Folgóre da S. Gimignano
«E di febbrai' vi dono bella caccia»
(Sonetti dei mesi, III)
È uno dei sonetti della collana dei mesi, in cui Folgóre si rivolge a un'allegra brigata di giovani aristocratici ed elenca una serie di occupazioni piacevoli ed eleganti degne del loro "status" sociale, adatte al periodo dell'anno di cui si tratta. Il testo è modellato sul "plazer" provenzale e l'autore vi esprime quell'ideale di vita nobile e cortese che egli abbracciava in quanto cavaliere, ma che in qualche modo sentiva che stava scomparendo nella società mercantile di inizio Trecento e verso il quale prova una forte nostalgia.
► PERCORSO: La poesia comica e giullaresca
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E di febbrai’ vi dono bella caccia
di cervi, cavrioli e di cinghiari, corte gonnelle con grossi calzari, e compagnia che vi diletti e piaccia; can da guinzagli e segugi da traccia, e le borse fornite di danari, ad onta degli scarsi e degli avari, che di questo vi dán briga ed impaccia; e la sera tornar co’ vostri fanti carcati de la molta salvaggina, avendo gioia ed allegrezza e canti; far trar del vino e fumar la cucina, e fin al primo sonno star razzanti: e po’ posare ’nfin a la mattina. |
E per febbraio vi dono una bella battuta di caccia ai cervi, ai caprioli e ai cinghiali, con gonnelle corte [abiti eleganti adatti a cavalcare] e grosse calzature, e una compagnia che vi dia gioia e piacere;
[vi dono] cani da ferma e segugi capaci di stanare la selvaggina, e le borse ben piene di denaro a dispetto delle persone avare e taccagne, e di chi in questo vi è di ostacolo e di impaccio [i creditori]; e [possiate] tornare la sera con i vostri servi carichi di abbondante selvaggina, provando gioia con allegria e canti; [possiate] far spillare del vino e far fumare la cucina [preparando dei cibi], e trascorrere il tempo gioiosi sino a quando avrete sonno: e poi riposare sino al mattino. |
Interpretazione complessiva
- Il sonetto ha schema della rima ABBA, ABBA, CDC, DCD e corrisponde al metro regolare della tradizione italiana. La lingua è il volgare toscano della poesia colta, senza uso di termini popolari (conforme all'intonazione elegante che l'autore voleva conferire al testo).
- Folgóre si rivolge a una brigata di giovani nobili invitandoli a compiere una piacevole battuta di caccia nella foresta, con cani in grado di seguire la "traccia" della selvaggina e servi ("fanti") incaricati di portare a casa i capi abbattuti, tra cui animali pregiati quali cervi, caprioli e cinghiali. L'autore sottolinea che le "borse" devono essere "fornite di danari", in quanto la virtù prima dell'aristocrazia cortese deve essere la liberalità, e infatti prende le distanze dagli "scarsi" e dagli "avari" che con la loro grettezza sono estranei a qualunque ideale nobile, nonché forse dai creditori molesti (la polemica anti-borghese è presente in tutta l'opera di Folgóre e in questo egli è vicino al Dante di alcune canzoni, specie quella della liberalità: cfr. Rime, 49). La celebrazione della nobile vita delle brigate trecentesche è ancora presente in Boccaccio, specie nella cornice del Decameron e in alcune novelle, come quella di Guido Cavalcanti (► TESTO: Guido Cavalcanti).
- Ai sonetti dei mesi di Folgóre rispose in modo parodico un giullare di nome Cenne d'Arezzo, che ne fece il rovesciamento trasformando ciascuno di essi in un enueg con elencazione di cose spiacevoli: in quello corrispondente al secondo mese (Di febbraio vi metto in valle ghiaccia) al posto di cervi e caprioli vi sono "orsi vecchi montanari", i calzari sono "rotti", i servi sono "ben ritrosi e bacalari" (restii a eseguire gli ordini e prepotenti) e una volta rientrati a casa i cacciatori trovano "vin di pome, che stomaco affina" (vino di mele, che rovina lo stomaco).