Dante Alighieri
La vita di S. Francesco
(Paradiso, XI, 43-117)
Giunto nel IV cielo del Sole, Dante incontra le anime di dodici spiriti sapienti che formano una prima corona di luci, tra i quali S. Tommaso d'Aquino che si rivolge al poeta: il domenicano gli spiega che la Provvidenza divina ha ordinato due campioni in difesa della Chiesa, ovvero S. Francesco e S. Domenico, e lui intende parlare del primo perché lodando l'uno si loda anche l'altro. La parte centrale del canto è quindi occupata dal "panegirico" di Francesco, una biografia che esclude volutamente ogni riferimento a miracoli o aneddoti straordinari e che presenta il santo come "alter Christus", in quanto la sua scelta è stata quella di vivere poveramente e spendersi nell'aiuto ai poveri e ai bisognosi. Il ritratto delineato da Dante è quindi essenziale e la vita di Francesco è scandita da alcuni momenti salienti, tra cui le mistiche nozze con la Povertà e i tre "sigilli" ricevuti alla sua Regola, di cui il più importante è quello delle stimmate.
► PERCORSO: La poesia religiosa
► AUTORE: Dante Alighieri
► OPERA: Divina Commedia
► PERCORSO: La poesia religiosa
► AUTORE: Dante Alighieri
► OPERA: Divina Commedia
45 48 51 54 57 60 63 66 69 72 75 78 81 84 87 90 93 96 99 102 105 108 111 114 117 |
Intra Tupino e l’acqua che discende
del colle eletto dal beato Ubaldo, fertile costa d’alto monte pende, onde Perugia sente freddo e caldo da Porta Sole; e di rietro le piange per grave giogo Nocera con Gualdo. Di questa costa, là dov’ella frange più sua rattezza, nacque al mondo un sole, come fa questo tal volta di Gange. Però chi d’esso loco fa parole, non dica Ascesi, ché direbbe corto, ma Oriente, se proprio dir vuole. Non era ancor molto lontan da l’orto, ch’el cominciò a far sentir la terra de la sua gran virtute alcun conforto; ché per tal donna, giovinetto, in guerra del padre corse, a cui, come a la morte, la porta del piacer nessun diserra; e dinanzi a la sua spirital corte et coram patre le si fece unito; poscia di dì in dì l’amò più forte. Questa, privata del primo marito, millecent’anni e più dispetta e scura fino a costui si stette sanza invito; né valse udir che la trovò sicura con Amiclate, al suon de la sua voce, colui ch’a tutto ‘l mondo fé paura; né valse esser costante né feroce, sì che, dove Maria rimase giuso, ella con Cristo pianse in su la croce. Ma perch’io non proceda troppo chiuso, Francesco e Povertà per questi amanti prendi oramai nel mio parlar diffuso. La lor concordia e i lor lieti sembianti, amore e maraviglia e dolce sguardo facieno esser cagion di pensier santi; tanto che ‘l venerabile Bernardo si scalzò prima, e dietro a tanta pace corse e, correndo, li parve esser tardo. Oh ignota ricchezza! oh ben ferace! Scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro dietro a lo sposo, sì la sposa piace. Indi sen va quel padre e quel maestro con la sua donna e con quella famiglia che già legava l’umile capestro. Né li gravò viltà di cuor le ciglia per esser fi’ di Pietro Bernardone, né per parer dispetto a maraviglia; ma regalmente sua dura intenzione ad Innocenzio aperse, e da lui ebbe primo sigillo a sua religione. Poi che la gente poverella crebbe dietro a costui, la cui mirabil vita meglio in gloria del ciel si canterebbe, di seconda corona redimita fu per Onorio da l’Etterno Spiro la santa voglia d’esto archimandrita. E poi che, per la sete del martiro, ne la presenza del Soldan superba predicò Cristo e li altri che ‘l seguiro, e per trovare a conversione acerba troppo la gente e per non stare indarno, redissi al frutto de l’italica erba, nel crudo sasso intra Tevero e Arno da Cristo prese l’ultimo sigillo, che le sue membra due anni portarno. Quando a colui ch’a tanto ben sortillo piacque di trarlo suso a la mercede ch’el meritò nel suo farsi pusillo, a’ frati suoi, sì com’a giuste rede, raccomandò la donna sua più cara, e comandò che l’amassero a fede; e del suo grembo l’anima preclara mover si volle, tornando al suo regno, e al suo corpo non volle altra bara. |
Fra il fiume Topino e il Chiascio, che
scorre dal monte Ausciano dove il beato Ubaldo pose il suo eremo,
digrada la fertile costiera di un alto monte [il Subasio], dal quale
Perugia sente il freddo e il caldo dal lato di Porta Sole; e dalla parte
opposta piangono, perché in posizione più svantaggiosa, Nocera Umbra e
Gualdo Tadino.
Da questa costiera, nel punto in cui essa diventa meno ripida [ad Assisi], nacque un Sole per il mondo [Francesco] come questo [il Sole vero e proprio] talvolta nasce dal Gange. Dunque, chi parla di questo luogo, non lo chiami "Assisi", poiché direbbe poca cosa, ma lo chiami "Oriente", se proprio vuole parlarne. Non era ancora molto lontano dalla sua nascita, quando Francesco cominciò a riflettere in Terra la sua luminosa virtù; infatti, ancora giovane, si scontrò col padre per una donna [la Povertà] alla quale nessuno vuole unirsi, come se fosse la morte; e di fronte al tribunale episcopale e in presenza del padre le si unì in nozze; in seguito, l'amò sempre di più ogni giorno. Essa, privata del primo marito [Cristo], era rimasta per più di millecento anni da sola, disprezzata da tutti, fino a Francesco; non le servì che gli uomini udissero che Cesare, che fece paura a tutto il mondo, trovasse la Povertà sicura al suono della propria voce, insieme al pastore Amiclàte; e non le servì neppure essere fedele e fiera, al punto che, quando Maria rimase ai piedi della croce, lei invece pianse insieme allo sposo Cristo. Ma affinché io non parli in modo troppo oscuro, intendi in tutto il mio discorso che questi amanti furono Francesco e la Povertà. La loro concordia, il loro lieto aspetto, l'amore, la meraviglia e il loro dolce sguardo producevano negli altri dei santi pensieri; al punto che il venerabile Bernardo di Quintavalle fu il primo a togliersi le calzature e corse dietro a quella pace [seguì il santo] e, pur correndo, gli sembrava di essere lento. O ricchezza sconosciuta! o bene fecondo! Egidio e Silvestro si tolgono anch'essi i calzari e seguono lo sposo [Francesco], tanto piace la sposa [Povertà]. In seguito quel padre e quel maestro se ne va [a Roma] con la sua donna e con la sua famiglia, che già cingeva i fianchi con l'umile cinto. E la viltà d'animo non gli fece abbassre lo sguardo, essendo figlio di Pietro Bernardone, né per essere tanto umile da suscitare meraviglia; ma svelò a papa Innocenzo III la sua severa Regola con atteggiamento regale, e da lui ebbe il primo avallo al suo Ordine. E dopo che i seguaci poveri aumentarono dietro a Francesco, la cui vita ammirevole si canterebbe meglio a gloria del Paradiso, la volontà santa di questo pastore venne coronata dallo Spirito Santo con una seconda corona, attraverso papa Onorio III. E dopo che, per desiderio del martirio, predicò Cristo e i suoi discepoli alla presenza superba del Sultano d'Egitto, e dopo che, avendo trovato quei popoli restii alla conversione e per non stare lì invano, era tornato in Italia, sul monte della Verna tra Tevere e Arno ricevette da Cristo l'ultimo sigillo [le stimmate], che il suo corpo portò per due anni. Quando a Dio, che l'aveva destinato a un tale bene, piacque di chiamarlo in Paradiso alla ricompensa che egli aveva meritato nel farsi umile, raccomandò ai suoi confratelli, come a legittimi eredi, la sua donna più cara [la Povertà] e comandò loro che l'amassero restandole fedeli; e dal grembo della Povertà la sua anima illustre volle muoversi, tornando in Paradiso, mentre al suo corpo non volle altra bara che non fosse la nuda terra. |
Interpretazione complessiva
- La biografia di S. Francesco è divisa in alcuni momenti fondamentali, ovvero la descrizione del luogo di nascita (vv. 43-54), lo scontro col padre e le mistiche nozze con la Povertà (55-75), il raccogliersi dei primi seguaci e le prime due approvazioni papali della Regola (76-99), l'episodio delle stimmate (100-108), la morte (109-117). L'autore esclude volutamente ogni riferimento agli aneddoti leggendari e ai miracoli che le agiografie dell'epoca attribuivano al santo e sottolinea piuttosto la sua scelta "scandalosa" di vivere in povertà, rifiutando le ricchezze del padre pubblicamente e presentadosi come un uomo "dispetto a maraviglia", mendico e lacero (egli "sposa" la povertà che aveva avuto solo un primo marito, Cristo, al quale Francesco è di fatto accostato).
- Il passo di apertura è un'ampia e solenne descrizione di Assisi, luogo natale di Francesco, presentata attraverso una complessa perifrasi geografica che ricorda in parte quella di Inf., XX, 58-99 in cui Virgilio parlava di Mantova. Francesco è paragonato a un sole che nasce dalle pendici del monte Subasio e la città di Assisi (Ascesi nella forma toscana) è ribattezzata per questo Orïente, forse con il bisticcio "ascesi-elevazione".
- Il motivo delle mistiche nozze di Francesco e Povertà è ampiamente sviluppato nella letteratura francescana, anche se la fonte più diretta è l'opuscolo anonimo Sacrum commercium beati Francisci cum domina Paupertate; l'immagine della Povertà che sale sulla croce insieme al primo marito, Cristo, mentre Maria rimane ai piedi è tratto probabilmente dall'Arbor vitae crucifixae di Ubertino da Casale, che fu tra i seguaci del santo e capo degli "spirituali" dopo la sua morte. L'episodio di Amiclàte, il povero pescatore che durante la guerra tra Pompeo e Cesare ("colui ch’a tutto ‘l mondo fé paura") non aveva timore di lasciare la sua porta aperta è tratto dalla Pharsalia di Lucano (V, 519 ss.).
- Le due approvazioni papali della Regola francescana (quella di Innocenzo III nel 1210 e di Onorio III nel 1223) sono paragonate ai due primi "sigilli" delle sante intenzioni di Francesco, mentre l'ultimo e definitivo è rappresentato dalle stimmate, i segni dell'imitatio Christi che ricevette nel 1224 sul monte della Verna (il "crudo sasso intra Tevero e Arno"). La scelta di vivere poveramente è confermato nelle ultime volontà del santo, che chiede di essere deposto nudo nella nuda terra ("e al suo corpo non volle altra bara").
- La lingua e lo stile sono retoricamente elevati, conformemente all'altezza del tema affrontato: sono presenti latinismi come "orto" (v. 55, "nascita"), "et coram patre" (v. 62, "in presenza del padre"), "redimita" (v. 97, coronata), "redissi" (v. 105, "ritornò"), "pusillo" (v. 111, "umile"), "preclara" (v. 115, "illustre", unica occorrenza in Dante), mentre un raro greciscmo è "archimandrita" (v. 99, "pastore").
- Nel canto XII il francescano S. Bonaventura da Bagnoregio, dopo aver pronunciato il panegirico di S. Domenico, biasimerà i francescani degeneri, puntando il dito contro chi fra loro vuole irrigidire la Regola del santo (come Ubertino da Casale, capo degli "spirituali") e chi invece vuole ammorbidirla, come Matteo d'Acquasparta (alla guida dei "conventuali"). I due canti XI-XII hanno struttura "chiastica", poiché in ciascuno di essi l'interlocutore di Dante racconta la vita del fondatore dell'altro Ordine e biasima i difetti del proprio.