Letteratura italiana
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Guido Guinizelli


«Io voglio del ver la mia donna laudare»

Tipico sonetto che esprime la nuova maniera poetica inaugurata da Guinizelli, in cui la lode della bellezza e della virtù della donna amata si accompagna al valore "salvifico" del suo saluto, che acquista l'importante significato religioso di convertire alla fede cristiana chi non crede in essa. Tra le immagini con cui viene descritta la donna vi sono quelle classiche dei fiori (la rosa, il giglio) e dei corpi celesti, nonché tutte le bellezze del mondo naturale, in maniera analoga al Cantico dei Cantici.

► PERCORSO: La lirica amorosa





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Io voglio del ver la mia donna laudare
ed asembrarli la rosa e lo giglio:
più che stella dïana splende e pare,
e ciò ch’è lassù bello a lei somiglio.

Verde river’ a lei rasembro e l’âre,
tutti color di fior’, giano e vermiglio,
oro ed azzurro e ricche gioi per dare:
medesmo Amor per lei rafina meglio.

Passa per via adorna, e sì gentile
ch’abassa orgoglio a cui dona salute,
e fa ’l de nostra fé se non la crede;

e no·lle pò apressare om che sia vile;
ancor ve dirò c’ha maggior vertute:
null’om pò mal pensar fin che la vede.
Io voglio lodare la mia donna secondo verità e paragonare a lei la rosa e il giglio: splende e appare più bella della stella Venere e io paragono a lei ciò che è bello lassù [in cielo].

Paragono a lei una verde campagna e l'aria, tutti i colori dei fiori, il giallo e il rosso, l'oro e l'azzurro [i lapislazzuli] e gioielli tanto preziosi da poter essere donati: lo stesso Amore grazie a lei diviene più perfetto.

Ella passa per strada così bella e così nobile che abbassa l'orgoglio di colui a cui dà il proprio saluto e lo fa diventare della nostra fede [cristiana], se non crede in essa;

e non le si può avvicinare un uomo non nobile; vi dirò che ha una virtù
ancora più grande: nessuno può pensare male finché la vede.



Interpretazione complessiva

  • Metro: sonetto con schema della rima regolare (ABAB, ABAB, CDE, CDE), con rima siciliana ai vv. 6-8 (-iglio/-eglio). La lingua è quella letteraria dell'Italia settentrionale, con alcune forme bolognesi ("asembrarli", v. 2; "abassa", v. 10), latinismi ("laudare", v. 1; "âre", v. 5), francesismi ("giano", v. 6).
  • Il sonetto si divide in due parti simmetriche, poiché nelle quartine Guinizelli si concentra sul motivo della lode della bellezza della donna, mentre nelle terzine l'attenzione si sposta sulle sue virtù "salvifiche", col dire che il suo saluto piega l'orgoglio di chi la vede per strada e lo converte addirittura alla fede cristiana se non è credente; la nobiltà della donna è un tutt'uno con la sua bellezza ed essa è sufficiente a tenere a distanza gli uomini "vili", non nobili di cuore, così come il suo atteggiamento impedisce di pensare male (il connubio nobiltà di cuore-amore è tipico della poesia di Guinizelli e diventerà uno degli elementi costitutivi dello Stilnovo). La novità della "maniera" dell'autore consiste proprio nel valore religioso della figura femminile (la "donna-angelo" poi sviluppata da Dante e Cavalcanti), mentre l'amore per lei si qualifica come legame spiritualizzato, pur rientrando nella concezione dell'amore cortese.
  • Nel lodare la donna Guinizelli la paragona al giglio e alla rosa, vale a dire ai due fiori già simbolo di purezza e nobiltà nella poesia classica: c'è anche un riferimento al loro colore, poiché il bianco del giglio rimanda al colore della pelle e, forse, dei denti, mentre il rosso della rosa allude alla bocca e all'incarnato (tale simbologia verrà ampiamente ripresa dagli Stilnovisti e da Petrarca). Il paragone si arricchisce con altri elementi naturali, sia del mondo celeste (specie l'astro di Venere, detta "stella dïana" perché annuncia la venuta del giorno nelle prime ore del mattino), sia del paesaggio (una verde campagna, l'aria), sia del mondo minerale, con l'accostamento ai colori delle pietre preziose (l'oro, l'azzurro dei lapislazzuli, le gioie), secondo uno schema che si ripete spesso in Guinizelli e negli Stilnovisti fiorentini.


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