Dante Alighieri
«Chi udisse tossir la malfatata»
(Rime, 26)
Il sonetto apre la cosiddetta "tenzone" tra Dante e Forese Donati, che si compone in tutto di sei testi (i tre sonetti di Dante e le rispettive risposte dell'amico-rivale) e in cui i due poeti si scambiano insulti e ingiurie in tono "comico" e in modo conforme al genere mediolatino dell'"improperium" e della "tenso" provenzale, anche se è probabile che sia tutto un gioco letterario senza eccessivo malanimo. In questo testo Dante accusa Forese di trascurare la moglie Nella e di lasciarla sola a letto la notte, perché ha relazioni con altre donne o, più probabilmente, perché va in giro a rubare, quindi la donna soffre il freddo ed è sempre ammalata anche in piena estate. La "tenzone" risale quasi certamente agli anni 1293-1296, dopo la morte di Beatrice e nel periodo del cosiddetto "traviamento" di Dante, in cui il poeta abbandonò la teologia per darsi a studi filosofici e visse in modo scapestrato e gaudente (anche con relazioni sensuali con altre donne, come altre Rime sembrano testimoniare).
► PERCORSO: La poesia comica e giullaresca
► AUTORE: Dante Alighieri
► SCHEDA: La "tenzone" come genere poetico
► PERCORSO: La poesia comica e giullaresca
► AUTORE: Dante Alighieri
► SCHEDA: La "tenzone" come genere poetico
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Chi udisse tossir la malfatata
moglie di Bicci vocato Forese, potrebbe dir ch’ell’ha forse vernata ove si fa ’l cristallo in quel paese. Di mezzo agosto la truovi infreddata; or sappi che de’ far d’ogni altro mese! E non le val perché dorma calzata, merzé del copertoio c’ha cortonese. La tosse, ’l freddo e l’altra mala voglia non l’addovien per omor ch’abbia vecchi, ma per difetto ch’ella sente al nido. Piange la madre, c’ha più d’una doglia, dicendo: «Lassa, che per fichi secchi messa l’avre’ ’n casa del conte Guido!». |
Chi sentisse tossire la sventurata moglie di Forese, detto Bicci, potrebbe dire che forse ha passato l'inverno nel paese dove si produce il cristallo [una regione molto fredda].
Anche a metà agosto la trovi raffreddata; immagina come deve stare in ogni altro mese! E non le serve a molto dormire con le calze, a causa della coperta che è corta. La tosse, il freddo e gli altri malanni non le capitano per la sua vecchiaia, ma per la mancanza che sente nel nido [l'assenza di Forese nel letto coniugale]. La madre [di lei] piange e ne ha più d'un motivo, mentre dice: "Ahimè, con una dote modesta potevo farle sposare uno dei conti Guidi!" |
Interpretazione complessiva
- Il sonetto ha schema della rima ABAB, ABAB, CDE, CDE e presenta un trittongo al v. 8 (copertoio che è trisillabo, poiché -oio vale una sola sillaba). La lingua è piuttosto semplice e l'unico termine raro è malfatata (v. 1, "sventurata"); lo stile invece è aspro e abbondano i suoni duri e gutturali, specie con le allitterazioni della "c" (vv. 7-8, 10, 13) e della "r" (vv. 3-4).
- Il testo si fonda sul paradosso della moglie di Forese, Nella, che dorme sola nel proprio letto e dunque è sempre ammalata, come se avesse passato l'inverno nel paese dove si produce il cristallo (che nel Medioevo si pensava nascesse dal ghiaccio, dunque la regione indicata è nell'estremo Nord). La coperta (copertoio) che è troppo corta per scaldarla è un'allusione oscena all'assenza del marito nel letto, poiché egli non adempie i propri doveri di sposo (il difetto nel nido coniugale); c'è anche un ulteriore gioco di parole con cortonese, che vale "corto" e "di Cortona", la città toscana vicina ad Arezzo (in Toscana nel XIII-XIV sec. fiorì una importante industria della lana). Gli omor... vecchi sono i liquidi organici che si credevano responsabili delle funzioni vitali, dunque Dante insinua che la donna è avanti con gli anni e, forse per questo, poco attraente agli occhi di Forese.
- La vicenda tratteggiata da Dante pare alludere ad infedeltà coniugali di Forese, anche se forse l'accusa è piuttosto quella di andare di notte a rubare in casa altrui (cfr. il sonetto Bicci novel della tenzone, in cui Forese è chiamato "piùvico ladron", ladro matricolato). Dante ritratterà le accuse di questi versi nel famoso episodio di Purg., XXIII in cui finge di incontrare l'anima di Forese tra i golosi e al quale attribuisce parole affettuose in ricordo della moglie Nella, che con le sue preghiere ha abbreviato la sua permanenza nelle cornici sottostanti. Forese aggiunge che Nella è tra le poche donne a comportarsi bene a Firenze, dove il malcostume femminile ha ormai raggiunto livelli insopportabili (il canto sembra almeno in parte essere una riparazione dei versi della tenzone, nonché una riabilitazione di Forese agli occhi della moglie).
- Il conte Guido del v. 14 è quasi certamente uno dei conti Guidi del Casentino e forse è Guido il Vecchio, fondatore della dinastia e citato da Dante in Par., XVI, 98. La madre di Nella intende dire che con una dote modesta avrebbe procurato alla figlia un ottimo matrimonio, addirittura con una famiglia di antica nobiltà.