Letteratura italiana
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Torquato Tasso


Il proemio della Gerusalemme liberata
(Gerusalemme Liberata, I, 1-5)

Nelle ottave iniziali del poema l'autore propone anzitutto la "protasi", l'enunciazione della materia epica con anticipazione della vittoriosa conclusione della Crociata e la presentazione del "capitano" Goffredo, poi invoca la Musa che è da intendersi come personificazione dell'ispirazione divina e alla quale giustifica la scelta artistica di inserire intermezzi romanzeschi nella trama propriamente storica, per allettare il pubblico e divulgare la materia dell'opera. Non manca l'elemento encomiastico, con la dedica del poema ad Alfonso II d'Este che, auspica Tasso, potrà assumere il comando di una nuova, futura Crociata per liberare il Santo Sepolcro.

► PERCORSO: La Controriforma
► AUTORE: Torquato Tasso
► OPERA: Gerusalemme liberata


1
Canto l'arme pietose e 'l capitano
che 'l gran sepolcro liberò di Cristo.
Molto egli oprò co 'l senno e con la mano,
molto soffrí nel glorioso acquisto;
e in van l'Inferno vi s'oppose, e in vano
s'armò d'Asia e di Libia il popol misto.
Il Ciel gli diè favore, e sotto a i santi
segni ridusse i suoi compagni erranti.

2
O Musa, tu che di caduchi allori
non circondi la fronte in Elicona,
ma su nel cielo infra i beati cori
hai di stelle immortali aurea corona,
tu spira al petto mio celesti ardori,
tu rischiara il mio canto, e tu perdona
s'intesso fregi al ver, s'adorno in parte
d'altri diletti, che de' tuoi, le carte.

3
Sai che là corre il mondo ove piú versi
di sue dolcezze il lusinghier Parnaso,
e che 'l vero, condito in molli versi,
i piú schivi allettando ha persuaso.
Cosí a l'egro fanciul porgiamo aspersi
di soavi licor gli orli del vaso:
succhi amari ingannato intanto ei beve,
e da l'inganno suo vita riceve.

4
Tu, magnanimo Alfonso, il quale ritogli
al furor di fortuna e guidi in porto
me peregrino errante, e fra gli scogli
e fra l'onde agitato e quasi absorto,
queste mie carte in lieta fronte accogli,
che quasi in voto a te sacrate i' porto.
Forse un dí fia che la presaga penna
osi scriver di te quel ch'or n'accenna.

5
È ben ragion, s'egli averrà ch'in pace
il buon popol di Cristo unqua si veda,
e con navi e cavalli al fero Trace
cerchi ritòr la grande ingiusta preda,
ch'a te lo scettro in terra o, se ti piace,
l'alto imperio de' mari a te conceda.
Emulo di Goffredo, i nostri carmi
intanto ascolta, e t'apparecchia a l'armi.


Canto le imprese devote e il condottiero [Goffredo di Buglione] che liberò il Santo Sepolcro. Egli compì molte opere con la ragione e con le gesta militari, soffrì molto nella gloriosa conquista; invano l'Inferno cercò di opporsi a lui e invano il popolo misto di Asia e Africa prese le armi. Il Cielo gli diede il suo favore ed egli ricondusse sotto le insegne della Croce i suoi compagni allettati dal vizio.



O Musa, tu che non ti circondi
sul monte Elicona la fronte di allori destinati a cadere, ma hai una corona dorata di stelle immortali su nel cielo, tra i cori dei beati, tu ispira al mio petto ardori celesti, illumina il mio canto e perdonami se aggiungo abbellimenti alla verità, se adorno il mio poema con altri piaceri oltre ai tuoi.




Tu sai che i lettori si rivolgono volentieri a quelle opere in cui il lusinghiero Parnaso riversa maggiormente le sue dolcezze e che il vero, mescolato a piacevoli versi, ha persuaso i più ritrosi allettandoli. Così porgiamo al fanciullo malato gli orli del bicchiere cosparsi di sostanze dolci: egli, ingannato, beve una medicina amara, e dall'inganno riceve la vita.





Tu, nobile Alfonso II d'Este, che sottrai al furore della tempesta e guidi in porto me, esule vagabondo, che sono sbattuto e quasi sommerso dalle onde tra gli scogli, ricevi con benevolenza questa mia opera che ti offro come un dono consacrato a te. Forse un giorno avverrà che la mia penna presaga osi scrivere sul tuo conto quello che ora a malapena accenna.




Se mai avverrà che il buon popolo cristiano ritrovi la pace interna, e cerchi di riconquistare con navi e truppe di cavalleria al feroce Turco la grande e ingiusta preda [il Santo Sepolcro], è certo giusto che conceda a te il comando in terra o, se preferisci, l'alto comando della flotta. Intanto ascolta i miei versi, emulo di Goffredo, e preparati alla battaglia.


Interpretazione complessiva

  • La prima ottava corrisponde alla "protasi", ovvero l'enunciazione del tema affrontato nel poema, e il primo verso rappresenta una voluta imitazione di quello iniziale dell'Eneide (Arma virumque cano Troiaeque qui primus ab oris) con la presentazione dell'eroe al centro dell'opera, il "capitano" Goffredo di Buglione le cui "arme" sono "pietose" in quanto devote alla fede cristiana e alla guerra santa della Crociata, anche qui con ripresa dell'aggettivo pius attribuito ad Enea che era sottomesso alla volontà del fato. L'impresa compiuta da Goffredo è celebrata come "glorioso acquisto", dal momento che il condottiero ha riconquistato il "gran sepolcro" di Cristo (gli aggettivi sottolineano la grandezza dell'opera militare) ed egli ha operato con saggezza e con ardimento militare, soffrendo molto nel fare fino in fondo il proprio dovere. Goffredo è dunque presentato sin dall'inizio come guerriero perfetto, non soggetto al turbamento delle passioni che invece svieranno i suoi "compagni erranti" dalla centralità della loro missione, e infatti a lui spetterà il compito di riportarli sotto le insegne dei Crociati, anticipando uno dei temi fondamentali del poema e cioè il contrasto fra dovere e allettamento dei sensi, tra guerra e amore. Viene anche prefigurato l'intervento del soprannaturale nelle vicende militari, poiché il Cielo ha dato il suo favore all'impresa di Goffredo e ha vanificato il tentativo delle forze infernali di opporsi all'inevitabile caduta di Gerusalemme, così come vana sarà l'unione tra l'esercito musulmano di Terrasanta e quello proveniente dall'Egitto (dalla "Libia", intesa genericamente come il Nordafrica), per cui si può dire che l'ottava proemiale riassume in modo sintetico tutti gli aspetti fondamentali del poema, così come l'ultima (XX.144) avrà ancora protagonista Goffredo, che "vince" ed entra in Gerusalemme adorando il "gran Sepolcro" (l'inizio e la fine dell'opera si rimandano con un riferimento "circolare").
  • Nell'invocazione alla Musa (ott. 2-3) Tasso intende rivolgersi all'ispirazione divina e il poeta chiarisce subito che non si tratta della divinità pagana, che è incoronata sul monte Elicona di allori destinati a sfiorire perché legati a una poesia mortale, bensì di una Musa celeste che ha una corona dorata di stelle e risiede in paradiso, quindi l'autore dovrà essere assistito direttamente da Dio nel comporre un'opera di profondo significato religioso, molto diversa dai poemi di intrattenimento dell'epica cavalleresca. Tasso giustifica anche la scelta di mescolare vero e invenzione romanzesca (i "fregi" con i quali abbellisce il vero storico), poiché i lettori si rivolgono più volentieri a un'opera con elementi piacevoli e attrattivi e in tal modo egli potrà più facilmente trasmettere il messaggio religioso ed edificante del poema, che costituisce la più interessante novità letteraria rispetto alla tradizione epica precedente. L'autore ricorre alla similitudine del bambino malato che deve bere un'amara medicina e che viene ingannato facendolo bere da un "vaso" i cui bordi siano stati cosparsi con "soavi licor", poiché da questo inganno egli riceve la guarigione e la vita: fuor di metafora i "succhi amari" sono gli insegnamenti morali dell'opera, mentre le sostanze dolci sono appunto i "diletti" poetici inseriti nella materia propriamente epica, ovvero gli intermezzi idillici che apparentemente potevano stonare in un poema dedicato a un'impresa santa come la Crociata che aveva portato alla riconquista di Gerusalemme. Tasso trae la similitudine da Lucrezio (De rerum natura, I.936-942), che usa un'immagine molto simile per giustificare anch'egli la scelta di affrontare la materia filosofica dell'epicureismo musaeo dulci... melle ("col dolce miele proprio delle Muse"), onde evitare che il volgo, restio al linguaggio del sapere, se ne allontani come disgustato.
  • Le ott. 4-5 anticipano il motivo encomiastico al centro del poema, dedicato ad Alfonso II d'Este (all'epoca protettore di Tasso e signore di Ferrara) che viene ringraziato dal poeta in quanto lo ha generosamente accolto nella propria corte, lui che era "peregrino errante" in quanto privo di una patria, esule come il padre Bernardo che aveva seguito nell'infanzia: l'autore usa la consueta metafora del viaggio in mare, che per lui è stato difficile perché fiaccato dal fortunale (un vento tempestoso) e rischiava di venire inghiottito dalle onde, finché Alfonso lo ha sottratto alla burrasca e lo ha condotto in porto, dal momento che gli anni della composizione del poema a Ferrara furono in effetti i più sereni nella vita personale di Tasso. Il poeta auspica addirittura che Alfonso possa assumere il comando di un'ipotetica futura Crociata volta a riconquistare la Terrasanta, per cui il signore di Ferrara viene chiamato "emulo di Goffredo" e a lui il poema è offerto come un "voto", come un dono consacrato per il suo contenuto religioso. Il tema encomiastico verrà sviluppato soprattutto con il personaggio di Rinaldo, leggendario capostipite degli Este e figura analoga al Ruggiero del Furioso, specie nel canto XVII in cui il mago di Ascalona farà la rassegna degli illustri antenati del guerriero e profetizzerà la venuta di Alfonso, "primo in virtù ma in titolo secondo". Nella Conquistata la celebrazione degli Este ovviamente verrà meno, in seguito alla prigionia di Tasso nell'ospedale di Sant'Anna e alla rottura dei rapporti con Alfonso, e il secondo poema sarà dedicato al cardinale Cinzio Aldobrandini, nipote del papa Clemente VIII e protettore del poeta negli ultimi anni.
  • L'accenno al "buon popol di Cristo" per cui Tasso auspica una pacificazione interna, necessaria premessa a una successiva Crociata in Terrasanta, rimanda alla rottura dell'unità del mondo cristiano in seguito alla Riforma e chiarisce fin dall'inizio che la lotta contro gli "infedeli" musulmani nasconde in controluce quella contro gli scismatici e i predicatori che avevano sconvolto l'assetto religioso dell'Europa del XVI sec., contro i quali da più parti si invocava una "crociata" per estirpare la loro eresia (questo clima di contrapposizione preannuncia le guerre di religione che divamperanno nel XVII sec.; ► PERCORSO: La Controriforma).

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