Letteratura italiana
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Luigi Pulci


Le colonne d'Ercole
(Morgante, XXV, 227-240)

In questo brano tratto dal cantare XXV del "Morgante" il diavolo-teologo Astarotte, su incarico del mago Malagigi, si impossessa del cavallo di Rinaldo e lo porta rapidissimamente a Roncisvalle, dove è imminente lo scontro tra la retroguardia dei Franchi e i Saraceni a causa del tradimento di Gano di Maganza. Al passaggio dello Stretto di Gibilterra, dove secondo il mito Ercole pose i monti di Abila e Calpe (le famose "colonne") come limite alle terre esplorabili dall'uomo, Astarotte preannuncia la futura navigazione nell'Oceano e la scoperta di nuove terre nell'altro emisfero, abitate da popoli pagani per i quali non è esclusa la salvezza nonostante non abbiano conosciuto il messaggio cristiano. Il discorso del diavolo è significativo, sia perché ipotizza la scoperta del Nuovo Mondo con circa dieci anni di anticipo, sia in quanto rovescia il principio cristiano che condanna in modo inesorabile tutti coloro che (anche senza colpa) ignorano il Vangelo e gli insegnamenti di Gesù. Astarotte pronuncia invece una dura invettiva contro ebrei e musulmani, poiché essi hanno consapevolmente abbracciato una religione considerata "falsa" rifiutando il Cristianesimo (in questo l'autore si allinea al pensiero dei suoi tempi, pur mostrandosi per molti versi anticonformista).

► PERCORSO: L'Umanesimo
► AUTORE: Luigi Pulci


227
Passato il fiume Bagrade ch’io dico,     
presso allo stretto son di Giubilterra,     
dove pose i suoi segni il Greco antico,     
Abila e Calpe, a dimostrar ch’egli erra     
non per iscogli o per vento nimico,
ma perché il globo cala della terra,
chi va più oltre, e non truova poi fondo,
tanto che cade giù nel basso mondo.

228
Rinaldo allor, ricognosciuto il loco,
perché altra volta l’aveva veduto,
dicea con Astarotte: - Dimmi un poco
a quel che questo segno ha proveduto. -
Disse Astaròt: - Un error lungo e fioco,
per molti secol non ben cognosciuto,
fa che si dice «d’Ercul le colonne»
e che più là molti periti sonne.

229
Sappi che questa oppinïone è vana,
perché più oltre navicar si puote,
però che l’acqua in ogni parte è piana,
benché la terra abbi forma di ruote.
Era più grossa allor la gente umana,
tal che potrebbe arrossirne le gote
Ercule ancor d’aver posti que’ segni,
perché più oltre passeranno i legni.

230
E puossi andar giù nell’altro emisperio,
però che al centro ogni cosa reprime,
sì che la terra per divin misterio
sospesa sta fra le stelle sublime,
e laggiù son città, castella e imperio;
ma nol cognobbon quelle gente prime:
vedi che il sol di camminar s’affretta
dove io ti dico, ché laggiù s’aspetta.

231
E come un segno surge in orïente,
un altro cade con mirabile arte
come si vede qua nell’occidente,
però che il ciel giustamente comparte.
Antipodi appellata è quella gente;
adora il sole e Iuppiter e Marte,
e piante ed animal, come voi, hanno,
e spesso insieme gran battaglie fanno. -

232
Disse Rinaldo: - Poi che a questo siamo,
dimmi, Astaròt, un’altra cosa ancora:
se questi son della stirpe d’Adamo;
e, perché vane cose vi s’adora,
se si posson salvar qual noi possiamo. -
Disse Astarotte: - Non tentar più ora,
perché più oltre dichiarar non posso,
e par che tu domandi come uom grosso.

233
Dunque sarebbe partigiano stato
in questa parte il vostro Redentore,
che Adam per voi quassù fussi formato,
e crucifisso Lui per vostro amore?
Sappi ch’ognun per la croce è salvato;
forse che il ver, dopo pur lungo errore,
adorerete tutti di concordia,
e troverrete ognun misericordia.

234
Basta che sol la vostra fede è certa,
e la Virgine è in Ciel glorificata.
Ma nota che la porta è sempre aperta
e insino a quel gran dì non fia serrata,
e chi farà col cor giusta l’offerta,
sarà questa olocaüsta accettata;
ché molto piace al Ciel la obbedïenzia,
e timore, osservanzia e reverenzia.

235
Mentre lor ceremonie e devozione
con timore osservorono i Romani,
benché Marte adorassino e Iunone
e Giuppiter e gli altri idoli vani,
piaceva al Ciel questa religïone
che discerne le bestie dagli umani;
tanto che sempre alcun tempo innalzorno,
e così pel contrario rovinorno.

236
Dico così che quella gente crede,
adorando i pianeti, adorar bene;
e la giustizia sai così concede
al buon remunerazio, al tristo pene:
sì che non debbe disperar merzede
chi rettamente la sua legge tiene:
la mente è quella che vi salva e danna,
se la troppa ignoranzia non v’inganna.

237
Nota ch’egli è certa ignoranzia ottusa
o crassa o pigra, accidïosa e trista,
che, la porta al veder tenendo chiusa,
ricevette invan l’anima e la vista:
però questa nel Ciel non truova scusa:
«Noluit intelligere» il salmista
dice d’alcun tanto ignorante e folle
che per bene operar saper non volle.

238
Tanto è, chi serverà ben la sua legge
potrebbe ancora aver redenzïone,
come de’ Padri del Limbo si legge;
e che nulla non fe’ sanza cagione
quel primo Padre ch’ogni cosa regge:
sì che il mondo non fe’ sanza persone
dove tu vedi andar laggiù le stelle,
pianeti e segni e tante cose belle.

239
Non fu quello emisperio fatto a caso,
né il sol tanta fatica indarno dura
la notte, il dì, dall’uno all’altro occaso:
ché il sommo Giove non n’arebbe cura
se fussi colaggiù vòto rimaso.
E nota che l’angelica natura,
poi ch’a te piace di saper più addentro,
da quella parte rovinòe nel centro.

240
Vera è la fede sola de’ cristiani
e giusta legge e ben fondata e santa;
tutti i vostri dottor son giusti e piani
e ciò che appunto la Scrittura canta;
e tutti i Giudei perfidi e i pagani,
se la grazia del Ciel qui non rammanta,
dannati sono, e le lor legge tutte
dell’Alcoran de’ matti e del Talmutte. [...]


Dopo aver superato il fiume Megerda [in Nordafrica] che dico, sono vicini allo Stretto di Gibilterra, dove Ercole pose i suoi segni, Abile e Calpe, per dimostrare che chi naviga oltre sbaglia non per gli scogli o per un vento ostile, ma perché il globo della terra è curvo e non si trova più il fondo, tanto che si precipita giù nell'inferno.




Rinaldo allora, riconosciuto il luogo che aveva già visto un'altra volta, disse ad Astarotte: "Dimmi un po' cosa significa questo segno". Astarotte rispose: "Un errore antico e remoto, non svelato per molti secoli, induce a parlare delle colonne d'Ercole e a dire che molti sono morti al di là di esse.






Sappi che questa opinione è falsa,
perché è possibile navigare oltre e l'acqua è piana in ogni luogo, anche se la terra è di forma sferica. Allora l'umanità era più ignorante, al punto che Ercole potrebbe vergognarsi di aver posto questi segni, in quanto le navi li supereranno.





E si può andare nell'altro emisfero, poiché ogni cosa tende verso il centro della terra, cosicché essa per mistero divino sta sospesa in alto tra le stelle, e laggiù (nell'altro emisfero) ci sono città, castelli e regni; ma quella gente antica non lo sapeva. Vedi che il sole si affretta a tramontare per sorgere laggiù, dove lo aspettano.





E non appena un astro sorge in Oriente, un altro in modo mirabile tramonta qui in Occidente, poiché il cielo si divide in due parti uguali. Quei popoli sono chiamati Antipodi [lett. "coi piedi rovesciati"]
e adorano il sole, Giove e Marte, e hanno come voi piante ed animali, e spesso si scontrano in grandi battaglie."




Disse Rinaldo: "Visto che parliamo di questo, Astarotte, dimmi ancora una cosa: se questi popoli appartengono alla stirpe di Adamo [se sono umani come noi] e se si possono salvare come noi benché adorino idoli vani". Astarotte rispose: "Non farmi altre domande, perché io non posso aggiungere altro e tu sembri fare domande da ignorante.





Dunque il vostro Redentore (Cristo) sarebbe stato di parte in questo aspetto, creando l'uomo solo in questo emisfero e
venendo crocifisso solo per amor vostro? Sappi che tutti sono salvati dalla crocifissione; forse la verità, dopo un lungo errore, sarà conosciuta da tutti e tutti troverete la misericordia divina.




È sufficiente che la vostra fede sia sincera e la Vergine è glorificata in Cielo. Ma sappi che la porta [della redenzione] è sempre aperta e non sarà chiusa fino al giorno del Giudizio, e chi farà una giusta offerta di cuore la vedrà bene accetta; infatti al Cielo piace molto l'obbedienza, il timore, l'osservanza e la riverenza.





Quando gli antichi Romani praticavano i loro culti pagani con devozione e timore, anche se adoravano Marte, Giunone, Giove
e altri vani idoli, la loro religione era approvata dal Cielo in quanto distingue le bestie dagli uomini; tanto che essi crebbero in potenza per un po' e poi decaddero quando diventarono irreligiosi.




Dico che quella gente [gli abitanti dell'altro emisfero] crede di far bene adorando i pianeti [i loro dei pagani]; e la giustizia divina in tal modo concede un premio ai giusti e punizioni ai peccatori; cosicché chi osserva rettamente la propria legge non deve disperare il perdono di Dio. La mente è quella che vi salva o vi condanna, se non siete ingannati da troppa ignoranza.




Tieni presente che vi è una certa ignoranza ottusa, infingarda e pigra, accidiosa e triste, che ha ricevuto invano l'anima e la vista poiché si rifiuta di vedere le cose. Ma questa non può essere scusata dal Cielo: il salmista dice "Noluit intelligere" [non volle comprendere] di chi è tanto ignorante e folle che non volle sapere come operare bene [chi ha rifiutato consapevolmente la fede cristiana]
.



Insomma, chi rispetterà la propria religione potrà essere redento, come si legge dei Patriarchi del Limbo; e Dio che governa ogni cosa non fece niente senza una ragione, cosicché non creò il mondo senza abitanti dove tu vedi tramontare le stelle, i pianeti e tanti corpi celesti.





Quell'emisfero
non fu fatto a caso, né il sole fa tanta fatica invano la notte e il giorno, da un tramonto all'altro: e il sommo Giove [Dio] non ne avrebbe cura se laggiù non ci fossero abitanti. E sappi che il più bello degli angeli [Lucifero], visto che vuoi sapere maggiori dettagli, precipitò al centro della terra da quella parte [nell'altro emisfero].





Solo la fede dei cristiani è quella vera e solo la loro legge è giusta, ben fondata e santa; tutti i vostri dottori [i teologi] dicono il vero, così come la vostra Scrittura; invece tutti i
perfidi ebrei e i pagani [i musulmani], se la grazia del Cielo qui non li protegge, sono dannati e così pure le loro leggi, del Corano dei matti e del Talmud. [...]"


Interpretazione complessiva

  • L'episodio trae spunto dall'elemento mitologico delle colonne d'Ercole e del limite alle terre conosciute dall'uomo per affermare, con notevole anticipo sui tempi, che in realtà la terra è di forma sferica ed è possibile navigare nell'Oceano Atlantico fino a scoprire nuove terre, cosa che in effetti avverrà di lì a pochi anni con la spedizione di Colombo (il testo risale al 1483, circa dieci anni prima). Pulci era influenzato dalle nuove teorie sulla forma della terra che iniziavano a circolare in Italia e alla corte dei Medici, dove egli risiedeva in gioventù, e rifiuta in modo laico e moderno il limite alle conoscenze umane rappresentato dalle colonne, rovesciando il punto di vista espresso due secoli prima da Dante nel canto XXVI dell'Inferno (► TESTO: Il folle viaggio di Ulisse). Naturalmente il fatto che il discorso sia posto in bocca a un diavolo e per giunta dotto e teologo, rende la scena paradossale e rappresenta una delle molte bizzarrie del poema, per quanto le parole di Astarotte suonino terribilmente veritiere.
  • La questione dell'esistenza di popolazioni nelle terre inesplorate al di là dell'Oceano e della loro posizione circa la salvezza, qui sollevata dall'autore in modo teorico, diventerà attualissima dopo la scoperta del Nuovo Mondo e in genere prevarranno due linee di pensiero: quella che riterrà i "selvaggi" come esseri subumani e privi di anima, dunque da sfruttare e sterminare senza troppo ritegno per il loro destino, e quella che proponeva la loro evangelizzazione per strapparli al paganesimo e impedire che morissero in disgrazia. In entrambi i casi la religione cristiana era il solo punto di riferimento e un pensiero come quello espresso qui da Pulci sarebbe stato impensabile, dal momento che il poeta ammette la possibilità di salvarsi anche per dei pagani che ignorino il Vangelo, ma seguano devotamente il proprio culto (la religione è interpretata come ciò che "discerne le bestie dagli umani", con una concezione razionalista che anticipa di quasi tre secoli quella di G.B. Vico nella Scienza nuova). La posizione di Pulci, molto moderna e in contrasto con quella del suo tempo, ribalta totalmente le idee espresse da Dante nel canto XIX del Paradiso, dove l'aquila afferma che chi è nato agli estremi confini del mondo e ignora il messaggio cristiano, anche se onesto e senza colpa, non può salvarsi.
  • Il discorso di Astarotte si conclude con una dura invettiva contro ebrei e musulmani, colpevoli agli occhi del diavolo di seguire una legge sbagliata in quanto, dice, l'unica giusta è quella cristiana: non è una contraddizione con quanto dichiarato prima, poiché gli Antipodi non conoscono il messaggio cristiano e dunque adorano i propri dei come facevano gli antichi Romani, mentre "i Giudei perfidi e i pagani" hanno scelto in modo consapevole una religione diversa dopo la venuta di Gesù e dunque non hanno scuse agli occhi di Dio. L'antigiudaismo di Pulci si spiega con secoli di pregiudizi contro gli ebrei tacciati di essere gli uccisori di Cristo e oggetto di feroci persecuzioni nel Medioevo, mentre l'ostilità all'Islam è in linea con il pensiero occidentale che già alla fine del XV sec. vedeva negli Stati arabi una minaccia alla propria stabilità politica (del resto i Mori erano gli "infedeli" già nella tradizione delle Chansons de geste, cui il Morgante almeno in parte si ispira).


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