Ludovico Ariosto
Corbolo, il servo astuto
(Lena, Atto III, scena I)
In questo vivace monologo che apre l'atto III Corbolo, il servo fedele del padroncino Flavio, si presenta come il classico "servus callidus" della commedia latina e si dice pronto a mettere in piedi un raggiro per evitare al giovane di indebitarsi e pagare i venticinque fiorini come "onorario" alla ruffiana Lena, disposta a fargli incontrare in segreto Licinia. Corbolo tenterà un inganno ai danni di Ilario, l'ignaro padre di Flavio, e il suo discorso cita personaggi di Plauto per ammiccare ironicamente al lettore, in un gioco teatrale che rientrava perfettamente nei gusti del pubblico colto dell'epoca.
► PERCORSO: Il Rinascimento
► AUTORE: Ludovico Ariosto
► PERCORSO: Il Rinascimento
► AUTORE: Ludovico Ariosto
ATTO III, SCENA I
CORBOLO |
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Or ho di due faccende fatto prospera- mente una, e con satisfazione d’animo; chè ’l cappone e’ fagiani grassi e teneri son riusciti, e ’l pan buono, e ’l vin ottimo. [1] Non cessa tuttavía lodarmi Flavio per uom che ’l suo danajo sappia spendere. Farò ancor l’altra [2], ma non con quel gaudio c’ho fatto questa: m’è troppo difficile ch’io vegga a costui spendere, anzi perdere venticinque fiorini, e ch’io lo tolleri. Facile è ’l tôr; sta la fatica al rendere. [3] Come farà non so, se non fa vendita dei panni [4] al fin: ma se i panni si vendono (ché so che, a lungo andar, nol potrà ascondere al padre), i gridi, i rumori, li strepiti si sentiran per tutto; e sta a pericolo d’esser cacciato di casa. Or l’astuzia bisognaría [5] d’un servo, quale fingere ho veduto talor nelle commedie, che questa somma con fraude e fallacia sapesse del borsel del vecchio mungere. [6] Deh, se ben io non son Davo nè Sosia, [7] se ben non nacqui fra Geti né in Siria, non ho in questa testaccia anch’io malizia? Non saprò ordire un giunto [8] anch’io, ch’a tessere abbia fortuna poi, la qual propizia (come si dice) a gli audaci suol essere? Ma che farò, che con un vecchio credulo non ho a far, qual a suo modo Terenzio o Plauto suol Cremete o Simon fingere? [9] Ma quanto egli è più cauto, maggior gloria non è la mia, s’io lo piglio alla trappola? Jeri andò in nave a Sabbioncello [10], e aspettasi questa mattina: convien ch’io mi prépari di quel c’ho a dir, come lo vegga. Or eccolo appunto! questo è un tratto di commedia [11]; il nominarlo, ed egli in capo giungere della contrada, e in un tempo medesimo. Ma non vô [12] che mi vegga prima ch’abbia la rete tesa dove oggi spero involgerlo. |
[1] Flavio lo aveva spedito a procurarsi cibarie per la ruffiana Lena. [2] Procurare i venticinque fiorini. [3] Trovare i soldi sarà facile, più difficile restituirli. [4] Il cappello e la veste, che ha dovuto impegnare. [5] Occorrerebbe. [6] Che sapesse spillare questa somma dalla borsa del vecchio. [7] Personaggi delle commedie antiche (Davo dell'Andria di Terenzio, Sosia dell'Amphitruo di Plauto). [8] Un imbroglio. [9] Cremete è il protagonista della commedia di Terenzio Heautontimorumenos, Simone di quella plautina Mostellaria. [10] Cittadina del ferrarese. [11] Questa sembra la scena di una commedia. [12] Non voglio. |
Interpretazione complessiva
- Metro: endecasillabi sdruccioli sciolti, alcuni dei quali presentano tmesi (vv. 1-2, "prospera- / mente"); alcune parole finali come "Flavio" (v. 5) o "gaudio" (v. 7) sono trisillabi sdruccioli, da leggersi alla latina (es. flà-vi-o). Al v. 34 "prépari" è sdrucciolo per ragioni metriche, mentre al v. 39 "ch'abbia la" si legge ch'àbbiala in forma composta.
- Corbolo si presenta come il classico servus callidus delle commedie latine e decide di sua iniziativa di aiutare il padroncino Flavio a trovare i venticinque fiorini con cui pagare i servigi di Lena, che dovrà fargli incontrare segretamente l'amata Licinia: il giovane ha deciso di procurarsi la somma impegnando veste e cappello e ciò preoccupa il servo, perché la cosa verrà risaputa dal severo padre di Flavio, Ilario, quindi sarà necessario metter su un imbroglio (un "giunto", secondo il gergo dell'epoca) per spillare i quattrini a Ilario stesso, impresa difficile perché il vecchio non è uno sprovveduto. Corbolo ammicca furbescamente al pubblico invocando l'astuzia di un servo da commedia e citando i personaggi di alcuni noti testi di Plauto e Terenzio, come Sosia (tra i protagonisti dell'Amphitruo, era il servo di cui Mercurio assumeva le sembianze) e Davo (il servo dell'Andria), col dire che lui non è nessuno dei due e non è nato tra i Geti o in Siria come gli schiavi romani, ma saprà usare malizia a sufficienza per ingannare il padrone (Corbolo citerà poco oltre anche Cremete, protagonista della commedia terenziana Heautontimorumenos, e Simone, personaggio della Mostellaria di Plauto). Il monologo del servo è un gioco di rimandi letterari e di "teatro nel teatro" quale solo un pubblico colto e aristocratico era in grado di apprezzare, anche quando Corbolo alla fine vede arrivare la sua vittima Ilario e ironizza dicendo che questo "è un tratto di commedia; / il nominarlo, ed egli in capo giungere / della contrada, e in un tempo medesimo" (vv. 36-38), scherzando così sulle coincidenze di cui i testi comici sono pieni. Questi artifici saranno frequenti anche nella commedia del XVII-XVIII sec. e se ne avranno molti esempi in Goldoni, che nella Locandiera inserisce le figure di due commedianti (Ortensia e Deianira) e fa dire al conte d'Albafiorita che il marchese e il cavaliere sono entrambi "caratteri da commedia" (atto II, scena X).
- Il tentativo di Corbolo di aiutare Flavio si rivelerà un fallimento, poiché dapprima fa credere a Ilario che il giovane è stato derubato di cappello e veste, ma viene sbugiardato da un altro servo, poi inventa la favola che Flavio è stato colto da Pacifico con la moglie Lena in un incontro sessuale e che per questo l'adirato marito vorrebbe ucciderlo (cosa inverosimile, dato che questi è il primo sfruttatore della prostituta), mentre poco dopo Fazio scopre la tresca che coinvolge la figlia Licinia. Alla fine Ilario e Fazio si accordano per un matrimonio riparatore e tutto si appiana con soddisfazione di entrambi (ma non di Lena), nonostante le furberie del servo.