, perché lo stesso Turpino la tenne nascosta, credendo forse che ciò che scriveva potesse dispiacere a quel conte valoroso [Orlando], dal momento che colui che vinse tutto e tutti fu sconfitto da Amore: parlo di Orlando, il valoroso cavaliere. Basta con le parole, veniamo ai fatti.




La vera storia di Turpino narra che in Oriente, oltre l'India, regnava un grande e nobile re, tanto ricco e dotato di un dominio così potente, e così fisicamente prestante, che disprezzava tutto il mondo: quel sovrano si chiama Gradasso, e ha un cuore di drago e un corpo da gigante.






E come avviene di solito ai gran signori, che vogliono quello che non possono avere, e quanto maggiori son le difficoltà a ottenere la cosa desiderata, tanto più espongono il loro regno a grandi rischi, e non possono possedere ciò che vogliono; così quel pagano gagliardo voleva solo Durindana [la spada di Orlando] e il buon destriero Baiardo [il cavallo di Ranaldo].




Allora fece radunare uomini armati per tutto il suo territorio, poiché sapeva di non poter acquistare col denaro né la spada né il cavallo; i loro possessori [Orlando e Ranaldo] erano due mercanti che vendevano le loro merci a caro prezzo: perciò decide di passare in Francia e conquistarle con la potenza militare.




Scelse cinquantamila cavalieri da tutto il suo popolo; né si preoccupava di usarli, poiché lui solo si vantava di combattere contro re Carlo e tutti i guerrieri di fede cristiana; e lui si vanta di vincere e conquistare tutto ciò che illuminato dal sole e bagnato dal mare.






Ma lasciamo costoro che vanno per mare, infatti sentirete a suo tempo quando arriveranno; e ritorniamo in Francia da Carlo Magno, che raduna e conta i suoi nobili baroni; comanda che ogni principe cristiano, ogni duca e signore si affronti davanti a lui in un torneo che aveva allestito nel mese di maggio, nella Pasqua rosata [la festa della Pentecoste].





Interpretazione complessiva

  • Il poema si apre con un'allocuzione dell'autore al suo pubblico di corte, designato con l'epiteto "Signori e cavallier" cui egli si rivolge per narrare le vicende del paladini come fosse un cantastorie e rifacendosi alla tradizione dei "cantari" medievali: sappiamo che il poema veniva letto pubblicamente alla corte di Ferrara man mano che i canti venivano completati, dunque l'appello ai lettori-ascoltatori ha un fondamento realistico, anche se è indubbio che l'opera fosse destinata alla stampa e tale esordio rientrava in una "maniera" letteraria consapevolmente usata dallo scrittore. Boiardo sottolinea subito l'assoluta novità del poema, ovvero la trasformazione del paladino Orlando da "eroe della fede" quale appariva nelle chansons de geste a uomo innamorato, chiarendo che l'amore vince su tutto e sarà la molla dell'azione epica del poema; l'autore si rifà certamente allo Stilnovo riletto alla luce del platonismo quattrocentesco, ma anche al motivo dell'amor omnia vincit della lett. classica, in particolare delle Egloghe di Virgilio (X, 69). Attribuisce la novità della materia al fatto che Turpino, il leggendario autore di una cronaca delle vicende dei paladini, avrebbe nascosto questo particolare della vita di Orlando, per non nuocere alla sua reputazione di guerriero della fede. L'oggetto del desiderio di Orlando sarà la bella Angelica, il personaggio creato da Boiardo che farà la sua apparizione di lì a poco, in occasione del torneo della "Pasqua rosata".
  • Prima di entrare nel vivo del racconto, Boiardo anticipa un ulteriore sviluppo narrativo del poema e cioè l'invasione da parte del re indiano Gradasso del territorio di Francia, nel tentativo di impadronirsi della spada di Orlando (Durindana, la celebre Durendal della tradizione carolingia) e del cavallo di Ranaldo (Baiardo): il re pagano sarà protagonista anche dell'Orlando furioso, in cui parteciperà al duello famoso di Lipadusa e ucciderà Brandimarte, prima di essere a sua volta ucciso da Orlando. Dopo questa anticipazione l'autore introduce la corte di Carlo Magno a Parigi, dove il sovrano ha indetto un torneo cavalleresco in occasione della Pentecoste (la "Pasqua rosata") cui prendono parte cristiani e saraceni, avendo sospeso le ostilità in seguito a una sorta di tregua; poche ottave dopo farà la sua apparizione Angelica, in compagnia del fratello Argalìa e scortata da quattro giganti, giunta dal Catai per mettere in atto un piano malvagio (► TESTO: L'apparizione di Angelica).


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