Letteratura italiana
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Niccolò Machiavelli


Il finale della Mandragola
(Mandragola, atto V, scene IV-VI)

Dopo la sua notte di passione con Lucrezia, Callimaco confessa all'amico e complice Ligurio che ha confessato tutto l'inganno alla donna e questa, sdegnata dal comportamento di chi le sta intorno, ha manifestato l'intenzione di diventare la sua amante anche in seguito, soddisfatta dalle sue prestazioni ben superiori a quello dello sciocco marito Nicia. Le scene finali della commedia mostrano la riunione di tutti i protagonisti in chiesa, dove, sotto gli auspici del perfido fra Timoteo, Nicia e Callimaco diventeranno "compari" (cioè Callimaco sarà il padrino del figlio nascituro di Lucrezia), al solo scopo di poter frequentare in seguito la casa dell'uomo e continuare i suoi convegni amorosi con Lucrezia.

► PERCORSO: Il Rinascimento
► AUTORE: Niccolò Machiavelli










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ATTO V, SCENA IV
Callimaco, Ligurio


CALLIMACO  Come io ti ho detto, Ligurio mio, io stetti di mala voglia infino alle nove ore; e, benché io avessi gran piacere, e' non mi parve buono. [1] Ma, poi che io me le fu' dato a conoscere, e ch'io l'ebbi dato ad intendere l'amore che io le portavo, e quanto facilmente, per la semplicità del marito, noi potavamo viver felici sanza infamia alcuna, promettendole che, qualunque volta Dio facessi altro di lui, di prenderla per donna [2]; ed avendo ella, oltre alle vere ragioni, gustato che differenzia è dalla ghiacitura mia a quella di Nicia [3], e da e baci d'uno amante giovane a quelli d'uno marito vecchio, doppo qualche sospiro, disse: - Poiché l'astuzia tua, la sciocchezza del mio marito, la semplicità di mia madre e la tristizia del mio confessoro [4] mi hanno condutto a fare quello che mai per me medesima arei fatto, io voglio giudicare che venga da una celeste disposizione, che abbi voluto cosi, e non sono sufficiente a recusare [5] quello che 'l Cielo vuole che io accetti. Però, io ti prendo per signore, patrone, guida: tu mio padre, tu mio defensore, e tu voglio che sia ogni mio bene; e quel che 'l mio marito ha voluto per una sera voglio ch'egli abbia sempre. Fara'ti adunque suo compare [6], e verrai questa mattina a la chiesa, e di quivi ne verrai a desinare con esso noi; e l'andare e lo stare starà a te [7], e potreno ad ogni ora e sanza sospetto convenire insieme. - Io fui, udendo queste parole, per morirmi per la dolcezza. Non potetti rispondere a la minima parte di quello che io arei desiderato. Tanto che io mi truovo el più felice e contento uomo che fussi mai nel mondo; e, se questa felicità non mi mancassi o per morte o per tempo, io sarei più beato ch'e beati, più santo ch'e santi.
LIGURIO  Io ho gran piacere d'ogni tuo bene, ed ètti intervenuto quello che io ti dissi appunto. [8] Ma che facciàn noi ora?
CALLIMACO  Andian verso la chiesa, perché io le promissi d'essere là, dove la verrà lei, la madre ed il dottore.
LIGURIO  Io sento toccare l'uscio suo: le sono esse, che escono fuora, ed hanno el dottore drieto.
CALLIMACO  Avviànci in chiesa, e là aspetteremole.


SCENA V
Messer Nicia, Lucrezia, Sostrata

NICIA  Lucrezia, io credo che sia bene fare le cose con timore di Dio, e non alla pazzeresca. [9]
LUCREZIA  Che s'ha egli a fare, ora? [10]
NICIA  Guarda come la risponde! La pare un gallo! [11]
SOSTRATA  Non ve ne maravigliate: ella è un poco alterata.
LUCREZIA  Che volete voi dire?
NICIA  Dico che gli è bene che io vadia innanzi a parlare al frate, e dirli che ti si facci incontro in sull'uscio della chiesa, per menarti in santo [12], perché gli è proprio, stamani, come se tu rinascessi.
LUCREZIA  Che non andate?
NICIA  Tu se' stamani molto ardita! Ella pareva iersera mezza morta.
LUCREZIA  Egli è la grazia vostra!
SOSTRATA  Andate a trovare el frate. Ma e' non bisogna, egli è fuora di chiesa.
NICIA  Voi dite el vero.


SCENA VI
Fra Timoteo, Lucrezia, Sostrata, Callimaco, Ligurio, messer Nicia

FRA TIMOTEO  Io vengo fuora, perché Callimaco e Ligurio m'hanno detto che el dottore e le donne vengono alla chiesa. Eccole.
NICIA  Bona dies [13], padre!
FRA TIMOTEO  Voi sete le ben venute, e buon pro vi faccia, madonna, che Dio vi dia a fare un bel figliuolo mastio! [14]
LUCREZIA  Dio el voglia!
FRA TIMOTEO  E lo vorrà in ogni modo.
NICIA  Veggh'io in chiesa Ligurio e maestro Callimaco?
FRA TIMOTEO  Messer sì.
NICIA  Accennategli. [15]
FRA TIMOTEO  Venite!
CALLIMACO  Dio vi salvi!
NICIA  Maestro, toccate la mano qui alla donna mia.
CALLIMACO  Volentieri.
NICIA  Lucrezia, costui è quello che sarà cagione che noi aremo uno bastone che sostenga la nostra vecchiezza.
LUCREZIA  Io l'ho molto caro, e vuolsi che sia nostro compare.
NICIA  Or benedetta sia tu! E voglio che lui e Ligurio venghino stamani a desinare con esso noi.
LUCREZIA  In ogni modo.
NICIA  E vo' dar loro la chiave della camera terrena d'in su la loggia, perché possino tornarsi quivi a loro comodità, che non hanno donne in casa, e stanno come bestie. [16]
CALLIMACO  Io l'accetto, per usarla quando mi accaggia. [17]
FRA TIMOTEO  Io ho avere e danari per la limosina.
NICIA  Ben sapete come, domine, oggi vi si manderanno.
LIGURIO  Di Siro non è uomo che si ricordi? [18]
NICIA  Chiegga, ciò che i' ho è suo. Tu, Lucrezia, quanti grossi hai a dare al frate, per entrare in santo? [19]
LUCREZIA  Io non me ne ricordo.
NICIA  Pure, quanti?
LUCREZIA  Dategliene dieci.
NICIA  Affogaggine! [20]
FRA TIMOTEO  E voi, madonna Sostrata, avete, secondo che mi pare, messo un tallo [21] in sul vecchio.
SOSTRATA  Chi non sarebbe allegra?
FRA TIMOTEO  Andianne tutti in chiesa, e quivi direno l'orazione ordinaria. Dipoi doppo l'ufizio, ne andrete a desinare a vostra posta. - Voi, aspettatori, non aspettate che noi usciàn più fuora: l'ufizio è lungo, io mi rimarrò in chiesa, e loro, per l'uscio del fianco, se n'andranno a casa. Valète!






[1] Benché provassi molto piacere, non mi sembrava giusto.


[2] Promettendole che, se mai il marito morisse, io la sposerei.
[3] Avendo provato la differenza tra me e Nicia come amante.
[4] La malvagità del mio confessore (Timoteo).
[5] Non sono in grado di rifiutare.


[6] Diventerai dunque suo compare. [7] Sarai padrone di andare e venire.


[8] Ligurio allude a quanto aveva suggerito a Callimaco (IV.2).








[9] Non all'impazzata, a caso.
[10] Cosa dobbiamo fare, ora?
[11] Ha alzato la cresta.



[12] Per darti la benedizione (tale usanza era riferita alle puerpere, dopo il parto).










[13] Buona giornata.
[14] Un bel figlio maschio.




[15] Fategli cenno che vengano.










[16] Vivono da scapoli.
[17] Quando ne abbia bisogno.


[18] Di Siro non si ricorda nessuno?
[19] Quante monete devi dare al frate per la benedizione?

[20] Esclamazione che vale "accipicchia". 

[21] Mi pare che abbiate innestato un pollone nuovo su un vecchio tronco (con allusione oscena).


Interpretazione complessiva

  • La conclusione della commedia vede prima un breve dialogo tra Callimaco e Ligurio, che in un "fuori scena" descrive la notte d'amore appena trascorsa tra il protagonista e Lucrezia: il giovane confessa all'amico che ha soddisfatto i suoi desideri con la donna, ma a malincuore e sentendo il bisogno alla fine di confessare tutto l'inganno, svelando il proprio amore per lei e dicendosi pronto a sposarla qualora lei restasse vedova (Ligurio aveva in precedenza consigliato a Callimaco di fare proprio questo). La reazione della casta Lucrezia è sorprendente, giacché la donna si dice ammirata dell'astuzia del suo amante e disgustata della condotta degli altri personaggi, in particolare dello sciocco marito e del malvagio fra Timoteo, suo "confessoro", dunque è pronta a diventare l'amante di Callimaco anche in seguito e gli suggerisce addirittura uno stratagemma per attuare la relazione adultera, proponendogli di diventare "compare" di Nicia, ovvero padrino del figlio che certamente nascerà dall'incontro notturno. Callimaco sottolinea ovviamente la sua migliore prestanza sessuale rispetto all'anziano marito della donna, secondo il classico schema della commedia latina e della novellistica del Trecento, quindi si definisce "el più felice e contento uomo che fussi mai nel mondo", rischiando addirittura di morire per la dolcezza (a dimostrazione del carattere assoluto e travolgente della sua passione per Lucrezia). Quest'ultima, dal canto suo, dimostra di essere intraprendente e sicura di sé, pronta a cogliere l'opportunità che le si presenta per essere felice e creatrice essa stessa di inganni ai danni dell'ingenuo marito, con un capovolgimento totale rispetto alla sua ritrosia e timidezza iniziale, sottolineata anche dalla breve scena seguente in cui Nicia nota il suo cambiamento e afferma che "pare un gallo" (anche la madre Sostrata dichiara che la figlia "è un poco alterata"). Alcuni studiosi hanno visto delle analogie tra il comportamento di Lucrezia e la figura del principe tratteggiata nel capolavoro di Machiavelli, proprio per la sua capacità di adattarsi alle circostanze per trarne il proprio vantaggio, anche se i riferimenti più ovvi sono alle molte mogli infedeli ai loro mariti delle novelle del Decameron.
  • La scena finale è particolarmente significativa, in quanto mostra una sorta di riunione di tutti i personaggi della commedia in chiesa dove viene deciso il rapporto di "comparatico" tra Callimaco e Nicia, in realtà mezzo architettato da Lucrezia per consentire al giovane di frequentare la loro casa e proseguire la relazione clandestina: è proprio la ragazza a proporre la cosa a Nicia, che ingenuamente accetta e consegna addirittura la chiave di casa a Callimaco, che ovviamente si dice pronto ad usarla ogni volta che ne avrà voglia per i suoi convegni amorosi con Lucrezia. Questa blasfema cerimonia, che riguarda la scelta del padrino del figlio nascituro di Lucrezia e Callimaco, viene officiata dal malvagio fra Timoteo che non scorda il reale motivo per cui ha retto il gioco a Ligurio e cioè il denaro, che richiede subito a Nicia ("Io ho avere e danari per la limosina"), mentre Lucrezia spinge il marito a pagare ben dieci grossi (monete d'argento) per la benedizione delle partorienti e suscita la reazione dell'avaro consorte, che pure paga per essere stato cornificato e continuerà a pagare per mantenere la relazione adultera della moglie e di Callimaco. La natura maligna e ambigua del frate, vera "anima nera" della commedia, si rivela anche nella battuta a sfondo osceno che rivolge a Sostrata, quando si congratula per la futura discendenza di Lucrezia usando la metafora del "tallo" (pollone) innestato sul vecchio tronco, mentre tutti sanno che il figlio che nascerà non sarà di Nicia ma dello "sconosciuto" andato a letto con lei e che, per di più, dovrebbe essere destinato alla morte. Alla fine tutti hanno quel che si meritano e il quadro che ne è emerge è piuttosto desolante, con una serie di personaggi che si sono comportati tutti, pur per ragioni diverse, in modo negativo e hanno mostrato la più totale mancanza di morale religiosa e di valori, conformemente alla visione del mondo che Machiavelli mostra anche in altre opere.



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