Dante Alighieri
«Videro li occhi miei quanta pietate»
(Vita nuova, cap. XXXV)
È il primo sonetto dedicato da Dante alla cosiddetta "donna gentile", ovvero una giovane donna che vede il poeta mentre è affacciata a una finestra e mostra pietà per il dolore da lui provato a causa della morte di Beatrice: Dante ne è profondamente toccato e ciò suscita dei sentimenti nei confronti di questa donna, alla quale dedicherà anche altre rime incluse nella "Vita nuova". Se nel "libello" giovanile l'episodio si presenta unicamente come esperienza amorosa, poi superata da Dante che verrà richiamato da un sogno alla fedeltà verso Beatrice, nel "Convivio" la "donna gentile" sarà reinterpretata come allegoria della filosofia, con riferimento agli studi cui l'autore si dedicò per trovare consolazione dopo la scomparsa della "gentilissima".
► PERCORSO: La lirica amorosa
► AUTORE: Dante Alighieri
► OPERA: Vita nuova
► PERCORSO: La lirica amorosa
► AUTORE: Dante Alighieri
► OPERA: Vita nuova
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Poi per alquanto tempo, con ciò fosse cosa che io fosse in parte [1] ne la quale mi ricordava del passato tempo, molto stava pensoso, e con dolorosi pensamenti, tanto che mi faceano parere de fore una vista di terribile sbigottimento. Onde io, accorgendomi del mio travagliare, levai li occhi per vedere se altri mi vedesse. Allora vidi una gentile donna giovane e bella molto, la quale da una finestra mi riguardava sì pietosamente, quanto a la vista, che tutta la pietà parea in lei accolta. Onde, con ciò sia cosa che quando li miseri veggiono di loro compassione altrui, più tosto si muovono a lagrimare, quasi come di se stessi avendo pietade, io senti’ allora cominciare li miei occhi a volere piangere; e però, temendo di non [2] mostrare la mia vile vita, mi partio dinanzi da li occhi di questa gentile; e dicea poi fra me medesimo: "E’ non puote essere che con quella pietosa donna non sia nobilissimo amore". E però propuosi di dire uno sonetto, ne lo quale io parlasse a lei, e conchiudesse in esso tutto ciò che narrato è in questa ragione. [3] E però che per questa ragione è assai manifesto, sì nollo dividerò. Lo sonetto comincia: Videro li occhi miei.
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[1] Poiché mi trovavo in un luogo.
[2] Temendo di (è la costruzione latina timeo ne). [3] Ragionamento (dal prov. razo). |
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Videro li occhi miei quanta pietate
era apparita in la vostra figura, quando guardaste li atti e la statura ch’io faccio per dolor molte fiate. Allor m’accorsi che voi pensavate la qualità de la mia vita oscura, sì che mi giunse ne lo cor paura di dimostrar con li occhi mia viltate. E tolsimi dinanzi a voi, sentendo che si movean le lagrime dal core, ch’era sommosso da la vostra vista. Io dicea poscia ne l’anima trista: "Ben è con quella donna quello Amore lo qual mi face andar così piangendo". |
I miei occhi videro quanta compassione era apparsa nel vostro aspetto, quando guardaste gli atti e l'atteggiamento che io tengo spesso per il dolore.
Allora mi accorsi che voi pensavate a quanto oscura debba essere la mia vita, cosicché nel cuore mi prese la paura di mostrare la mia miseria coi miei occhi [piangendo]. E scappai di fronte a voi, sentendo che le lacrime stavano per uscire dal cuore, che era turbato dal vostro sguardo. Io poi dicevo tra me nella mia anima triste: "Quella donna ispira certamente l'amore che mi fa andare piangendo in questo modo". |
Interpretazione complessiva
- Metro: sonetto con schema della rima ABBA, ABBA, CDE, EDC (conforme alla tradizione stilnovistica). Al v. 2 "apparita" è forma debole del participio passato "apparsa" (prob. per ragioni metriche); al v. 3 "statura" indica il modo di stare, l'atteggiamento.
- La "donna gentile" si presenta in questo capitolo come una giovane che mostra compassione per il dolore di Dante e che lo turba al punto che il poeta si infatuerà di lei, dedicandole questo sonetto e altre rime incluse nei capp. seguenti: l'episodio ha nella Vita nuova valenza unicamente amorosa e si configura come un "tradimento" della memoria di Beatrice che, da un lato, darà sollievo alla pena di Dante, dall'altro causerà in lui dubbi e ripensamenti, fino alle "visioni" di Beatrice in cielo che lo richiameranno alla fedeltà alla "gentilissima" (in Conv., II, 2 la donna verrà invece interpretata come allegoria della filosofia, identificazione senza dubbio successiva ala redazione del "libello"). Inutili i tentativi di stabilire l'identità "storica" della donna gentile, che è stata volta a volta accostata ad altre donne cantate nelle Rime (Violetta, Lisetta e persino alla donna Petra, a sua volta allegorizzata da alcuni con la filosofia), mentre nella Vita nuova essa rappresenta probabilmente solo un amore terreno che tenta Dante prima che il poeta torni a quello "spirituale" per Beatrice.