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Torquato Tasso


«L'incendio, onde tai raggi uscîr già fôre»
(Rime d'amore, II, 130)

Scritto in onore di Laura Peperara, la donna amata da Tasso dopo l'infelice esperienza con Lucrezia Bendidio, questo sonetto apre il secondo libro delle "Rime" amorose dell'autore ed è tutto giocato sul fatto che il nuovo amore ha sì acceso una fiamma nel cuore del poeta, ma non ha spento del tutto quella vecchia, per cui egli soffre doppiamente in quanto è sottoposto a un duplice giogo da Amore. Il testo riprende le tipiche immagini del petrarchismo cinquecentesco (con una certa vicinanza specie al modello di Bembo) ed è un bell'esempio di poesia giovanile di Tasso, prima che egli sperimentasse le amarezze della vita di corte e l'impegno della composizione del poema.

► PERCORSO: La Controriforma 
► AUTORE: Torquato Tasso





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L’incendio, onde tai raggi uscîr già fôre,
rinchiuso è ben ma in nulla parte spento,
e per nova beltà ne l’alma sento
svegliarsi un novo inusitato ardore.

Serve indiviso a due tiranni il core,
a’ vari oggetti è un pensier fermo e intento
e per doppia cagion doppio è ’l tormento:
chi mai tai meraviglie udío d’Amore?

Lasso! e stolto già fui quando conversi
incontra ’l ciel l’armi di sdegno, e volsi
trionfar di colui che sempre vinse;

ché, s’allora un sol giogo io non soffersi,
or due ne porto, e s’un lacciuolo i’ sciolsi
quegli ordío novo nodo e ’l vecchio ei strinse.

L'incendio, dal quale sono già uscite queste faville, è circoscritto ma non ancora del tutto spento, e a causa di una nuova bellezza sento svegliarmi nell'anima un nuovo ardore mai provato prima.

Il mio cuore è al servizio di due tiranni, pur non essendo diviso, il mio pensiero è fisso e attento a vari oggetti e il tormento è raddoppiato per una duplice ragione: chi mai ha sentito tali meraviglie d'amore?


Ahimè! Fui ben folle quando rivolsi sdegnato le armi verso il cielo e volli trionfare contro colui [l'Amore] che ha sempre vinto;


poiché, se allora io non sopportai un solo giogo, ora ne porto due, e se io sciolsi un laccio quello [l'Amore] ne fece uno nuovo e strinse quello vecchio.


Interpretazione complessiva

  • Metro: sonetto con schema della rima ABBA, ABBA, CDE, CDE (le rime delle terzine sono in forte assonanza). Paronomasia al v. 8 ("mai tai"), e al v. 14 ("novo nodo", con allitterazione della "n"); rima interna ai vv. 9, 11 ("fui/colui"). Allitterazione della "s" al v. 12, mentre le tre ultime parole-rima iniziano tutte per "s" ("soffersi", "sciolsi", "strinsi", forse per suggerire sul piano fonico la costrizione del giogo e del "lacciuolo".
  • La lirica è incentrata sul nascere della passione per Laura Peperara, che ha sostituito quella per Lucrezia Bendidio anche se l'amore per lei è ancora vivo e fa soffrire il poeta: l'immagine iniziale è quella (consueta nella lirica petrarchista) del fuoco d'amore, poiché il primo "incendio" di cui si sono viste le scintille al di fuori ora è "rinchiuso", soffocato, ma non del tutto spento e un nuovo "ardore" nasce nell'anima dell'autore per una nuova bellezza (il topos delle fiamme amorose che bruciano il cuore ha storia antica nella tradizione poetica italiana, risalendo almeno ai Siciliani e ai Guittoniani: ► TESTO: Meravigliosamente). Sciocco è stato il poeta a sdegnarsi col destino per la sua infelice passione e a illudersi di poter vincere sull'Amore, che trionfa sempre (eco di Virgilio, Egl. X.69: Omnia vincit amor et nos cedamus amori), per cui adesso il suo cuore "indiviso" serve a due tiranni e se prima sopportava un giogo adesso ne deve portare due (e anche l'immagine del "giogo" d'amore è tipica della lirica amorosa petrarchesca: cfr. Canzoniere, 270, Amor, se vuo' ch'i'torni al giogo anticho). Coerente con questa presentazione è anche l'immagine del laccio d'amore dell'ultima terzina, in quanto Tasso pensava di avere sciolto il primo e invece Amore ne ha fatto un secondo e ha stretto di più l'altro.
  • Il v. 6 esprime il fatto che il pensiero del poeta ora è fisso e attento a "vari oggetti", ossia a due donne contemporaneamente, e verrà riecheggiato nella Gerusalemme liberata quando Rinaldo, soggiogato dall'incantesimo della maga Armida, le regge lo specchio mentre lei è intenta ad agghindarsi ("mirano in vari oggetti un solo oggetto", cioè la donna si riflette nello specchio e il cavaliere guarda lei, specchiandosi a sua volta nei begli occhi dell'incantatrice; ► TESTO: L'amore di Rinaldo e Armida).

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