Francesco Guicciardini
Contro la Chiesa
(Ricordi, 28, 29, 48)
La polemica contro la corruzione ecclesiastica si riallaccia a una lunga tradizione nella letteratura italiana, anche se in Guicciardini il tema si arricchisce della sua particolare attenzione alla Riforma luterana, che lui abbraccerebbe se non contrastasse col fatto che è stato ed è consigliere di papi (deve quindi accettare la situazione per amore del suo "particulare", dei suoi interessi). Non mancano pagine di condanna della corruzione della Chiesa anche nella "Storia d'Italia", specie nei passi dedicati a papa Alessandro VI Borgia.
► PERCORSO: Il Rinascimento
► AUTORE: Francesco Guicciardini
► PERCORSO: Il Rinascimento
► AUTORE: Francesco Guicciardini
28
Io non so a chi dispiaccia più che a me la ambizione, la avarizia e le mollizie de' preti; sì [1] perché ognuno di questi vizi in sé è odioso, sì perché ciascuno e tutti insieme si convengono poco a chi fa professione di vita dipendente da Dio; e ancora perché sono vizi sì contrari che non possono stare insieme se non in uno subietto [2] molto strano. Nondimeno el grado che ho avuto con piú pontefici [3], m'ha necessitato a amare per el particulare mio la grandezza loro; e se non fussi questo rispetto, arei amato Martino Luther [4] quanto me medesimo, non per liberarmi dalle legge indotte dalla religione cristiana nel modo che è interpretata e intesa communemente, ma per vedere ridurre questa caterva di scelerati a' termini debiti [5], cioè a restare o sanza vizi o sanza autorità. 29 Ho detto molte volte, ed è verissimo, che più è stato difficile a' fiorentini a fare quello poco dominio che hanno, che a' viniziani el loro grande; perché e fiorentini sono in una provincia che era piena di libertà, le quali è difficillimo [6] a estinguere; però [7] si vincono con grandissima fatica, e vinte si conservano con non minore. Hanno di poi la Chiesa vicina, che è potente e non muore mai, in modo che, se qualche volta travaglia, risurge alla fine el suo diritto più fresco che prima. E viniziani hanno avuto a pigliare terre use a servire [8], le quali non hanno ostinazione né nel difendersi né nel ribellarsi; e per vicini hanno avuto prìncipi secolari, la vita e la memoria de' quali non è perpetua. 48 Non si può tenere stati secondo coscienzia [9]; perché chi considera la origine loro, tutti sono violenti, da quelli delle repubbliche nella patria propria in fuora, e non altrove [10]: e da questa regola non eccettuo lo imperadore e manco e preti [11], la violenzia de' quali è doppia, perché ci sforzano con le armi temporale e con le spirituale. |
[1] Sia. [2] Soggetto, individuo. [3] Gli incarichi importanti che ho ricoperto con più papi. [4] Martin Lutero (1483-1546), fondatore della Riforma protestante. [5] A quel che si meritano [6] Difficilissimo (latinismo). [7] Perciò. [8] Abituate alla servitù. [9] Non si possono governare gli Stati agendo con coscienza. [10] A partire dalle repubbliche verso i propri sudditi. [11] E neppure i preti. |
Interpretazione complessiva
- L'autore condanna la corruzione della Chiesa usando gli argomenti consueti nella tradizione letteraria italiana da Dante in poi, puntando il dito soprattutto contro la "mollizie" dei preti e la loro inclinazione al lusso e alle ricchezze attraverso la vendita delle indulgenze: non a caso la Riforma protestante in Germania era nata nel Cinquecento come forte reazione di fronte al moltiplicarsi degli episodi di simonia e infatti Guicciardini dichiara la sua personale vicinanza a quel modello di Chiesa, anche se ovviamente non lo può abbracciare per ragioni di convenienza politica. Lo scrittore riconosce indirettamente la sua ipocrisia, giacché il fatto di ricoprire importanti incarichi presso papa Leone X e poi Clemente VII gli impone di accettare la situazione di corruttela della Curia romana, anche se ciò moralmente gli ripugna (deve farlo per amore del suo "particulare", dei suoi interessi privati). La condanna della Chiesa corrotta ritorna con forza anche in alcuni passi famosi della Storia d'Italia, specie nella descrizione della morte di Alessandro VI Borgia alla cui notizia "tutta Roma" reagisce con gioia, per la scomparsa di un pontefice definito un "serpente" che "vendendo senza distinzione le cose sacre e le profane, aveva attossicato tutto il mondo" (► TESTO: La morte di Alessandro VI).
- Nel pensiero 29 il raffronto tra lo Stato di Firenze e la Repubblica veneta, col dire che il primo ha faticato assai più della seconda per consolidare il proprio dominio sulle terre vicine, diventa occasione per criticare lo Stato della Chiesa "che è potente e non muore mai", esercitando del resto i pontefici un potere che nel XVI sec. era di natura temporale e politica (come tale considerava il papato anche Machiavelli nel Principe, in cui parlava di "principato ecclesiastico"). Per Guicciardini l'origine di tutti gli Stati è violenta ed essi esercitano una sorta di prepotenza sui loro sudditi, tranne in parte le repubbliche che si fondano maggiormente sul diritto, e ciò vale ancor più per la Chiesa in cui la violenza dei preti "è doppia", dal momento che essi adoperano anche le armi spirituali per soggiogare la popolazione.