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Dante Alighieri


Virgilio e Dante alle soglie dell'Eden
(Purgatorio, XXVII, 115-142)

Giunti alle soglie del Paradiso Terrestre, dopo aver attraversato il muro di fiamme che cinge la settima e ultima cornice del Purgatorio, Dante e Virgilio si apprestano a entrare nell'Eden insieme a Stazio e il poeta latino si rivolge al suo discepolo con tono solenne, dicendogli che ormai il suo percorso di purificazione è completo e che il suo libero arbitrio è "sano", quindi sarebbe un errore non conformare ad esso i suoi atti. Virgilio si congeda in pratica da Dante invitandolo ad entrare nell'Eden e a muoversi liberamente senza attendere altre indicazioni da parte sua, poiché il poeta antico (se anche lo accompagnerà nel giardino) non parlerà più e queste sono le ultime parole da lui pronunciate in tutto il poema.

► AUTORE: Dante Alighieri
► OPERA: Divina Commedia



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«Quel dolce pome che per tanti rami 
cercando va la cura de’ mortali, 
oggi porrà in pace le tue fami».

Virgilio inverso me queste cotali 
parole usò; e mai non furo strenne 
che fosser di piacere a queste iguali.

Tanto voler sopra voler mi venne 
de l’esser sù, ch’ad ogne passo poi 
al volo mi sentia crescer le penne.

Come la scala tutta sotto noi 
fu corsa e fummo in su ‘l grado superno, 
in me ficcò Virgilio li occhi suoi,

e disse: «Il temporal foco e l’etterno 
veduto hai, figlio; e se’ venuto in parte 
dov’io per me più oltre non discerno.

Tratto t’ho qui con ingegno e con arte; 
lo tuo piacere omai prendi per duce; 
fuor se’ de l’erte vie, fuor se’ de l’arte.

Vedi lo sol che ’n fronte ti riluce; 
vedi l’erbette, i fiori e li arbuscelli 
che qui la terra sol da sé produce.

Mentre che vegnan lieti li occhi belli 
che, lagrimando, a te venir mi fenno, 
seder ti puoi e puoi andar tra elli.

Non aspettar mio dir più né mio cenno; 
libero, dritto e sano è tuo arbitrio, 
e fallo fora non fare a suo senno: 

per ch’io te sovra te corono e mitrio».
«Quel dolce frutto che l'affanno dei mortali va cercando per tanti rami [la felicità terrena], oggi sazierà ogni tuo desiderio».


Virgilio mi rivolse queste parole; e non ci furono mai lieti annunci che regalassero più gioia di questi.

Mi prese un tale desiderio di essere in alto, oltre a quello che avevo, che poi ad ogni passo mi sentivo crescere le penne [mi sembrava di volare].


Non appena fummo in cima alla scala e arrivammo sull'ultimo gradino, Virgilio mi guardò intensamente, dicendo: «Figlio, hai visto le pene eterne e quelle temporanee, e sei giunto in un punto da dove io non posso scorgere oltre con le mie sole forze.




Ti ho condotto qui con quegli accorgimenti che ho trovato con la ragione; ormai segui come tua guida il tuo piacere; sei fuori dalle vie ripide e strette [della redenzione].

Vedi il sole che ti brilla in fronte; vedi l'erba, i fiori e i teneri arbusti che la terra, qui, produce spontaneamente.

Finché non verranno da te i begli occhi [di Beatrice] che, piangendo, mi spinsero a soccorrerti, puoi sederti e camminare fra di essi.


Non aspettare più una mia parola o un mio cenno; il tuo arbitrio è libero dal peccato, giusto e sano, per cui sarebbe un errore non agire in base ad esso: dunque, io ti incorono signore di te stesso»
.

Interpretazione complessiva

  • Dante e Virgilio hanno ormai varcato il muro di fiamme che circonda la settima cornice dei lussuriosi e che ha la funzione di purificare le anime da ogni peccato, quindi allo spuntare del nuovo giorno (dopo aver trascorso la notte ai piedi della scala che conduce in cima al monte, alle soglie dell'Eden) il maestro invita il discepolo a salire, poiché in alto troverà il frutto della felicità terrena (il "dolce pome", rappresentato simbolicamente dal paradiso terrestre). Dante percorre gli ultimi gradini della scala quasi correndo, sentendosi spuntare le ali per spiccare il volo che lo porterà verso il cielo, anche perché sa bene che ormai è imminente l'incontro tanto atteso con Beatrice e in precedenza Virgilio lo aveva spronato ad attraversare le fiamme facendo leva proprio su questo.
  • Il discorso che Virgilio rivolge a Dante per invitarlo a entrare nell'Eden è solenne e retoricamente elaborato, anche perché sono le ultime parole pronunciate dal poeta latino nel poema e costituiscono una sorta di saluto e congedo nei confronti del discepolo: il maestro ricorda di aver condotto Dante attraverso i primi due regni dell'Oltretomba e di essere giunto in un punto dopo il quale non può vedere nulla, in quanto privo della fede e della grazia divina simboleggiata da Beatrice, quindi Dante dovrà prendere per "duce", per guida, il suo "piacere", in quanto ormai fuori dal cammino impervio della redenzione (le cui vie sono dette "erte" e "arte", tortuose, in rima equivoca col sostantivo "arte"). Virgilio sottolinea anche con la duplice anafora "Vedi" (vv. 133-134) che Dante può scorgere le meraviglie del giardino dell'Eden e ribadisce che l'uomo ha il sole di fronte a sé, sia in quanto è rivolto a Oriente sia perché simbolicamente ha ormai raggiunto la piena conoscenza umana ed è ormai pronto ad affrontare il viaggio in Paradiso. Alla fine delle sue parole Virgilio definisce l'arbitrio di Dante come "libero, dritto e sano " e afferma solennemente che sarebbe errato non fare "a suo senno", secondo i suoi dettami, per cui egli può incoronare il discepolo come signore di se stesso (attraverso la dittologia "corono e mitrio", dato che la mitria era il copricapo usato dal papa e dai vescovi).
  • I vv. 136-138 preannunciano la venuta di Beatrice e ricordano le circostanze in cui la donna era scesa nel Limbo per chiedere a Virgilio di soccorrere Dante nella selva, episodio narrato nel flashback di Inf., II. Il riferimento è tutt'altro che casuale, anche perché in Inf., I Dante aveva tentato invano di scalare il colle simbolo della redenzione dietro al quale spuntava il sole dell'alba, con una situazione del tutto simile a quella descritta in questi versi finali del canto XXVII del Purgatorio.


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