Francesco Guicciardini
La morte di Alessandro VI
(Storia d'Italia, VI, 4)
In questa celebre pagina del suo trattato storico Guicciardini racconta le drammatiche circostanze della morte per avvelenamento di papa Alessandro VI Borgia, il padre naturale del duca Valentino che, a detta dello scrittore, rimane vittima del tentativo operato dal figlio Cesare di avvelenare a sua volta il cardinale Adriano da Corneto, secondo il noto costume della famiglia Borgia di ricorrere a questi mezzi per sbarazzarsi dei nemici. Lo stesso Valentino è intossicato dal veleno, ma riesce a salvarsi perché più giovane e di salute più ferma (Guicciardini si rifà a una versione che non corrisponde, sembra, alla verità dei fatti). La morte improvvisa del papa riempie di gioia l'intero popolo di Roma e il passo diventa occasione per una forte polemica contro la corruzione ecclesiastica, attività in cui Alessandro si era particolarmente distinto.
► PERCORSO: Il Rinascimento
► AUTORE: Francesco Guicciardini
► PERCORSO: Il Rinascimento
► AUTORE: Francesco Guicciardini
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Ma ecco che nel colmo più alto delle maggiori speranze (come sono vani e fallaci i pensieri degli uomini) il pontefice, da una vigna appresso a Vaticano, dove era andato a cenare per ricrearsi da' caldi [1], è repentinamente portato per morto nel palazzo pontificale e incontinente dietro è portato per morto il figliuolo [2]: e il dì seguente, che fu il decimo ottavo dì d'agosto [3], è portato morto secondo l'uso de' pontefici nella chiesa di San Piero, nero enfiato e bruttissimo [4], segni manifestissimi di veleno; ma il Valentino, col vigore dell'età e per avere usato subito medicine potenti e appropriate al veleno, salvò la vita, rimanendo oppresso da lunga e grave infermità. Credettesi costantemente che questo accidente fusse proceduto da veleno; e si racconta, secondo la fama più comune, l'ordine della cosa in questo modo: che avendo il Valentino, destinato [5] alla medesima cena, deliberato di avvelenare Adriano cardinale di Corneto [6], nella vigna del quale doveano cenare (perché è cosa manifesta essere stata consuetudine frequente del padre e sua non solo di usare il veleno per vendicarsi contro agl'inimici o per assicurarsi de' sospetti ma eziandio per scelerata cupidità di spogliare delle proprie facoltà le persone ricche, in cardinali e altri cortigiani, non avendo rispetto che da essi non avessino mai ricevuta offesa alcuna, come fu il cardinale molto ricco di Santo Angelo [7], ma né anche che gli fussino amicissimi e congiuntissimi, e alcuni di loro, come furono i cardinali di Capua e di Modona, stati utilissimi e fidatissimi ministri), narrasi adunque che avendo il Valentino mandati innanzi certi fiaschi di vino infetti di veleno, e avendogli fatti consegnare a un ministro [8] non consapevole della cosa, con commissione che non gli desse ad alcuno, sopravenne per sorte [9] il pontefice innanzi a l'ora della cena, e, vinto dalla sete e da' caldi smisurati ch'erano, dimandò gli fusse dato da bere, ma perché non erano arrivate ancora di palazzo le provisioni [10] per la cena, gli fu da quel ministro, che credeva riservarsi come vino più prezioso, dato da bere del vino che aveva mandato innanzi Valentino; il quale, sopragiugnendo mentre il padre beeva, si messe similmente a bere del medesimo vino. Concorse al corpo morto d'Alessandro in San Piero [11] con incredibile allegrezza tutta Roma, non potendo saziarsi gli occhi d'alcuno di vedere spento un serpente che con la sua immoderata ambizione e pestifera perfidia, e con tutti gli esempli di orribile crudeltà di mostruosa libidine e di inaudita avarizia, vendendo senza distinzione le cose sacre e le profane, aveva attossicato tutto il mondo; e nondimeno era stato esaltato, con rarissima e quasi perpetua prosperità, dalla prima gioventù insino all'ultimo dì della vita sua, desiderando sempre cose grandissime e ottenendo più di quello desiderava. Esempio potente a confondere l'arroganza di coloro i quali, presumendosi di scorgere con la debolezza degli occhi umani la profondità de' giudìci divini, affermano ciò che di prospero o di avverso avviene agli uomini procedere [12] o da' meriti o da' demeriti loro: come se tutto dì non apparisse molti buoni essere vessati ingiustamente e molti di pravo animo essere esaltati indebitamente; o come se, altrimenti interpretando, si derogasse alla giustizia e alla potenza di Dio; la amplitudine della quale, non ristretta a' termini brevi e presenti, in altro tempo e in altro luogo, con larga mano, con premi e con supplìci sempiterni, riconosce i giusti dagli ingiusti.
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[1] Per ristorarsi del gran caldo. [2] Cesare Borgia, il duca Valentino. [3] Il 18 agosto 1503. [4] Col volto nerastro, rigonfio e deforme. [5] Invitato. [6] Adriano Castellesi, cardinale alleato dei Borgia. [7] Giovanni Michiel, morto nell'aprile 1503 per avvelenamento (fu accusato Cesare Borgia, ma senza prove). [8] A un servitore. [9] Per caso. [10] Le provviste. [11] San Pietro. [12] Affermano che ciò che di positivo o negativo avviene agli uomini, deriva. |
Interpretazione complessiva
- La morte di Alessandro VI viene attribuita da Guicciardini al tentativo operato dal figlio Cesare di assassinare il cardinale Castellesi, che cenò con entrambi il 6 agosto 1503 sentendosi male insieme a loro (il papa, aggravatesi le sue condizioni, morì in realtà parecchi giorni dopo, il 18 agosto): la voce popolare fu rapida ad accusare del fatto il duca Valentino, celebre avvelenatore al pari della sorella Lucrezia e di altri membri della famiglia, ma secondo gli storici moderni è più probabile che la morte del papa fosse dovuta a una malattia, probabilmente la malaria. Oltretutto il cardinale era uno dei più fedeli alleati di Cesare e di Alessandro, per cui era in effetti assai inverosimile un tentativo di avvelenamento ai suoi danni, benché una tale narrazioni risulti più "drammatica" e consenta a Guicciardini di esecrare la figura, per lui odiosa, del pontefice, degna vittima degli intrighi criminosi del figlio. Alessandro VI era indicato da Machiavelli quale esempio positivo di sovrano che non esita a macchinare inganni pur di raggiungere i propri scopi, nel cap. XVIII del Principe (► TESTO: La volpe e il leone) e altrove aveva rimarcato come la sua morte improvvisa lasciò il figlio Cesare privo degli appoggi necessari al consolidamento dello Stato creato nelle Romagne, specie in quanto il Valentino non aveva evitato la successiva elezione al pontificato del suo nemico Giulio II della Rovere (► TESTO: L'esempio di Cesare Borgia). La prospettiva offerta da Guicciardini è totalmente diversa, poiché Alessandro diventa esempio negativo di chi, al culmine della potenza, viene giustamente punito da Dio per le sue malefatte, e la conclusione del passo vuol essere un monito sinistro a tutti gli uomini affinché non presumano follemente dei propri meriti e non credano che nella vita futura non riceveranno i giusti castighi per le loro malefatte (altrove, invece, l'autore ostenta un certo scetticismo riguardo alle questioni metafisiche; ► TESTO: Contro l'astrologia).
- Alessandro viene criticato anche in quanto papa che ha costruito un potere politico personale e si è servito della Chiesa per arricchirsi con la vendita delle indulgenze, tanto che alla notizia della sua morte si raccoglie una folla festante in San Pietro attorno alla sua salma: Guicciardini usa parole molto dure per condannare le sue azioni, definendolo "un serpente " che con smodata ambizione e invidia ha "attossicato" tutto il mondo, specie per la sua libidine e avarizia con cui ha fatto commercio delle cose sacre e profane (il termine "attossicare", avvelenare, rimanda alla tragica morte del papa secondo la versione seguita dallo scrittore). La condanna della corruzione ecclesiastica ricorre spesso nell'opera di Guicciardini e questo passo si collega con alcune pagine dei Ricordi, in cui egli afferma persino di aver voluto abbracciare la Riforma luterana e di non averlo fatto in quanto consigliere a sua volta di papi (► TESTO: Contro la Chiesa).